Tesori dei dittatori in banca. La Svizzera se ne vuole liberare

Categoria: Estero

Mobutu, Marcos, Gheddafi, Duvalier sono alcuni degli “impresentabili” che hanno messo al sicuro i loro soldi. Ora Berna li vuole restituire ai popoli di origine

di Claudio Del Frate, Corriere della Sera 29.9.2015

Mobutu Sese Seko, Jean Claude Duvalier, Ferdinando Marcos, Muhammar Gheddafi: che cosa hanno in comune tra loro, oltre al fatto di essere stati feroci dittatori? L’avere avuto conti in Svizzera, alimentati da denaro sottratto ai loro popoli. Una “macchia” che la piazza finanziaria elvetica si porta addosso da decenni ma che ora potrebbe essere cancellata in base a un nuovo disegno di legge votato il 24 settembre scorso dalla Camera Alta del parlamento di Berna: una volta entrato in vigore, il provvedimento darà più poteri alla Svizzera nel congelare e confiscare i conti di politici “impresentabili” e nella restituzione del bottino dei dittatori agli Stati di origine

Un bottino di 5 miliardi

Secondo informazioni del ministero della giustizia, nella banche della Confederazione giacciono ancora oggi circa 5 miliardi di franchi svizzeri appartenenti a “personaggi politicamente esposti”, come li definisce un documento governativo, o alla cerchia dei loro eredi più diretti. Sono una cifra marginale rispetto al denaro che i correntisti esteri affidano agli istituti di credito elvetici (circa 2.400 miliardi) ma rappresentano un danno di immagine di cui la Svizzera non ha mai saputo sbarazzarsi definitivamente. La pressione della comunità internazionale negli ultimi 20 anni ha costretto il governo a intervenire più volte per evitare che quei soldi rimanessero appannaggio di tiranni. La nuova legge ora secondo la valutazione dell’associazione anticorruzione Transparency pone la Svizzera all’avanguardia mondiale nella lotta al denaro sporco frutto della corruzione, come ha chiarito anche una nota dell’agenzia di informazione Swissinfo.

Operazione “denaro pulito”

Il disegno di legge votato dalla Camera Alta prende spunto da una iniziativa governativa del maggio 2014 e dà finalmente una base giuridica chiara all’agire del governo. Uno dei passi fondamentali è la cosiddetta “inversione dell’onere della prova”: in caso di fondi appartenenti a personaggi “politicamente esposti” non toccherà alle autorità elvetiche stabilire se essi provengano da reati come la corruzione o altri crimini, ma ai titolari dei conti. Sarà più facile, dunque, congelare e sequestrare preventivamente i patrimoni sospetti La Svizzera si impegna inoltre a offrire maggiore collaborazione nella restituzione delle ricchezze ai governi e ai popoli a cui sono stati sottratti. La Camera Alta ha reso più severa la norma che era stata scritta dall’altro ramo del parlamento, cancellando il limite dei 15 anni prima che scatti la prescrizione allargando il raggio d’azione delle autorità anche oltre la cerchia dei familiari più stretti dei dittatori.

Una “cassaforte di vetro”

L’elenco dei personaggi discutibili il cui cammino finanziario ha incrociato quello delle banche svizzere è molto lungo: ai già citati Mobutu (Zaire) , Marcos (Filippine) , Gheddafi (Libia) e Duvalier (Haiti) , vanno aggiunti tra gli altri i conti riconducibili all’ex padre padrone della Tunisia Ben Alì o del ras egiziano Hosni Mubarak. Ma tra i personaggi “politicamente esposti” compaiono l’ex primo ministro malese Najid Razak o la figlia del premier uzbeko. Dopo la fine del segreto bancario, gli accordi bilaterali per la tassazione dei capitali provenienti dall’estero e il prossimo scambio automatico internazionale dei dati bancari, la Svizzera diventerà una volta per tutte una “cassaforte di vetro”? Il cammino non è certo concluso: alcune onlus fanno notare che anche la nuova legge non mette dei freni al denaro in ingresso nella banche, troppo spesso accettato senza eccessive remore