Quelle due domande in più che “Report”

Categoria: Firme

poteva fare su Putin e il Cav.

Mosca. Forse il momento migliore viene quando l’analista russo, un tipo in maglietta di nome Stanislav Belkovski, siede di fronte alla telecamera e dice che Vladimir Putin ha un patrimonio enorme, qualcosa come cento miliardi di dollari, soldi che sono nelle casse di Gazprom e di società straniere, depositi che si possono muovere in qualsiasi momento, basta un cenno del capo. Allora il giornalista chiede se le quote e i conti sono intestati a Putin, se il suo nome risulta da qualche parte, e l’analista lo guarda e dice tranquillo che le prove giuridiche “non ci sono”, ma in fondo tutti sanno che funziona così. Ecco, a quel punto nove reporter su dieci avrebbero chiesto una pausa, probabilmente qualcuno avrebbe chiuso il taccuino convinto di avere perso un pomeriggio, perché le notizie che non si possono provare sono affascinanti ma finiscono spesso in un fiasco. Invece, è proprio così che comincia l’ultima inchiesta di “Report” sugli accordi segreti fra Putin, Eni e Silvio Berlusconi, un pezzo di dodici minuti che RaiTre ha trasmesso domenica sera con il titolo “I compagni” (per compagni s’intendono Putin e il Cav., questo è chiaro).

Belkovski è un opinionista, Milena Gabanelli l’ha presentato nell’introduzione come un “ex insider”, ha spiegato “con la dovuta distanza” che è un personaggio molto noto e molto contestato, gli ha affidato quasi le stimmate del dissidente quando ha detto che in Russia nessun politologo si può esprimere contro il leader senza conseguenze, anche se l’ospite a dire il vero dava l’impressione di passarsela bene e non sembrava per nulla intimorito. La sua prima frase è stata temeraria: “Putin ha chiesto a Berlusconi di partecipare, attraverso Eni, a un’operazione che prevedeva l’esproprio degli asset di Yukos – ha raccontato Belkovski al microfono di Giorgio Fornoni – E Berlusconi lo ha fatto, contro le norme morali e giuridiche dell’Unione europea”. Certo, messa così sembra un’altra di quelle storie che non si possono provare, e infatti quelli di “Report” non hanno chiesto spiegazioni, ma se ci avessero provato avrebbero scoperto un paio di cose interessanti. Ecco i fatti. Yukos era la compagnia di Mikhail Khodorkovsky, il miliardario condannato al carcere nel 2003 per reati fiscali. Nel 2007 il governo russo ha deciso di vendere alcuni asset di quella società, Eni ha partecipato a una gara pubblica e lo ha fatto insieme con Enel e si è aggiudicata giacimenti e pozzi di petrolio per 5,8 miliardi di dollari. Secondo un accordo stipulato prima dell’asta, il controllo degli asset è passato in un secondo tempo da Eni/Enel a Gazprom, che ha il monopolio sulle esportazioni del gas russo. Molti, a Mosca e in Europa, sostengono con buone ragioni che i reati fiscali siano una scusa, che Khodorkovsky sia in cella per uno scontro con Putin, e da questo nasce l’obiezione morale dell’analista Belkovski.

Tutto questo è accaduto, come detto, nell’aprile del 2007. La data è importante perché allora Berlusconi era all’opposizione, il premier era Romano Prodi e il ministro dello Sviluppo economico si chiamava Pier Luigi Bersani. Il Cav. non s’è mai fatto da parte quand’è stato il momento di annunciare accordi con il compagno Putin, una volta è spuntato a sorpresa a Istanbul mentre il capo del Cremlino firmava un accordo con Erdogan, ma nel caso in questione ha dovuto lasciare il campo. E’ stato Bersani ad annunciare l’affare Yukos, e ancora oggi il contratto è considerato un successo fra i tecnici (giacimenti “facili”, sulla terra ferma, buone infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio del gas). Bersani si è dato molto da fare in quei mesi sul fronte dell’energia, s’è spinto a Baku, la capitale petrolifera dell’Azerbaigian, e lo stesso si può dire di Prodi, al quale i russi hanno offerto la guida del consorzio per il gasdotto South Stream un anno dopo l’asta di Yukos. E’ possibile che l’analista Belkovski non conoscesse questo particolare, ed è un peccato che quelli di “Report” siano stati pigri con le fonti: con un paio di verifiche in più sarebbe uscita proprio una bella inchiesta.

di Luigi De Biase