Cosa si muove dietro le quinte del Pd

Categoria: Firme

che ha scelto Epifani come nuovo segretario

Roma. Alla fine di una lunga giornata, e dopo una lunga sfilza di interventi, riflessioni, analisi, critiche, frecciatine, accuse e ribellioni minacciate ma poi prontamente ritirate, l’elezione di Guglielmo Epifani alla guida del Partito democratico non si può dire che abbia, come si dice in questi casi, scaldato il cuore del popolo del Pd ma si può dire che abbia invece aperto una nuova fase per il centrosinistra che potremmo definire con una formula che ci ha offerto nel pomeriggio un vecchio e smaliziato dirigente del Pd: “Da oggi in poi, e per i prossimi cinque mesi, chiamateci pure Pc: Partito congelato”.

Il congelamento del Partito democratico è stato certificato oggi all’assemblea nazionale con la scelta di puntare in modo unitario su Guglielmo Epifani, il “traghettatore”, per tentare di rimettere a posto i cocci del Pd, superare la tempesta post elettorale e arrivare poi all’approdo del congresso autunnale con le carte in regola per dare vita a un nuovo corso. Tutta la partita della leadership del Pd è rinviata dunque a ottobre, e bisognerà aspettare la metà di luglio per capire chi saranno i candidati che decideranno di scendere in campo per tentare di essere eletti come successori di Epifani. Al momento gli unici in campo, che hanno già annunciato preventivamente la loro volontà di correre per la segreteria del Pd, sono tre e sono Gianni Cuperlo (appoggiato dai giovani turchi), Pippo Civati (appoggiato da Pippo Civati e dagli Occupy Pd) e Gianni Pittella (eurodeputato del Pd, che oggi ha chiesto, in un appassionato intervento all’assemblea, di far diventare il Pd un partito più simile a “Obbbama”), ma durante il pomeriggio di oggi la vera candidatura ombra per il prossimo congresso, come era prevedibile, era quella del sindaco di Firenze Matteo Renzi. E per gran parte della giornata il tema principale, oggetto di molti conciliaboli ai margini del Padiglione numero Dieci della Fiera di Roma, è stato proprio questo: Renzi e la sua candidatura alla guida del Pd.

Questa mattina, dopo aver anticipato i temi del suo intervento in una nuova intervista a Repubblica, Matteo Renzi ha partecipato per la prima volta a un'assemblea nazionale del Pd e il suo discorso (e il fatto stesso che abbia scelto di prendere parola) è stato apprezzato dai circa 600 delegati presenti oggi a Roma (specie nel suo passaggio, molto applaudito, in cui ha ricordato che il Pd ha bisogno di persone che dimostrino di essere leader, e non semplici followers). Il sindaco di Firenze però ha ripetuto che non intende candidarsi a nulla nei prossimi mesi, né alla segreteria né all’Anci, e che ha intenzione di portare avanti una battaglia da militante del Pd. Eppure a tarda mattinata, poco dopo l’intervento di Renzi, tra i padiglioni della Fiera di Roma per la prima volta, anche di fronte ai cronisti, i renziani hanno discusso apertamente del tema candidatura sì candidatura no. Il dialogo più gustoso si è materializzato intorno alle 12 e 50 di fronte a un paio di tazzine di caffè accanto all’ingresso H del Padiglione dieci, quando i renziani Ernesto Carbone, Simona Bonafé e Dario Nardella hanno visto avvicinarsi al bancone l’esperto Nicola Latorre, che ha preso per un braccio Nardella (ex vicesindaco di Firenze) e guardando con lo sguardo furbo gli altri renziani l’ha messa così: “Dovete convincere Matteo a candidarsi, non ha scelte, non può continuare a fare solo il sindaco, il Pd ha bisogno di lui e in fondo lui ha bisogno del Pd”. Il gruppetto di renziani si è diviso tra interventisti (guidati da Nardella) e non interventisti (più o meno la metà dei renziani in Parlamento). La discussione è andata avanti per un po’, e sarà difficile che nelle prossime settimane il tema che vivrà sotto traccia in un questa fase pre-congressuale sarà diverso da quello della candidatura del sindaco. E poi? E poi c’è tutta la giornata.

