Per i nordcoreani (e certi italiani) le canaglie siamo noi

Categoria: Firme

Pyongyang e Iran denunciano il Canada all'Onu per i diritti  umani.

Ridicolo? Eppure in Occidente c'è chi la pensa così...

Fiamma Nirenstein - Dom, 28/04/2013 - 08:40

Non è tanto strano, per quanto possa sembrarlo, che il regime nella Corea del Nord, che ha appena svolto il suo terzo esperimento nucleare minacciando vicini e Stati Uniti, che affama e rinchiude nei campi la sua gente cui è proibito quasi tutto, abbia attaccato all'Onu il Canada accusandolo di violare i diritti umani.

In coro, come usa all'Onu, tutti gli altri stati delinquenti si son fatti sotto, e dagli al Canada. L'Iran: «Siamo preoccupati delle violazioni dei diritti umani, in particolare per lo sfruttamento sessuale dei bambini». La Cina: «Ci angoscia la discriminazione razziale»; Cuba: «Razzismo e xenofobia»; l'Egitto: «La discriminazione razziale nel lavoro», ed ecco la Corea del Nord: «Il diritto alla riunione pacifica e libertà di espressione». Ma che c'è di strano che all'Onu ci si esprima così se ogni Paese democratico, compreso il nostro, ha l'abitudine a opinioni diffuse di ammirazione per Paesi dai regimi liberticidi e violenti? Il perché, resta un mistero dai tempi in cui l'Urss veniva dipinta come un paradiso terrestre da molti politici e anche da intellettuali di valore (Italo Calvino, uno per tutti, fece nel '52 un suo famoso viaggio in Urss che poi dipinse come un Paese fresco, ingenuo, onesto, consolante...).

Anche la Corea del Nord piace, come si è visto due sere or sono alla trasmissione de La7 «Otto e mezzo» di Lilli Gruber: il filosofo Gianni Vattimo ha dichiarato che non è «come ce la dipingete voi», imperialisti delle cui informazioni «non si fida affatto». Alla domanda del perché se la preferisce non ci vada un po' a stare, lui ha divagato. Del resto queste simpatie per i regimi che odiano la libertà, le donne, i cristiani, gli ebrei, sembrano avercele in tanti. Vattimo ama molto anche l'Iran che spera abbia quanto prima «la sua atomica», gli piace l'Egitto dei Fratelli musulmani, che almeno, dice lui a differenza di Monti sono stati liberamente eletti, odia Israele e lo ripete a ogni momento mentre adora i Palestinesi inclusa Gaza. Tornando da Cuba confessa di essere «uno di quegli intellettuali occidentali che si fanno affascinare da dittatori e caudilli sudamericani... Castro mi ha abbracciato e io gli ho preso il viso fra le mani con qualche lacrima negli occhi». Sulle lacrime che Castro ha provocato è in buona compagnia: gli incarcerati per delitti di opinione, le famiglie che soffrono mille stenti. Lui stesso ci dice che fra amore per la libertà e per Castro, il secondo vince.

Vince, un esempio fra tanti, anche in Oliviero Diliberto, leader dei comunisti italiani, che da Cuba nel 2008 ha tessuto lodi sperticate per la società e l'economia cubana, rassicurato dal fatto che Raul non cambierà il socialismo dell'isola. Non gli importa della mancanza di beni e di libertà. È palesemente entusiasta. Un aggettivo che si può usare tranquillamente, restando in America Latina, quando alla morte di Chavez Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera, ha definito il Venezuela di Chavez «protagonista del riscatto e del rinascimento». Così la pensa anche, più o meno, Don Andrea Gallo, che nel suo pubblico rimpianto definisce Chavez «un grande statista» e parla del suo Venezuela come di un Paese in cui si è cercata «la via della liberazione, dell'unione di varie culture e di lotta al capitalismo».

C'è da domandarci cosa faccia ancora tutta questa folla in Italia. E come mai un uomo di cultura come Dario Fo abbia potuto combattere addirittura la partecipazione a festival e incontri degli scrittori israeliani. Infine non possiamo ignorare, nella nostra enciclopedia turistica alla rovescia, Beppe Grillo. Sua moglie è iraniana, e ne ha ricavato una grande ammirazione per l'Iran dove «l'economia va bene, le persone lavorano». Ahmadinejad non ha intenzione di cancellare Israele dalle mappe: «Lo dice e basta. Del resto anche quando uscivano i discorsi di Bin Laden mio suocero, iraniano, mi spiegava che le traduzioni sono tutte filtrate da un'agenzia internazionale che si chiama Memri dietro cui c'è un agente del Mossad». Per Grillo anche tutto quello che sappiamo del conflitto israelo-palestinese è inganno. Quel che è certo è che ha «scoperto che la donna in Iran è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo». Cioè, le donne, tutti, in Iran stanno benissimo. Magari ci starebbe bene anche l