Il tema tabù delle elezioni

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L’Italia primeggia per rigore fiscale, manca però la flessibilità salariale. I dati

resi noti ieri dalla Commissione europea mostrano che l’Italia nel 2012 ha centrato l’obiettivo di un deficit inferiore al 3 per cento del pil (il livello è del 2,9), mentre nel 2013 esso dovrebbe scendere al 2,1. La Spagna nel 2012 ha avuto un deficit del 10 per cento che nel 2013 calerebbe al 6 per cento. Il dato spagnolo del 2012 è gonfiato dal 3 per cento di prestiti del Fondo europeo di stabilità alle banche. Il Portogallo, che doveva raggiungere un rapporto deficit/pil del tre per cento, ha chiesto una proroga. La Francia ha chiuso il 2012 con un deficit del 4,4 per cento, mentre per il 2013 rimarrà al 3,5. Nel 2013 quindi, fra bilanci che vanno peggio e bilanci che vanno meglio, l’Eurozona avrà complessivamente un deficit del 2,8 per cento. L’Italia con il suo 2,1 è fra i primi della classe. Ma nell’economia reale siamo fra gli ultimi. Nel 2011 avevamo un deficit nella bilancia corrente dei pagamenti del 2 per cento, con produzione industriale in calo e salari monetari in aumento. Nel 2012, con il cambio dell’euro a 1,32-33 col dollaro, l’industria è arrivata a meno 25 per cento rispetto al livello 2009, mentre i salari sono ancora in lieve aumento. Il pareggio della bilancia dei pagamenti viene raggiunto perché, con il crollo dei consumi interni, le importazioni sono diminuite. Data la capacità produttiva inutilizzata, la chiave della ripresa sta nella flessibilità dei salari per il recupero della produttività e dell’occupazione. Un percorso che altri paesi, come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Irlanda, hanno avviato. Ma nei programmi elettorali non si trovano proposte su questo tema centrale.

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