Ora siamo tutti rigoristi, ma davvero?

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Le promesse di Letta scatenano nuovi e inattesi ragionieri contabili

Al tempo del governo dei professori guidato da Mario Monti si facevano i conti della macroeconomia per il livello del deficit di bilancio nel triennio. Ma i giornali d’opinione e quelli diversamente impegnati non si occupavano molto della contabilità, anzi l’avversavano. La discussione era più qualitativa, sulla “coniugazione” fra rigore e sviluppo, equità ed equilibrio dei conti. Si parlava di teoria. I soli calcoli d’obbligo riguardavano lo “spread” quotidiano. Nell’interregno, fra la vecchia e nuova legislatura, è emersa una nuova contabilità della Confindustria, ad esempio sui debiti pregressi della Pubblica amministrazione, che andavano fra 55 e 120 miliardi, senza che fosse chiaro quali riguardassero debiti già contabilizzati nel bilancio pubblico e quali i debiti sommersi. Ora, dopo i due discorsi alle Camere del neo  presidente del Consiglio, Enrico Letta, sul programma del governo molti giornalisti sono diventati ragionieri e dalla macroeconomia si è passati alla “lista delle spese”.

Per capire se le ambizioni di Letta siano in linea con la contabilità pubblica, il Corriere della Sera ha riempito varie pagine ma i suoi contabili non s’accordano: il costo delle “promesse” per uno è 15 miliardi, per un altro 30. Forse il divario dipende dal numero di anni considerato. La Stampa, più sparagnina, quantifica la lista in 10-12 miliardi, tutti nel 2013. Nel club dei ragionieri c’è una new entry, il Fatto quotidiano, che passando dai faldoni delle procure ai libri mastri, quantifica il totale in “oltre 20 miliardi”, secondo un articolo online. Il Fatto (di carta) fa anche un’altra giravolta: da anti rigorista che era, si è riscoperto attento al rigore di bilancio, senza però valutare quali siano gli effetti di un taglio o di una spesa (che può essere anche investimento) sulla crescita. E allora perché proprio 2,3 miliardi per la cassa integrazione in deroga, dato che l’onere dipende dai criteri con cui la si rifinanzia? E perché 2 miliardi per sistemare i precari della Pa? Fare i ragionieri non significa insomma fare “bricolage contabile”. Questo infatti non basta per dare un giudizio alla politica economica di un governo perché bisogna valutare gli effetti delle varie misure sul pil, il cui livello genera di conseguenza una diversa base imponibile e un diverso bisogno di spese. E soprattutto vanno considerate le misure senza costo, come le deregolamentazioni del lavoro e delle imprese. Contabili e ministri, ce ne siamo scordati? Quotidiano, 1/5