con Kim Jong-un la deterrenza funziona al contrario

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Un esperto spiega come decifrare il regime nordcoreano con due regole

Ora che il rischio di guerra tra le due Coree è arrivato al punto massimo degli ultimi sessant’anni – con l’aggravante della presenza di armi atomiche – è difficile decifrare cosa pensano a Pyongyang. John McCreary è un analista americano che scrive un bollettino sulla Corea del nord tutti i giorni (non soltanto nei periodi di allarme rosso) per un’agenzia privata che lavora per il governo di Washington. Indica due grandi criteri per decifrare cosa pensa il regime nordocoreano. Il primo: l’estrema differenza di percezione tra il governo di Kim Jong-un e l’Amministrazione Obama. Quando gli americani fanno volare due bombardieri a largo raggio sulla Corea del sud pensano di fare blanda deterrenza, una discreta manifestazione di potere bellico per lanciare un avvertimento obliquo ai nordcoreani. In realtà, a Pyongyang quel volo è percepito come una minaccia diretta e reale. Il regime è conscio della sua vulnerabilità, è consapevole del gap tecnologico, della sproporzione di forze in campo, della possibilità di un’azione aerea americana sulla capitale, che potrebbe essere fatta in tempo ridotto. Per questo ha deciso di alzare il suo livello di suscettibilità: la minima mossa assume connotazioni apocalittiche. E’ quello che sta succedendo. Un’esercitazione annuale, la Foal Eagle, è considerata il preludio di un assalto congiunto americano-sudcoreano contro la Corea del nord e una negazione intollerabile del suo potere militare.

Ora che si parla di Autorizzazione finale a usare l’arma atomica contro l’America, si possono rileggere le due versioni dell’ordine dato da Kim Jong-un. La prima è del 28 marzo, tutta al condizionale: “Se” gli americani faranno questo, “allora” noi reagiremo così. La seconda versione, del 3 aprile, non è più al condizionale. Gli strateghi nordcoreani giudicano che gli americani abbiano compiuto tutti i passi fatali per giustificare una controffensiva nucleare. Dal comunicato dello stato maggiore: una provocazione spregiudicata con enormi forze strategiche. Segue l’elenco, tratto soprattutto dagli annunci ufficiali americani: i bombardieri B-52, B-2, gli aerei F-22, i sottomarini, gli incrociatori e il gruppo di portaerei. John McCreary insiste: queste mosse per gli americani sono deterrenza, per la Corea del nord un’escalation di provocazioni, perché l’intelligence e i decision maker di Pyongyang, vista l’enorme disparità di forze, le considerano i preliminari di una guerra reale. Sono completamente ciechi al fatto che gli americani non intendono davvero usare quei mezzi, se non in caso catastrofico di legittima difesa. Leggono le intenzioni all’opposto.

Per questo, al crescere della deterrenza americana, Kim Jong-un replica con dichiarazioni di guerra: dice che lancerà missili; annuncia i bersagli l’approvazione del piano di lancio; annuncia che i missili sono in standby; avverte America e Corea del sud delle condizioni che provocheranno il lancio; porta un missile a lungo raggio allo scoperto in un posto che non era mai stato individuato prima.

Il club delle nazioni nucleari

Il secondo grande criterio per giudicare le azioni della Corea del nord è questo: il regime ha spostato il nucleare dalla vecchia discussione sulla non proliferazione (“la Corea del nord non dovrebbe avere il nucleare”) al campo del possesso responsabile della tecnologia più pericolosa sul pianeta (“la Corea del nord ormai fa parte del club delle nazioni che possiedono il nucleare e va trattata secondo questo suo status”). E’ ovvio che i governi di Washington, Seul e Tokyo – e assieme a loro molti altri – preferirebbero trattare la Corea secondo il paradigma della non proliferazione : tornasse allo stato pre-nucleare, in cambio di aiuti economici e di un allentamento della tensione militare. Ma è ovvio che non succederà mai. Altri due analisti, David Kang e Victor Cha, scrivono su Foreign Policy che l’America ha dato per 33 volte rassicurazioni dal punto di vista militare che non intende attaccare la Corea del nord, dal 1989, quando c’era ancora Ronald Reagan, fino a Barack Obama, e in cambio ha chiesto che interrompesse il programma di armamento atomico. Ha funzionato così male che la Corea oggi minaccia di guerra atomica le basi americane nel Pacifico. “Un trattato di pace è soltanto un pezzo di carta, ci dicono i nordcoreani”, scrivono i due autori. Non lasceranno il nucleare.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Daniele Raineri   –   @DanieleRaineri