Con l’intervento molto breve di Pier Luigi Bersani, che ha ferocemente criticato il correntismo del Pd (salvo poi aver fondato lui stesso due giorni fa una sua corrente con i bersaniani presenti in Parlamento, da Davide Zoggia a Maurizio Migliavacca). Con l’intervento molto applaudito di Enrico Letta, che ha incoraggiato Epifani in stile Liverpool (“You'll Never Walk Alone”) e che ha personalmente sostenuto in questi giorni la scelta del suo nome come reggente (serviva un uomo vicino alla Cgil, ed Epifani lo è, serviva una persona che non creasse problemi al governo, ed Epifani non intende crearli, e serviva una leadership non troppo accesa per non creare eccessiva dialettica tra Pd e governo, e il profilo di Epifani in questo senso è perfetto). Con l’intervento molto apprezzato dagli occupy Pd (“Che alla fine erano du gatti”, come riconosciuto da un famoso tesoriere di area Pd), che ha criticato la carta Epifani in quanto mossa decisa da un gruppo troppo ristretto di persone. Con i siparietti tra renziani e bersaniani (per buona parte del pomeriggio i portavoce del sindaco e del segretario hanno passeggiato insieme tra i padiglioni della Fiera). Con le pacche sulle spalle tra giovani turchi e lettiani (Andrea Orlando e Marco Meloni). Con la solitudine di Laura Puppato (nessuna notizia del suo documento che avrebbe dovuto “sconvolgere” l’assemblea del Pd). Con le battute maliziose e perfide su Anna Finocchiaro, arrivata all’assemblea del Pd senza scorta, “eppure, data la presenza di Renzi in sala, oggi le sarebbe servita”. Con le lunghe passeggiate nei corridoi tra Franco Marini e Miguel Gotor. Con i sorrisi ironici di Nico Stumpo, responsabile organizzazione, che al Foglio ricorda che probabilmente già dalla prossima settimana verranno definiti i nuovi assetti del partito, con i ruoli nella segreteria Epifani e l’assegnazione dei posti chiave (organizzazione del partito, enti locali, dipartimento economico, e Renzi ha chiesto per i suoi due di questi incarichi). Con i siparietti tra Ugo Sposetti (tesoriere Ds) e gli Occupy Pd vestiti con le magliette anti franchi tiratori (“Ah riga, ma ‘na maglietta per me ce l’avete”). Con le battute su Ignazio Marino arrivate da alcuni storici dirigenti romani (“Qui, a occhio, stanno preparando una nuova smacchiatina ad Alemanno). Con le provocazioni di uno storico dirigente dei Ds che fotografa così il nuovo corso del Pd: “E’ evidente no? I democristiani e i socialisti comandano, i comunisti si occupano delle feste dell’Unità e gli emiliani tornano a fare i tortellini”. E con una consapevolezza di fondo che, come spiega bene un giovane dirigente del Pd, i giochi per il momento sono rinviati, che il partito è nel congelatore e che i prossimi mesi, pur vissuti in uno stato di ibernazione, rischiano di essere quelli più tosti per la vita del Pd. “Dovremmo essere tutti grati a Epifani perché non era facile trovare qualcuno che avesse voglia di guidare il Pd in una fase come questa ma bisogna anche dire la verità e riconoscere che una reggenza di questo tipo è utile solo a rimandare i problemi di qualche mese. E’ una specie di armistizio, una pax democratica. Che durerà, eh, sicuramente durerà. Il punto è che bisogna vedere come il Pd resisterà nei prossimi mesi e quando riuscirà davvero ad aiutare il governo Letta a governare bene. Dobbiamo essere ottimisti, perché il nostro partito ha una buona capacità di ripresa e a tutti conviene rimanere sulla stessa barca. Ma il punto è che cinque mesi sono tanti e se il Pd non ricomincerà a fare il Pd il rischio concreto è che tra cinque mesi il Pd non sarà più il Pd”.

di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa