SABINA GUZZANTI ATWITTA ‘’BEPPE GRILLO SI CAGA SOTTO’’

2. A FERMARE LA MARCIA SU ROMA IN CAMPER DI GRILLODUX,

DESTINAZIONE PIAZZA MONTECITORIO, È LA STATA LA VOCE CAVERNOSA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI, NONNA CANCELLIERI (BASTAVA UNA TESTA CALDA PER FARE ESPLODERE UNA PIAZZA INCANDESCENTE) - 3. ALLE OTTO DI SERA, MENTRE I GRILLINI ASSEDIANO LA CAMERA E INSULTANO E GRIDANO – “MAFIA, MAFIA, MAFIA”, “VERGOGNA, VERGOGNA, VERGOGNA’’, ‘’RODOTÀ, RODOTÀ, RODOTÀ” - IL PAPA LIGURE CHINA IL CAPO E DECIDE DI FARE LA RETROMARCIA SU ROMA - 4. NON E’ FINITA. DAL VIMINALE SAREBBE PARTITA UN’ALTRA TELEFONATA DELLA CANCELLIERI A STEFANO RODOTÀ. E CON DUE ORE DI RITARDO IL GIURISTA CONVOCA I CRONISTI E MOLLA IL BLOGGER GENOVESE: “SONO CONTRARIO A QUALSIASI MARCIA SU ROMA” -

1. DAGOREPORT

Aveva ragione ieri sera Sabina Guzzanti a twittare ‘'Noi siamo in piazza #grillo s'è sfilato le spara grosse e poi si caga sotto''. A fermare l'arrivo in camper davanti a Montecitorio di Grillodux è la stata la voce cavernosa del ministro degli Interni, Nonna Pina Cancellieri. E alle otto di sera, mentre i grillini insultano e gridano in piazza Montecitorio - "Mafia, mafia, mafia", "Vergogna, vergogna, vergogna», «Rodotà, Rodotà, Rodotà" - il papa ligure decide di fare la retromarcia su Ro

Non solo. Dal Viminale sarebbe partita un'altra telefonata della Cancellieri al candidato grillino Stefano Rodotà. Sono le 17 quando rimbalza la dichiarazione di Beppe Grillo: "È un golpe". Il giurista non sa che dire. Rompe il silenzio dopo un'ora, convocando i cronisti e molla il blogger genovese: «Sono contrario a qualsiasi marcia su Roma».

2. "GOLPE", MA LA RIVOLTA PUÒ ASPETTARE. DUE ORE DOPO C'È LO STOP ALLA DISCESA A

«#TuttiaRoma. Ci sono momenti decisivi nella storia di una nazione. Oggi è uno di quelli. E' in atto un colpo di Stato*» - 20 aprile 2013, dal blog di Beppe Grillo.

C'è un golpe in Italia? Forse lo convincono gli uomini della Digos sempre più preoccupati, mentre la notte si appoggia indifferente sui sanpietrini di Montecitorio e Giorgio Napolitano viene rieletto con 738 voti Presidente di questa Repubblica sull'orlo di una crisi di nervi. O forse è lui, il capopopolo incendiario Beppe Grillo, a capire di essersi spinto troppo in l

Ma alle otto di sera, quando alcune migliaia di persone ondeggiano, insultano e gridano minacciose in piazza Montecitorio - «Mafia, mafia, mafia», «Vergogna, vergogna, vergogna», «Rodotà, Rodotà, Rodotà» - il papa ligure decide di fare un passo indietro. «Non potrò essere in piazza. Isolate i violenti. Domani mattina organizzeremo un incontro con la stampa e con i simpatizzanti», scrive.

E con questo gli pare che si possa chiudere serenamente una giornata schizofrenica e pericolosa. Basta un tweet nel momento in cui il suo camper rallenta tra Firenze e la Capitale. Che problema c'è? Non avrete mica pensato che volessimo scatenare una rivolta e che venissi davvero? Avete equivocato? Polli.

L'ufficio comunicazione del Movimento verga un imbarazzato comunicato in cui si spiega che non c'è stata nessuna chiamata alle armi, ma che quella ipotesi di sommossa inscenata fuori dal Palazzo è stata solo «una manifestazione spontanea». Già. Ma come si è arrivati a questa esplosione di spontaneità?

