Pd e Pdl, una nuova stagione

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Cosa possono guadagnare i due partiti  dalla fine delle ostilità

E’ comprensibile che i dirigenti dei due maggiori partiti, destinati a collaborare dopo essersi combattuti e demonizzati fino a poche settimane fa, siano preoccupati della reazione di un elettorato che può essere sconcertato dalla novità imposta dalla situazione del paese interpretata con vigore coattivo da Giorgio Napolitano. Sbaglierebbero, però, una volta deciso di accettare realisticamente la prospettiva della convergenza, a insistere nel minimizzarne la portata politica innovativa, sottolineando le proprie caratteristiche identitarie. In primo luogo dovrebbero rendersi conto che la crisi ha destrutturato profondamente queste stesse identità, che debbono essere ridefinite in base alla loro idoneità a fornire risposte alla situazione drammatica che vive gran parte della popolazione.

Se, com’è risultato alla fine di una gestione travagliata, soprattutto per il centrosinistra, della fase postelettorale, queste risposte possono concretizzarsi solo sulla base di un confronto costruttivo con l’avversario di sempre, sarebbe meglio valorizzare il dato di fondo, cioè l’intervento di un governo in grado di tentare la fuoruscita dalla crisi, che attardarsi in una lacerazione autocritica e retrospettiva. Anche per il centrodestra, che deve rinunciare (almeno formalmente) alla coesione tra Lega e Pdl appena recuperata, la situazione non è semplice, anche se la sensazione di insufficienza è attenuata dalla constatazione dello scampato pericolo. Si tratta di due formazioni politiche che, la prima sei mesi fa, la seconda nei giorni scorsi, hanno rischiato la dissoluzione. Ciò è accaduto proprio perché hanno insistito sull’esibizione identitaria, invece che sulla funzione politica e pratica che possono esercitare.

Ora la storia, forse nella sua versione più ironica, li costringe a mettere da parte l’aspetto più esibito della loro identità, l’ostilità nei confronti dell’avversario. Il venir meno (che non sarà solo episodico) di questi collanti negativi apre la questione di quali siano gli elementi di coesione positivi, cioè ideali e programmatici, di questi partiti, nel momento in cui non possono più presentarsi come semplici contenitori dell’antiberlusconismo o dell’anticomunismo. Il fatto che questa verifica concreta si svolga parallelamente nei due campi la rende reciprocamente utile, perché porta a definire le distinzioni e le differenze insieme alla capacità di fare sintesi (o di trovare mediazioni) con gli interlocutori obbligati della nuova maggioranza. Una maggioranza che sussiste anche nell’elettorato, a patto che i contraenti sappiano valorizzare quel che c’è di buono per il paese e quindi per loro stessi nella nuova situazione. Quotidiano, 27/4