Giovani, politica e i Santi

Categoria: Firme

Abbiamo ritrovato questo articolo tenuto in sospeso per ragioni di opportunità. Faremo seguito per dire di altre esperienze fatte in questi giorni che ci confermano l’errato approccio dei giovani alla politica. I giovani ci sono, si interessano anche se più allo scontro che alla costruzione, alla ciacola politica “per convincere l’altro”, non sui valori che hanno e forti sui quali giustamente si confrontano, che alla discussione che, per sua natura, chiede il rispetto delle altrui idee e non considerano che  così la verità “anche la loro” è autoritaria.

Giovani che si avvicinano alla politica ce ne sono, non ho dubbi, ma che rimangono dentro il circuito credo siano 1 su 200 o 300 o 500. Un esempio? Prendete le liste elettorali di un comune di 40.000 abitanti: ce ne sono circa 10 con 30 candidati ognuna vale a dire 300 nominativi. Tutte le liste sono in gara per dire quanti giovani hanno in lista, quanti di “espressione della società” per dire che non sono di nessun partito! Fra questi 300 candidati, ne vengono eletti 30 di cui forse 10 sono di politici con esperienze in partiti e 20 di consiglieri alla prima esperienza che poi non si presentano per la seconda. Passano i 5 anni e la cosa si ripete. Scusate il susseguirsi di numeri ma sono necessari per rispondere alla domanda: dove vanno, finiscono i non eletti nelle liste elettorali, coloro che non si presentano più alle elezioni pari a circa 300 ogni 5 anni? Nel giro politico uno pensa. No, spariscono, rientrano nella “società” per dire che la politica è “brutta” per usare un eufemismo. Perché tutto questo? Secondo me perché la politica è creduta, percepita, promossa come fosse l’Eldorado, un mondo fatto di perfezione, dove il così abusato “bene comune” sembra non abbia bisogno di essere gestito per conservarlo e che il modo di farlo sia unico per tutti. Fatto da Santi e non da uomini ognuno convinto che la sua soluzione sia la migliore e le altre sbagliate. La esperienza di questi giovani e il loro interesse cade non sulla politica, di cui hanno tanto discusso fra loro come ogni generazione, ma sulla “gestione” della politica, sul conflitto fra diverse soluzioni, sulla difficoltà e necessità di ricercare un equilibrio fra di esse e di cui sono testimoni e non partecipi perché impreparati e non per colpa loro. L’esercizio della democrazia (diceva, mi pare Churchil che la democrazia è il peggiore di tutti i sistemi di governo ad eccezione di tutti gli altri) impone regole “non giuste”: pensiamo, ad esempio, ai privilegi dei parlamentari che sarebbero dovuti penalizzati in questa manovra: tutti i partiti dicono di abolirli ma poi sanno che in parlamento una maggioranza di loro disposti a farlo non ci sarebbe e tralasciano l’argomento. Giustificabili? No. Ma la nostra colpa e di rieleggere gli stessi dimenticandoci di quanto hanno fatto prima. Società malata, disattenta, individualista produce capi di questo tipo vale a dire come siamo noi nella vita di ogni giorno: non Santi.

14.8.2011