Carissima monnezza Un terzo della Tares

Categoria: Firme

regalata agli stranieri. Quasi 350 milioni incassati

dalla nuova tassa saranno spesi oer pagare chi, all'estero, smaltisce la nostra immondizia

Fabrizio Ravoni - Lun, 03/06/2013 - 08:33

Roma - Immaginate un muro largo un metro, alto due e lungo da Roma a Parigi. Per realizzarlo sarebbe sufficiente mettere in fila i metri cubi prodotti dall'immondizia che ogni anno l'Italia esporta verso il Nord Europa: 3,2 milioni di tonnellate.

Bambini giocano a pallone vicino ad una montagna di rifiuti a Palermo

Un muro lungo mille chilometri all'anno.

Con un particolare. L'Italia benché la esporti, non vende l'immondizia all'estero; paga chi se la prende. Ed ogni anno spende una cifra compresa fra i 300 ed i 350 milioni di euro.

In media, per convincere un Paese straniero a comprarsi i nostri rifiuti dobbiamo pagare intorno ai 109 euro a tonnellata. Le cifre possono, però, oscillare (in alto) anche del 50% ed oltre. Per esempio, Trieste per accettare rifiuti prodotti in altre province chiede 162 euro a tonnellata. Padova arriva a 175 euro.

Quando entrerà in vigore, la Tares (la nuova imposta sui servizi pubblici) assicurerà allo Stato un gettito di un miliardo di euro; oltre a quello che dovrà garantire agli enti locali chiamati ad applicarla. In altre parole, vuol dire che un terzo delle nuove tasse sull'immondizia, destinato allo Stato centrale, verrà speso per finanziare i Paesi che ci comprano i nostri rifiuti.

Ed ancora. Un euro ogni tre pagati dai cittadini per la Tares finiranno nelle tasche di olandesi, svedesi, austriaci sottoforma di minor costo dell'energia e di alcune materie prime; come il cemento, per esempio. Per l'energia, il risparmio della bolletta elettrica è di circa il 20%. Ma il risparmio per questi Paesi del nord Europa è doppio. Gli impianti energetici usano grandi quantità di rifiuti per produrre servizi; in tal modo, però, risparmiano petrolio e guadagnano con le importazioni di immondizia italiana. In Italia la situazione è opposta: paghiamo per esportare i rifiuti, e negli impianti bruciamo combustibili cari.

Il paradosso della situazione è che, oltre a tassare i cittadini italiani per recuperare le risorse necessarie per pagare la vendita d'immondizia all'estero, chi la riceve ha un vantaggio competitivo. In termini di minore costo dell'energia, sia per le imprese sia per i contribuenti.

Tanto per fare un esempio, per esportare i propri rifiuti - segnala Athos De Luca, consigliere comunale del Pd - Roma spende circa 15 milioni all'anno. L'intera Campania, quasi 51 milioni. E di recente il Comune di Napoli ha stipulato un accordo per vendere 250 mila tonnellate in due anni a 109 euro a tonnellata.

Eppure basterebbe poco per risparmiare queste risorse. Sarebbero sufficienti pochi accorgimenti ambientali, e questi 350 milioni di euro rimarrebbero in Italia. Anche perché l'impegno ambientale del Nord Europa non è certo secondo a quello italiano; anzi, la sensibilità è decisamente più alta. Nonostante questo, basta fare un giro nelle principali città: da Roma a Napoli, a Palermo per rendersi conto del sistema di smaltimento dei rifiuti. Con discariche colme oltre ogni limite e con rivolte delle popolazioni, contrarie all'individuazione di ogni nuovo sito.

Forse, nella revisione complessiva della fiscalità sugli immobili, il governo farebbe bene ad individuare soluzioni in grado di evitare ulteriori sprechi di denaro pubblico.