Saccomanni e quella verità non detta

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L’“inazione” non è più credibile sulla tagliola del fisco

Poche settimane fa, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, aveva affermato che l’aumento dell’Iva al 22 per cento, previsto per luglio, era rinviato al 2014. Ora sembra dire che questo aumento è inevitabile perché “occorrono otto miliardi”. Non è chiaro se intenda riferirsi al gettito di tale aumento stimato in 2 miliardi per il secondo semestre (e in 4 per l’anno prossimo) o al fatto che l’esonero dall’Imu per l’abitazione principale, del valore di quattro miliardi annui, e il mancato aumento dell’Iva nel secondo semestre, comportano minori entrate nel 2013. Il ministro dica se intende lasciare che l’Iva aumenti o no. I rinvii non bastano a oscurare il fatto che tale aumento non è obbligatorio nella legge triennale di stabilità vigente. Scatta infatti, in virtù di una clausola di salvaguardia, nell’ipotesi in cui non si effettui un’equivalente riduzione di spese. Saccomanni parli il linguaggio della verità e dica qual è la linea del governo per invertire la spirale recessiva: s’intende cioè perseguire una politica di aumenti fiscali perché gli interessi politici costituiti bloccano il taglio delle spese? Il benesserismo falsamente sociale ha portato a un settore pubblico elefantiaco, a continui aumenti di aliquote e a nuovi tributi mentre l’economia – tartassata – non riparte e aumenta il debito, come dice la Banca d’Italia. In aprile il gettito fiscale è aumentato del 3,9 per cento su base annua, però il fabbisogno del settore pubblico è cresciuto di mezzo miliardo nei primi 4 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2012 (a 46,6 miliardi). Sarebbe una buona cosa se il pil fosse in crescita, invece è diminuito e il rapporto tra debito e pil si gonfia ancora.      

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