Prima i Prof, adesso i saggi.

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E l’Italia resta a bagnomaria. Nella squadra non c’è nessuno in grado di

risolvere l’emergenza dell’economia

Francesco Forte - Mar, 02/04/2013 - 08:21

Il gruppo di «saggi» creato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è un tampone, per placare i mercati, mentre si è deciso di non decidere.

Questi esperti del presidente che dovrebbero servire a importanti compiti di interesse generale, hanno in realtà questo altro scopo: quello di creare un nuovo strumento dilatorio per arrivare sino all'elezione del nuovo capo dello Stato.

Ciò crea incertezza. E l'incertezza, come dice il capoeconomista di Unicredit, Marco Valli, non piace ai mercati. Ecco così che, dopo una telefonata con Mario Draghi, presidente della Bce, Napolitano affianca il ministero Monti con Salvatore Rossi, vicedirettore generale della Banca d'Italia, una sorta di pre-commissariamento dell'Italia, da parte della Bce, che ha al suo vertice, per l'appunto Draghi, di cui Rossi è stato stretto collaboratore. A parte questa longa manus del direttorio della Bce e di quello della Banca d'Italia, che della Bce fa parte, nel nuovo comitato c'è solo un altro economista, a cui si può dare la qualifica di super esperto: Enrico Giovannini presidente dell'Istat, che costituisce una foglia di fico, per dare dignità all'operazione.

In effetti, data la sua carica istituzionale di capo dell'Istituto statale che fa le statistiche economiche e le previsioni congiunturali, può (anzi deve) essere consultato dal governo quotidianamente. Comunque, si tratta di un professore di statistica economica, non di un tecnico della finanza pubblica e dei tributi oppure di politica del lavoro: i temi urgenti dell'emergenza nei prossimi 45 giorni.

Cioè i debiti della Pubblica amministrazione, l'Iva, la Tares, gli esodati, la cassa integrazione in deroga, i contratti di lavoro flessibili, il rilancio dell'economia tramite le opere pubbliche, la crisi del Mezzogiorno.

Né il presidente dell'Istat può far da pontiere per l'eventuale programma del governo sorretto dai due maggiori partiti Pd e Pdl, l'altro compito ufficiale di questo anomalo, ennesimo surrogato «tecnico» della politica democratica.

Il ricorso ai «tecnici» è un espediente che campeggia in Italia, dal 1993, cioè da quando gli ex comunisti hanno preteso di governare l'Italia , però senza rinnovarsi: e, invece, assorbendo il peggio della vecchia socialdemocrazia benesserista, che aveva fatto, già allora, il suo tempo. La politica economica non è cosa neutrale di puri tecnici. Il programma neoliberale del Pdl mira a rilanciare la crescita tutelando il risparmio e il pareggio del bilancio, con alienazione di beni pubblici per ridurre il debito e dare spazio al taglio delle imposte che comporta la diminuzione della spesa.

Questa impostazione vuole rilanciare le imprese con basse aliquote, deregolamentazione, contratti di lavoro decentrati basati sul merito, vuole (come quella della Lega Nord) che sanità ed enti locali ubbidiscano a costi standard e siano responsabili.

La sinistra Pd intende tutelare lo Stato sociale, tassare i risparmi e i patrimoni, seguire la Cgil, aumentare le regole e i redditometri. Mario Monti, fino a ora, ha vissuto di rigore senza crescita, di tasse, e dell'intreccio banche e nuove imprese pubbliche nella Cassa Depositi e Prestiti. Un compromesso tra le due linee non è facile, ma si può tentare. Ma con chi? Tolti Rossi e Giovannini, nel gruppo di saggi c'è solo un altro economista, l'onorevole Giancarlo Giorgetti, della Lega Nord, presidente della Commissione parlamentare speciale per i crediti della Pubblica amministrazione, che già espleta questo compito.

Non sono economisti Giovanni Pitruzzella, professore di diritto costituzionale e avvocato amministrativo, che presiede l'Antitrust e che, diventato consulente del presidente della Repubblica, perde il suo ruolo di autorità «garante» superpartes, l'architetto Filippo Bubbico, storico leader politico del Pd in Basilicata, né il principe Enzo Moavero, ministro degli Affari europei del governo Monti e, pertanto, con il piede in due scarpe.

Come possono questi «saggi», tra cui non ci sono esperti economici dell'area del Pdl, mentre abbondano quelli di altre aree, dare una base economica per un governo che guidi l'Italia, con il consenso del Pd e del Pdl?

Questo espediente serve solo per tenerci in recessione, a bagnomaria, con bonaccia dei mercati: purché ciò basti. E ne dubito, se non si smetterà l'ammuina tra poche settimane.

In politica è considerato positivo, quindi azzeccata,  una proposta che raccoglie la critica sia da destra che da sinistra.  Starebbe a significare, nell’occasione, che Napolitano ha visto giusto. Il prof. Forte una critica da destra di uno non proprio l’ultimo nel panorama tecnico economico.

Speriamo bene. OPACT