Un piano Monti per Renzi

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Ichino spiega a che condizioni i montiani direbbero “sì” al Rottamatore

“Le elezioni? Non sarebbero una follia. Un governo con Grillo? A certe condizioni si potrebbe. Se Renzi fosse in campo? Beh, in quel caso…”. L’improvviso anche se non imprevedibile passaggio di Mario Monti dallo status di grande e supremo salvatore della patria a quello di inconsolabile capo di un piccolo partito così piccolo da non essere in grado di svolgere neppure la classica azione-stampella tradizionalmente esercitata da molti piccoli partiti italiani ha contribuito, come è naturale, a far calare l’attenzione attorno al mondo del professore bocconiano. Ma nonostante ciò, e nonostante il magro bottino raccolto alle elezioni dalla Lista montiana (10 per cento, 47 deputati, 19 senatori), si potrebbe dire, galileianamente parlando, che eppur qualcosa si muove. Che ci sia un piccolo anche se impercettibile movimento nell’universo montiano lo dimostrano non solo le parole sussurrate mercoledì dal presidente del Consiglio uscente ma anche i molti (e probabilmente ultimi) appuntamenti istituzionali convocati da Monti a Palazzo Chigi. Martedì è stata la volta di Renzi, nelle prossime ore, prima del Consiglio Ue del 14 marzo, sarà la volta di Bersani, di Alfano e probabilmente del “signor Grillo”. Ecco: ma cosa bolle in pentola tra i montiani? Che intenzioni hanno? Cosa progettano? Che governo sognano? Abbiamo girato queste domande al senatore (montiano) Pietro Ichino e ne è venuta fuori una conversazione utile a capire cosa ne sarà, in questa o nella prossima legislatura, di quel 10 per cento incassato alle elezioni. Primo punto: è vero che l’unico governo a cui i montiani voterebbero la fiducia sarebbe quello formato, oltre che da Monti, da Pd e Pdl? Ichino spiega che le cose non stanno esattamente così. “Non è così. L’unico governo cui voteremmo la fiducia è quello che tenga ferma la barra del timone sul mantenimento degli impegni assunti dall’Italia in Europa; condizione indispensabile per consentire all’Italia stessa di svolgere un ruolo da protagonista nella costruzione del nuovo sistema di governo dell’economia europea. Potrebbe anche accadere che un governo di questo genere venisse sorretto dal voto di una parte soltanto di una delle forze politiche maggiori in campo. Compreso eventualmente, non si può escludere a priori, una parte del Movimento 5 stelle”. E Renzi? E Bersani? E Napolitano? Su questi temi, Ichino ha alcune idee interessanti.   

Dice Ichino: “Al contrario di quello che si crede io non penso che Bersani abbia sbagliato a rivolgersi a Grillo per tentare di fare un governo. In questo modo, infatti, il segretario del Pd rende a tutti un buon servizio, costringendo il Movimento ad assumersi tutte le proprie responsabilità, mettendo allo scoperto la propria non disponibilità a contribuire al governo del paese nel quadro costituzionale vigente”. Ichino dunque considera valida almeno in parte la mossa di Bersani – che, sintetizziamo noi, prevede, tra le altre cose, andare al Quirinale, chiedere l’incarico, preparare una rosa di 15 ministri, portare le otto proposte in Parlamento e, all'occorrenza, farsi votare contro dai grillini “irresponsabili” – ma la ritiene tecnicamente valida solo a una condizione: “La condizione è che sia depurata dell’ultimatum con cui lo stesso Bersani l’aveva presentata inizialmente: cioè della indisponibilità del Pd per alcuna altra soluzione possibile della crisi. Quella era davvero una sciocchezza molto pericolosa, che per fortuna è stata corretta dalla direzione del Pd. Detto questo – continua Ichino, che insieme con altri 18 senatori fa parte della piccola ma non irrilevante truppa dei montiani a Palazzo Madama – resto convinto che la fiducia a Bersani non sia scontata: la fiducia si dà a persone in carne e ossa: le persone contano, sul piano programmatico, molto più delle proposte, soprattutto quando esse sono estremamente generiche, come quelle presentate da Bersani. Tanto generiche, che possono assumere valenze diversissime riguardo alla questione cruciale, cioè alla nostra strategia europea, a seconda del modo in cui le si attuano”. Ichino si riallaccia, rendendolo più esplicito, all’allarme lanciato due giorni fa da Monti sulla questione che sia meglio tornare alle urne piuttosto che dare il via libera a un governo anti europeo; e in modo sintetico spiega in che senso i montiani non considerano affatto le elezioni anticipate come un’ipotesi da escludere del tutto: “Dar vita a un governo su posizioni incompatibili con la strategia europea dell’Italia costituirebbe la premessa per un disastro sicuro. Meglio, allora, nella speranza di sventare il disastro, ridare la parola agli elettori: questa volta sulla vera alternativa di fronte alla quale ci troviamo, cioè pro o contro quella strategia”. Il senatore montiano, infine, rilancia un tema che in queste ore è stato al centro di alcuni colloqui privati tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica e, a proposito del futuro possibile di Giorgio Napolitano, si spinge a lanciare un doppio appello al capo dello stato, pienamente condiviso anche dallo stesso prof. bocconiano.

“Confesso che sarei favorevole a una proroga, anche temporanea, di Giorgio Napolitano al Quirinale: mi parrebbe un elemento di garanzia e di stabilità del sistema, prezioso in questa situazione di incertezza istituzionale gravissima. Non ci sarebbe bisogno di un suo consenso preventivo formale: potrebbe essere lui, a seguito di un voto del Parlamento a larghissima maggioranza, ad accettare avvertendo che si dimetterà appena superata la crisi”. Sempre su Napolitano, Ichino si spinge a dire anche qualcosa di più. Qualcosa legato al nome giusto che alla fine potrebbe clamorosamente spuntare fuori se l’ipotesi A (governo Bersani) e l’ipotesi B (governo non politico appoggiato da Movimento 5 stelle e Pd) dovesse naufragare. “So – dice Ichino – che nel centrosinistra c’è qualcuno che sta ragionando intorno all’ipotesi che Napolitano possa essere la soluzione giusta per guidare un breve governo di larghe intese. In effetti è una delle soluzioni di cui disponiamo. Ma se lui fosse disponibile a rimanere in campo, ripeto, sarebbe meglio che vi rimanesse nel suo ruolo attuale”.

E se invece la situazione dovesse precipitare e Renzi – come il sindaco ha lasciato intendere ieri in un’intervista al Messaggero – dovesse diventare a ottobre il candidato del centrosinistra? Cosa accadrebbe? I montiani sarebbero disponibili a confluire nel nuovo centrosinistra? Ichino non ci gira attorno e offre una risposta sincera: “Se la candidatura di Renzi si accompagnasse a un programma simile a quello con cui Matteo si è presentato alle primarie dell’autunno scorso, potrebbe essere lui il nome giusto per far convergere il percorso di Scelta civica con quello del Pd”. Più chiaro di così…

di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa, 8/3