Mattina. In Transatlantico il clima è teso. Gli accordi per la scelta di Napolitano sono appena stati ufficializzati. Capannelli. Contatti frenetici tra i parlamentari Cinque Stelle e i giovani del Pd. «Non avete avuto il coraggio di seguirci su Rodotà». «Voi conoscete solo la politica del no». Faccia a faccia duri.

Nel cortile la deputata Laura Castelli è furibonda. La candidatura Rodotà è sepolta. L'inquilino del Colle non cambierà. E l'ipotesi più probabile è che si vada verso un governo Amato. «Vado a vomitare fuori ai cittadini questo risultato», sbotta. E il sapore amaro della sconfitta sembra penetrarle in ogni singolo poro che tenta invano di opporre resistenza

«C'è un popolo intero che sta dicendo a questa scatola di tonno: state sbagliando. Se ne fregano». Onorevoli Pd e Pdl arrivano in massa. Per lei sono solo uomini ugualmente spregevoli che le passano accanto in corpi diversi. «C'è un silenzio omertoso che mi manda fuori di testa. Questo strumento - il Palazzo, la sua democrazia presunta - ha dimostrato di non funzionare più. O lo cambiamo o è meglio che lo abbandoniamo per tornare a fare lotta da fuori».

Il collega Francesco D'Uva, indugiando come se stesse trattenendo del purè sulla lingua, aggiunge: «Se non riusciremo noi a fare la rivoluzione da dentro, ci penseranno quelli che sono fuori». Ha paura della tensione sociale paventata da Casaleggio. Non è il solo. Il Movimento è scosso. Nuovamente diviso, dopo la giornata trionfale di venerdì. Messo all'angolo dalla Casta. I moderati , come Pisano o Turco, tornano a domandarsi se non sarebbe stato meglio cercare un dialogo concreto con il Pd. I fedelissimi di Grillo, a cominciare da Roberto Fico, faticano invece a nascondere l'irritazione

«Oggi più che mai va alzata l'ascia di guerra, l'ascia della democrazia, della libertà e del cambiamento. Davanti ai miei occhi vedo morire la Repubblica», scrive su Facebook. È a quel punto che Grillo regala il suo brillante post con chiusura garibaldina. «Qui o si fa l'Italia o si muore». La folla cresce. Bandiere. Slogan. Deputati Cinque Stelle che cercando di tenere a bada gli esagitati, polizia sempre più preoccupata che comincia un dialogo a distanza con il papa ligure atteso per la serata.

Alle sei e un quarto Giorgio Napolitano viene riconfermato Presidente. Applausi. Inno di Mameli. I grillini incrociano le braccia. Gridano ancora «Rodotà, Rodotà, Rodotà» quando Laura Boldrini ufficializza la conta dei voti. Ricevono in cambio un sobrio ululato: «Buffoni, buffoni». E' la Camera, bellezza. Non sanno che il loro candidato sta dicendo urbi et orbi che in Italia «non si è compiuto nessuno strappo democratico», che quello che è successo è assolutamente legittimo e che la Rete è piena di poteri anti-democratici.Adottati e scaricati nel giro di un sogno presidenziale. Grillo decide di aggiungere l'asterisco (*) al suo post iniziale («Il Colpo di Stato avviene furbescamente con l'utilizzo di meccanismi istituzionali»), ma la tensione resta tremenda. Il papa ligure viene convinto a rinunciare al bagno di folla e dà appuntamento a oggi. Roberto Fico, portandosi una mano sui capelli come per obbligarli a mantenere una piega irreale, chiarisce.

TRILLY RODOTA

«Non tollereremo nessun atto di violenza: il Movimento 5 Stelle è democratico e pacifista». La manifestazione si sgonfia. Un militante del Pd confuso nella folla grida: «Ma Grillo è un eroe o una carogna?». E nel dubbio decide di sospendere il giudizio e di tornare a casa.

