DOUBLE OBAMA SU GUANTANAMO

Categoria: Firme

“VOGLIO ANCORA CHIUDERLO”.  MA HA INVESTITO DECINE DI

 MILIONI PER TENERLO APERTO!

Lo sciopero della fame dei detenuti di Guantanamo risveglia il “candidato” pacifista Barack. Che dà la colpa al Congresso, ma ha sempre ammesso che i prigionieri andavano processati in giurisdizioni “speciali”, e sta facendo costruire una nuova ala nella base cubana…

1 - OBAMA: CONTINUO A VOLERE LA CHIUSURA DI GUANTANAMO

Maurizio Molinari per "la Stampa"

«Il carcere di Guantanamo deve essere chiuso, tornerò a chiederlo al Congresso». Il presidente americano Barack Obama coglie l'occasione di una conferenza stampa alla Casa Bianca, a cento giorni dal secondo insediamento, per intervenire su quanto sta avvenendo nella prigione militare situata nella base sull'isola di Cuba.

I presunti terroristi in sciopero della fame da febbraio hanno raggiunto quota cento, 21 dei quali sono stati intubati per ricevere il cibo e il Pentagono si è trovato obbligato a mandare un team di 40 infermieri, medici e specialisti per affrontare la situazione di emergenza. «Il Pentagono sta facendo il meglio che può, ho chiesto di essere informato su ogni dettaglio di quanto sta avvenendo a Guantanamo» spiega il presidente, a cui preme però soprattutto ribadire che «ero favorevole nel 2007 e nel 2008, e resto favorevole oggi, alla sua chiusura».

Il linguaggio che adopera nei confronti del centro di detenzione aperto alla fine del 2001 per imprigionare i «nemici combattenti», sospetti appartenenti ad Al Qaeda ed ai taleban, è volutamente aspro: «Guantanamo è inefficiente, costoso, indebolisce la nostra posizione internazionale, nuoce alla cooperazione con gli alleati nella lotta al terrorismo, è uno strumento di reclutamento per gli estremisti, è contrario a ciò che noi siamo e deve essere chiuso».

Se ciò non avviene la responsabilità «è del Congresso» che ha bocciato la proposta dell'amministrazione Obama di spostare i detenuti in centri di massima sicurezza in America. «È importante comprendere che Guantanamo non serve a rendere l'America sicura - aggiunge Obama - con la guerra in Iraq terminata e le prigioni in Afghanistan trasferite alle forze afghane anche il centro di prigionia a Cuba deve chiudere».

E poiché le obiezioni finora più spesso sollevate dal Congresso di Washington riguardano la difficoltà di detenere in America presunti terroristi, Obama replica citando i singoli casi di jihadisti «catturati, condannati all'ergastolo e detenuti» in carceri «sul territorio degli Stati Uniti» come nel caso dei falliti kamikaze di Times Square e di Detroit. Ovvero, siamo in grado di detenere tali pericolosi individui, non c'è bisogno di «carceri che si trovano nella terra di nessuno» e di «detenzioni a tempo illimitato» contrarie «ai nostri valori».

Ecco perché il presidente preannuncia che tornerà a chiedere al Congresso di chiudere Guantanamo: «Non è nell'interesse del popolo americano e non è più sostenibile. Comprendo che dopo gli attacchi dell'11 settembre vi fu una reazione che portò ad aprirlo ma dieci anni dopo dovremmo essere più saggi, abbiamo altri modi di perseguire i terroristi».

Incalzato dalle domande dei reporter sullo sciopero della fame che riguarda oramai la maggioranza dei 166 detenuti rimasti, Obama risponde: «Non voglio che muoiano». Rivendica così la scelta di mandare rinforzi medici e al tempo stesso dimostra comprensione per le cause da cui si origina la protesta perché ribadendo l'opposizione alla «detenzione illimitata» ripete proprio la motivazione sollevata dai legali dei detenuti.

La conferenza stampa serve al presidente americano anche per ringraziare la Russia per «la cooperazione data nelle indagini sull'attentato di Boston» e per affrontare la questione delle armi chimiche in Siria. «Abbiamo le prove che sono state usate ma non sappiamo da chi, dove e quando sono state adoperate» spiega Obama, sottolineando che «stiamo usando ogni mezzo a disposizione» per ricostruire «il percorso delle armi dalle custodie al momento dell'uso».

Da qui la scelta della prudenza nell'affermare che «la linea rossa non è stata ancora superata». Ma il monito al leader siriano Bashar Assad è esplicito: «Se è stato lui ad adoperarle, avrà scelto l'escalation» che l'America è pronta ad affrontare «con numerose opzioni» il conseguente «cambio di strategia».

2 - I SOTTERFUGI DI OBAMA SU GUANTANAMO

Da "il Foglio" Quando Barack Obama ha detto in conferenza stampa che farà pressioni sul Congresso per chiudere il carcere speciale di Guantanamo molti si sono trovati di fronte al legittimo dilemma: è in diretta o sono immagini di repertorio?

Ieri il presidente americano ha indossato con la solita noncuranza gli abiti candidi del senatore buono che cerca di conquistare il trono dove sedeva il cattivo, il candidato che voleva chiudere la prigione dei terroristi e tutto ciò che rappresenta per esorcizzare il paese dai suoi demoni; una rappresentazione del genere era sostenibile per Obama quattro anni fa, al tempo della verginità politica, oggi è una goffa esibizione di ipocrisia che nemmeno i più distratti riescono a ignorare.

Dire che Obama non è riuscito a chiudere il carcere speciale voluto dall'Amministrazione Bush significa omettere una parte della storia. Oltre a non aver cancellato le tracce del passato dalla base di Cuba il presidente ha attivamente favorito la sua perpetuazione a tempo indeterminato.

Ha lavorato per processare i detenuti presso le corti militari e per trasferirli in paesi terzi laddove si verificano le condizioni, ma ha riconosciuto che non c'è alternativa a una prigione speciale creata per rispondere a circostanze speciali. L'ufficio di Daniel Fried, l'inviato speciale incaricato di studiare una soluzione alternativa a Guantanamo, è stato chiuso e il funzionario riassegnato.

Sotto la guida di Obama il Pentagono ha fatto investimenti significativi per espandere e consolidare le strutture della prigione, il contrario esatto dello smantellamento. L'ultima iniezione messa a bilancio è di 49 milioni di dollari: serviranno per costruire una nuova ala dedicata ai detenuti "speciali". Che abbia autorizzato controvoglia o promosso fermamente questo trend, Obama ne è il responsabile ultimo.

Scaricare le colpe sul Congresso e rilanciare una nuova campagna per la chiusura del carcere è un sotterfugio di bassa lega per allontanare i racconti dello sciopero della fame che coinvolge la maggioranza dei prigionieri e disturba la quiete presidenziale. Fino a ieri Obama ha dato disposizioni di segno opposto, oggi si riscopre maestro dei diritti civili, domani chissà.