L'involuzione ideologica di Bersani complica tutto

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 Non mi tornavano i conti sull'evoluzione estremista di Bersani. Lo

conosco da molto tempo. Non è mai stato così. Ma, visto che questo percorso estremista e veteroideologico trovava puntuale conferma in tutte le sue scelte recenti, confesso che ho creduto a uno scherzo della mia memoria. Ieri, invece, ho letto una dichiarazione del 2005 di Bersani (nel libro Quel gran pezzo dell'Emilia di Edmondo Berselli, Mondadori) che Gian Antonio Stella ha meritoriamente riesumato sulle colonne del Corriere della sera.

La dichiarazione di Bersani, nella quale il segretario del Pd si descriveva per come è sempre stato, è questa: «Bisognerebbe che a Roma lasciassero fare a noi. Si fa una bella coalizione in cui tutti si mescolano e in cui le differenze di pensiero sono francamente modeste, perché lo sappiamo tutti che qui ci possiamo dividere al massimo su come fare una bretella autostradale di Sassuolo, ma, per il resto, siamo d'accordo praticamente su tutto. E a quel punto si prende il 65% dei voti, in tutt'Italia, e, fuori dalla coalizione, restano soltanto i fissati: che ne so io, Marco Pannella, i berlusconisti più ideologicizzati, i socialisti di De Michelis, Bertinotti perché a stare fuori ci gode e, a destra, quelli della Lega, che con il federalismo hanno rotto il cazzo e quelli di Alleanza nazionale».

In questo autoritratto, non c'è un briciolo del Bersani di oggi. Il Bersani del 2005 infatti prendeva atto che, calati i fumi delle utopie agitatorie, il percorso era praticamente obbligato per tutti. Bisognava quindi mettere da parte le divisioni fantasiose, inventate e coltivate per poter poi erigere delle barricate, e trovare il modo di imbastire degli accordi che consentissero di raggiungere un'intesa da 65% dei voti (e non il 29%). Il Bersani recente, invece, ha preferito legare a sé, anziché il 10% di Monti, il 3% del Sel di Vendola (uno che, 15 anni dopo il crollo del Muro di Berlino, era ancora il leader in un partito che voleva, pubblicamente e senza pudicizie, «rifondare il comunismo»). Bersani ha poi trattato il 30% di elettori che hanno votato per Pdl-Lega come se fossero degli appestati da gettare fuori strada, ricevendo, ovviamente, pan per focaccia. Una regressione da giovani turchi?

di Pierluigi Magnaschi   Italia Oggi, 30/3