3. RODOTÀ PRIMA RINGRAZIA, DOPO CHIEDE: "NO MARCE"

Antonio Massari per Il Fatto

VAURO NON CONFONDIAMO GRILLO COI GRLLINI

L'altro presidente entra in scena con un conto alla rovescia: "Cinque, quattro, tre due uno: prego, professore". Gli applausi accolgono Stefano Rodotà sul palco del Petruzzelli alle 19: sale gli scalini dietro le quinte, dove s'è rintanato per un lunghissimo pomeriggio, trascorso asserragliato in camerino. "Siamo alla fine di una vicenda faticosa e difficile", dice dinanzi alla platea del teatro. "In democrazia è giusto discutere di tutte le decisioni, ma è una vicenda a cui va riconosciuta legittimità democratica, quindi mando un saluto al rinnovato Presidente della repubblica".

GRILLO OCCUPA IL PARLAMENTO BY VAURO

Assediato dai cronisti, ospite di Ezio Mauro e della sua redazione locale, Rodotà è a Bari per la manifestazione la "Repubblica delle idee". Nelle stesse ore a Roma, nel suo nome, la piazza contesta la rielezione di Giorgio Napolitano e Rodotà - è evidente - sembra prigioniero di un epilogo che non aveva immaginato. Non perché pensasse di essere eletto, in questa giornata convulsa, ma perché contava di viverla con maggiore serenità. È apparso chiaro sin dal suo ingresso in teatro. Invece la trascorre rintanato nel suo camerino, dove si rifugia improvvisamente, quando in rete rimbalza la dichiarazione di Beppe Grillo: "È un golpe".

Non sa che dire. È evidente. Non è a suo agio in questo fracasso. Sono le 17, mancano due ore al suo intervento sul palco, a Roma si contano le schede, lui siede in platea, in prima fila, dove viene accolto dagli applausi e da un coro unanime: "Presidente, Presidente". È pronto ad attendere lì, tra la gente, l'elezione di Napolitano, finché Grillo, con la sua dichiarazione, lo coglie di sorpresa. I cronisti si avvicinano: "È d'accordo con Grillo? È un golpe?". "Non posso rispondere, scusi". "Condivide ? È un colpo di Stato?". "Non è il momento, abbiate pazienza".

LO TSUNAMI TOUR DI GRILLO DIVENTA UN FILM

Rodotà non è più il candidato di M5S e di Sel, e di gran parte della gente, non è più l'uomo del cambiamento: si sta trasformando nella "pietra dello scandalo" e nell'antagonista di Napolitano, con Grillo che - in suo nome - convoca una manifestazione di protesta a Roma. Poco prima aveva dichiarato: "Sono molto contento, vedo un riconoscimento della mia storia personale, del lavoro di questi anni, per quello che sono e per quello che sono stato: un uomo della sinistra italiana. Un riconoscimento sul mio impegno per i beni comuni, l'acqua, i diritti: in questa storia vedo una spinta enorme a continuare".

LO TSUNAMI TOUR DI GRILLO DIVENTA UN FILM

Nessun ritiro della sua candidatura, risponde ai cronisti, e nessuna "sfida con Napolitano". Poi arriva la dichiarazione sul "colpo di Stato", sulla manifestazione in piazza a Roma, e Rodotà rompe il silenzio dopo un'ora, convocando i cronisti: "Le decisioni parlamentari possono e devono essere discusse, e criticate anche duramente, ma partendo dal presupposto che si muovono nell'ambito della legalità democratica costituzionale". Il messaggio è chiaro: nessun colpo di Stato.

Non è abbastanza per il Pd, che nel frattempo s'è ricordato di lui, e lo incalza: si dissoci. Rodotà - sempre asserragliato nel suo camerino - è costretto a chiarire un concetto che (da uomo più a sinistra di chi lo incalza) è fin troppo ovvio: "Sono sempre stato contrario a qualsiasi marcia su Roma". Poi s'accomoda sul palco. Chiude il suo intervento discutendo di diritto all'esistenza. Proviamo a rivolgergli le ultime domande: "Non ce la faccio più. Sono stanco. Si metta nei miei panni e nella mia pazzia". La pazzia d'averci creduto, lui che fu tra i padri del Pds, per scoprire che, da ieri, è l'altro presidente: quello voluto dalla sua gente. Quello rinnegato dai suoi vecchi compagni.

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