L’indulgenza del Quirinale

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Bersani fa il cocciuto, Napolitano non lo molla del tutto. Azzardo

La determinazione di Giorgio Napolitano forse riuscirà ad attenuarlo, ma difficilmente eviterà l’avvitamento di un sistema politico costretto nelle maglie di un meccanismo istituzionale che appare sempre più incomprensibile di fronte all’urgenza del momento. In un quadro così confuso è potuto accadere che la caparbia ostinazione di un premier incaricato, e che non ha voluto trattare sulla maggioranza possibile inseguendone invece una impossibile, abbia costretto il capo dello stato a giudicare soltanto “non risolutive” consultazioni che erano invece chiaramente fallite. Napolitano ha deciso di assumersi personalmente la responsabilità di rendere conclusiva questa verifica, in modo da dare un seguito ragionevole al fallimento bersaniano. Forse parlare di un ricatto del segretario democratico, di una sua dichiarata indisponibilità a sostenere qualsiasi altro incaricato, è una forzatura. Resta che il presidente è stato messo di fronte a una situazione di stallo, che cercherà di superare con un impegno diretto. Napolitano potrà naturalmente verificare soluzioni politiche diverse da quelle ipotizzate dal capo del Pd o trovare una candidatura sulla quale il ricatto bersaniano finirebbe con l’infrangersi.

Resta la gravità oggettiva del rifiuto di Bersani di trarre conclusioni logiche e istituzionalmente doverose. La sua forzatura nei confronti del sistema istituzionale in vigore origina anche dalla condizione critica in cui questo sistema si trova, dopo decenni di mancate riforme. Oggi il capo di un partito uscito semi vittorioso dal voto, e dunque semi sconfitto, agisce per modesto interesse personale. E Napolitano si sta esponendo al rischio di un compromesso gravoso, difficilmente traducibile in una qualsiasi lingua europea. Quotidiano