LETTA NELLA TENAGLIA DELLE BEGHE PIDDINE: BERSANI

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CERCA RIVINCITE MENTRE RENZI CRESCE NEI SONDAGGI

Carlo Bertini per "la Stampa", 15/6

Negli ultimi anni non è mai successo a nessun leader politico di riuscire a raggiungere Napolitano in cima alle classifiche di popolarità. E invece per la prima volta ieri c'è riuscito Matteo Renzi: anche se nella maggior parte delle rilevazioni il «rottamatore» risulta ancora ben al di sotto di Napolitano, in un sondaggio Swg per Agorà ha toccato la vetta, con un grado pari al 60% di consensi.

E se il 7 giugno era a pari merito con il Capo dello Stato, ieri Renzi è balzato di colpo un poco avanti, destando una forte sorpresa non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra i parlamentari a lui più vicini: «La cosa più sorprendente è che sia un leader del Pd capace di avere consensi in tutte le aree politiche ed è paradossale che qualcuno consideri questa fortuna come un problema», fa notare Paolo Gentiloni. Sì perché il 68% degli elettori del Pd e il 73% del Pdl sono convinti che si debba candidare al congresso e il suo consenso spazia pure nelle aree di Scelta Civica e nel mondo dei 5Stelle.

Non sorprende invece che tutto ciò agiti ancora più le acque congressuali del Pd e impensierisca un poco gli uomini vicini al premier. I quali però non solo fanno notare che l'unico del Pd che si avvicina a quella soglia sia proprio Letta, salito fino al 49% nel grado di fiducia, ma si mostrano ben più irritati dalle aggressioni ad opera dei bersaniani che dalle pungolature del rottamatore.

Un bersaniano doc come il governatore della Toscana, Enrico Rossi, dà voce a quello che in molti a sinistra vedono come «una variabile non indipendente»; e cioè un possibile riaggancio dei grillini in libera uscita. «Chissà se un giorno, tra gli espulsi del Movimento 5 Stelle, o chi lo lascia perché non sopporta i modi autoritari di Grillo, non si possa formare, alla Camera e al Senato, un gruppo di M5S che insieme a Sel e al Pd possa formare una maggioranza di Governo. Mi auguro che avvenga perché in quel momento ne vedremo delle belle», è l'auspicio di Rossi.

D'altra parte, giorni fa, tonificato dal successo dei ballottaggi, seduto su un divano alla Camera, Pierluigi Bersani se ne usciva con una intemerata sorprendente, «è chiaro che noi appoggiamo lealmente il governo Letta, ma nel frattempo dobbiamo tenere alta l'opzione di un governo del cambiamento».

Dando l'impressione di volersi risollevare dalla sconfitta agitando di nuovo la sua bandiera. E dalle parole pronunciate ieri ad un convegno della Cgil a Bologna dal suo fedelissimo Davide Zoggia, si capisce che la modalità con cui i bersaniani sfoderano l'ascia di guerra e la brandiscono in chiave congressuale, può diventare una mina pericolosa per le sorti del governo.

«L'alleanza su cui si basa il governo Letta non consentirebbe di balbettare e invece dopo quaranta giorni ci sono segnali di insofferenza dai territori. Il tipo di alleanza anomalo che abbiamo fatto, e che non volevamo, o produce effetti immediati o diventa molto complicato per noi continuare con questa esperienza». Uscite che ovviamente provocano la reazione infastidita dei lettiani, «bisogna evitare di tirare Letta per la giacca visto che ha un compito durissimo e deve occuparsi del Paese», reagisce duro Francesco Boccia.