Il mondano Bret Easton Ellis scomunica

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il “fascismo gay”, cupo e infantile

“Se non sei un omosessuale felice, completamente a posto con sé stesso, che promuove i sani valori del mainstream rispecchiando l’Elite gay culturalmente corretta, allora vieni considerato come un omosessuale che odia se stesso. Questo è il cuore della menzogna gay”. Parole vergate non da un vecchio trombone della destra conservatrice americana, ma sul celebre magazine gay americano Out e a firma di Bret Easton Ellis, omosessuale dichiarato, noto viveur, formidabile partygoer e famosissimo romanziere autore di “American Psycho”.

Lo scrittore prende a esempio il caso di Jason Collins, il primo giocatore dell’Nba a essersi dichiarato gay con un articolo su Sports Illustrated ed elogiato pubblicamente dal presidente Barack Obama (“il presidente ha chiamato Jason Collins per esprimergli il proprio sostegno e per dirgli di essere rimasto colpito dal suo coraggio”, ha detto un collaboratore della Casa Bianca).

“Sono l’unico gay ad aver provato un tantino di fastidio per il modo in cui i media hanno trattato Jason Collins come se fosse un cucciolo di panda bisognoso di essere onorato, festeggiato, consolato e trattato come un minorato?”, scrive Ellis. “L’adulazione seguita alla semplice affermazione che era gay sembra a me, che sono gay, un nuovo tipo di vittimizzazione”.

L’autore di “Glamorama” (il titolo che ha dato il nome anche a molti gay bar nel mondo), l’enfant prodige della letteratura americana considerato l’erede legittimo di Truman Capote, attacca l’establishment gay americano, che punterebbe alla creazione del “Regno dell’Uomo Gay come se fosse un Elfo magico, che ogni volta che esce fuori ci appare come se fosse un Extraterrestre santo, il cui solo scopo è di ricordarci la Tolleranza, i nostri Pregiudizi e di Sentirci bene con noi stessi e che è rappresentato come un simbolo invece di essere una semplice persona gay”. Sono le lobby Lgbt, promotrici del “nuovo fascismo gay”, continua Ellis, e che “dipinge sui media gli omosessuali in modo irrealistico”, che manca di “senso dell’umorismo” e che “ti dipinge come un uomo che odia se stesso se non agisci esattamente come vogliono loro”. Ellis stigmatizza questa “infantile e condiscendente tendenza a canonizzare ogni gay che fa coming out” e con esso lo stereotipo del “gay di successo” e dei “buoni gay”.

Ellis, che ha la reputazione di estremista della mondanità, di titolare di grandi eccessi e di polemista iracondo, è durissimo con l’Alleanza gay e lesbiche contro la diffamazione, “organizzazione che predica tolleranza ma che prende a schiaffi tutti quelli che non sono d’accordo con lei” e che ignora “la maggioranza silenziosa degli omosessuali che disprezzano quelle stesse caricature”. “Ma dove sono – si chiede Easton Ellis nel finale del suo lungo editoriale che ha generato scandalo – quei gay che non vogliono essere un ‘esempio morale’? Quelli che non vogliono essere etichettati? Quelli che non fanno l’equazione gay=dignità? Quelli che non pensano sia obbligatorio sfilare per strada con il sorriso sulle labbra? La promozione di questo tipo di uomo gay da parte dei Guardiani dell’omosessualità politicamente corretta è qualcosa di devastante” di Giulio Meotti, 17/5