Il governo Bersani-Casaleggio sarebbe stato più credibile?

Categoria: Firme

Giudici a parte, che però lo fanno in privato, sempre che

lo facciano, e a parte anche i cacciatori di scalpi della stampa soi-disant etica, nessuno gioisce per la botta presa tra capo e collo da Silvio Berlusconi, il Pluricondannato. Gioisce, pubblicamente e sconsideratamente, chi conta poco e chi conta sempre meno: cioè Nichi Vendola e Beppe Grillo (quest'ultimo per non smentirsi, il primo per non essere da meno). Ma lo stato maggiore del partito democratico la vede più o meno come il Popolo delle libertà: la sentenza di Milano, che condanna il bunga bunga come se fosse un crimine sessuale (tipo lo stupro) quando invece è una barzelletta osè, mette a rischio gli equilibri politici, già fragilissimi. Viviamo, ahinoi, nel paese che sappiamo. Abbiamo il fiato dell'«Europa» e dei «mercati» sul collo e, se l'Italia ha un governo più o meno presentabile invece d'un governo Bersani-Casaleggio, è soltanto perché il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano II, ha costretto i due principali partiti (con le maniere forti) a scambiarsi l'anello se non come una coppia regolarmente sposata almeno come una coppia di fatto.

Troppe tasse, pochi soldi da spendere, l'IMU, l'IVA e l'Ilva, la disoccupazione alle stelle, una marea di stipendi pubblici da pagare, l'antipolitica, gli scontrini, la diaria, l'«arrendetevi, siete circondati»; e nessuno, a partire dai magistrati, disposto a rinunciare ai propri privilegi. È su «questo paese qua», come diceva Pierluigi Bersani, che piomba la sentenza sul bunga bunga. Non è soltanto una sentenza che lascia a bocca aperta: sette anni di galera e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici a un vecchio sporcaccione (patetico ma tutt'altro che pericoloso, poveretto) che la requisitoria del pubblico ministero, applauditissima della curva sud giustizialista, ha trattato alla stregua d'un criminale di guerra, con accenti da Processo di Norimberga (e anche un po' di Mosca). È soprattutto una sentenza che rende ancora più precaria l'alleanza di governo, un'alleanza che ondeggia e traballa fin dal primo giorno.

Si dice che a nessuno, né al partito di plastica né al partito democratico, convenga accelerare l'esito inevitabile della situazione presente facendo cadere subito il governo (un po' come nei film western, quando si dà un colpo di grazia al cavallo morente). Ma la sentenza di Milano rende la convivenza tra i due partiti maggiori sempre più difficile e acrobatica: una parte della sinistra è di nuovo tentata da una scappatela con i grilliti ridimensionati dalle recenti elezioni amministrative mentre una parte del centrodestra anela alla prova di forza, nell'ottimistica convinzione che il carbone delle sentenze politiche, messo in fusione nel vaso alchemico delle urne, si trasformi in oro elettorale.

di Ishmael, Italia oggi, 27/6