Napolitano si dà l’incarico

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Dopo ottanta minuti di ruvido colloquio al Quirinale, il capo dello stato

dichiara Bersani “non risolutivo”, non gli nega un’ultima chance ma s’intesta “personalmente” il nuovo giro di colloqui.

Dopo un’ora e venti di colloquio molto teso al Quirinale, Pier Luigi Bersani attraversa il cortile presidiato dai corazzieri senza sapere nemmeno lui con precisione se è ancora il premier incaricato o no. In un clima di marasma totale che coinvolge il Palazzo e la politica, le “non risolutive” consultazioni del caparbio segretario del Pd hanno lasciato il passo alle nuove consultazioni di un comprensivo Giorgio Napolitano. E dunque si ricomincia questa mattina alle 11 in un clima pazzotico, con il presidente della Repubblica intenzionato a sciogliere in un modo o nell’altro l’impasse istituzionale, ma in un quadro che politicamente più confuso ed economicamente drammatico non si può. Bersani sa con certezza di non essere fuori, eppure contemporaneamente ha anche la sensazione di non essere nemmeno del tutto dentro. E infatti ieri è uscito pallido dall’incontro con Napolitano e si è presentato davanti alle telecamere dei telegiornali con lo sguardo rasoterra. “Consultazioni non risolutive”, ha scandito non senza ambiguità Donato Marra, il segretario generale della presidenza della Repubblica, e lui, Bersani, a quel punto ha sollevato lo sguardo per spalancare un orizzonte  vertiginoso di fronte all’Italia politica che si aspettava la sua rinuncia: “Non rinuncio all’incarico”. Mistero quasi buffo.

In ottanta minuti, chiusi nello studio presidenziale, Bersani e Napolitano pare abbiano persino alzato la voce rinfacciandosi il recente passato. D’altra parte nel Pd c’è chi rimprovera ancora al capo dello stato la nascita del governo Monti, e il segretario non ha dimenticato i sondaggi che a novembre del 2011 lo davano nettamente vincitore dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi. Così ieri Bersani ha descritto ai suoi collaboratori uno scontro totale tra lui e il presidente della Repubblica. Ecco la scena: per un’ora intera Napolitano ha resistito agli assalti e alle pressioni del segretario che un po’ gli chiedeva altro tempo – “ce la faccio, ci sono quarantadue grillini indecisi” – e un po’ insisteva assicurando e giurando che “se mi mandi in Aula per la fiducia trovo i numeri”. Bersani ha usato tutta la forza retorica di cui dispone: “Se non sarò io a fare il premier, il partito esplode. Non ci sono altri candidati al di fuori di me”. Alla fine Napolitano ha ceduto, ma solo in parte, occultando il risultato del conflitto con Bersani – chi ha vinto davvero? e chi ha perso? – all’interno di una formula quasi incomprensibile, così barocca da essere intraducibile oltre i contorti confini della politica italiana. Nuove consultazioni che preludono all’individuazione di un nuovo premier incaricato, ma anche un giro di orizzonte che non esclude l’ipotesi di un governo affidato sempre a Bersani. “E’ una cosa che sta a metà tra Kafka e Pirandello”, spiega il vecchio Fabrizio Cicchitto con aria sorniona e un certo distacco letterario. Insomma Bersani c’è e non c’è nella prospettiva del prossimo governo. Quelle che cominciano oggi sono nuove consultazioni che potrebbero incoronare Giuliano Amato, Fabrizio Saccomanni, Emma Bonino o Annamaria Cancellieri, ma sono anche “un supplemento di indagine per un governo tutto Pd”, come insistono a dire gli uomini più vicini al segretario del Partito democratico. E dunque dopo una mezza baruffa istituzionale, con un Bersani intestardito e pronto a ogni resistenza, il Quirinale ha deciso di nascondere una situzione confusa ricorrendo a un formulario misterioso, a una contorsione linguistica, un arabesco. Persino Silvio Berlusconi, che ne ha viste tante negli ultimi vent’anni, ieri sera appariva perplesso di fronte allo scenario che gli si parava davanti. Intorno alle otto, dopo aver ascoltato Bersani in televisione e dopo aver letto dalle agenzie il comunicato della presidenza della Repubblica, il Cavaliere ha cominciato un giro di telefonate tra i suoi consiglieri e amici, grattandosi la testa: “Ma esattamente che vuol dire?”. Angelino Alfano l’ha interpretata come una conferma implicita dell’incarico a Bersani, e nei suoi colloqui privati il segretario del Pdl ha ripetuto la cantilena degli ultimi giorni: “Senza un chiaro accordo sulla presidenza della Repubblica non daremo nessun tipo di appoggio al governo Bersani”. Non si sa mai. Ed è invece con malizia che Daniela Santanchè, la pasionaria del berlusconismo, ha attribuito al Quirinale delle intenzioni che forse Napolitano non immagina nemmeno di coltivare: “Il presidente prende tempo, sta facendo in modo che si avvicini la data del 15 aprile, quando cominceranno le elezioni del nuovo capo dello stato”. Ma forse Napolitano vuole prima rinchiudere il Cavaliere e Bersani nel suo studio. E senza un piano C.

di Salvatore Merlo   –   @SalvatoreMerlo