LIBERALI E SOCIALISTI, LA DIFFERENZA

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IL VERO PROBLEMA STA NELLA ESISTENZA DI UN PUNTO

CRITICO, SORPASSATO IL QUALE IL SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE DIVENTA SOCIALMENTE DANNOSO [...] NÉ IL CONTRASTO [FRA LIBERALI E SOCIALISTI] È DANNOSO, PERCHÉ GIOVA ALLA SCOPERTA DEL PUNTO CRITICO, PER IL QUALE SI OPERA IL TRAPASSO DAL BENE AL MALE SOCIALE”

Brano tratto dalle Prediche inutili di Luigi Einaudi, Torino, Einaudi, 1957, pp. 202-241, che ReteLib - il nuovo portale dell’area liberal - ha scelto come primo documento da segnalare ai propri lettori

Liberali e socialisti sono concordi nel sentire vivamente il rispetto della persona umana; che direi, più semplicemente, il rispetto dell’uomo. I liberali non aggiungono nulla alla parola “uomo”; e sono accusati dai socialisti di essere difensori di una particolare specie di uomo, che sarebbe l’uomo “borghese”. I socialisti vagamente aspirano a liberare un’altra sottospecie di uomo, quello “proletario”, dalla schiavitù economica e incolpano i liberali di volere una libertà puramente “formale” o “giuridica”, e di ignorare la libertà sostanziale, che sarebbe quella “economica”. Se ben si guarda, la dissomiglianza tra gli uni e gli altri riguarda non già il principio della libertà, ma quello della uguaglianza.

[…] Su taluna maniera di porre rimedio alla disuguaglianza nei punti di partenza vi ha sostanziale concordia fra liberali e socialisti ed è per quel che riguarda l’apprestamento […] di mezzi di studio, di tirocinio e di educazione aperti a tutti. Scuole gratuite elementari, refezioni scolastiche, opere post scolastiche, borse di studio per i meritevoli nelle scuole medie e universitarie con pagamento di tasse, sono patrimonio comune alle due tendenze politiche.

A uguale sentenza si giunge rispetto a quei provvedimenti intesi a instaurare parità di punti di partenza tra uomo e uomo con le varie specie di assicurazioni sociali contro la vecchiaia e la invalidità, contro le malattie, a favore della maternità, contro la disoccupazione e simiglianti. Anche qui, le divergenze non sono di principio, ma di limiti e di applicazione; né esse dovrebbero dar luogo a dispute insanabili attenendo alla eliminazione delle cause di spreco e di degenerazione delle provvidenze medesime, eliminazione desiderabile a vantaggio massimamente dei beneficiari.

[…] Il vero problema sta nella esistenza di un punto critico, sorpassato il quale il sussidio di disoccupazione diventa socialmente dannoso. Nessuno potendo essere costretto ad accettare un lavoro, il quale sia disadatto alle attitudini intellettuali e fisiche del lavoratore o notabilmente degradi la situazione sociale e morale sua, importa che l’ammontare del sussidio sia determinato in maniera siffatta da creare un incentivo nel disoccupato a cercare e ad accettare il lavoro che eventualmente può essere a lui adatto. Se il sussidio si avvicina troppo al salario normale suo, perché egli dovrebbe essere diligente nel cercar lavoro e non troppo sottile nell’accettarlo? La divergenza tra le due parti è di temperamento; i liberali più attenti ai meriti e agli sforzi della persona sono propensi a tenersi stretti nell’ammontare dei sussidi, laddove i socialisti, meglio misericordiosi verso gli incolpevoli, sono pronti a maggiori larghezze. Né il contrasto è dannoso, perché giova alla scoperta del punto critico, per il quale si opera il trapasso dal bene al male sociale.

[…] Liberali e socialisti sono dunque concordi nell’affermare che lo Stato deve intervenire, come in tante altre cose, nelle faccende economiche; né può lasciare gli uomini liberi di agire a loro posta, fuor di un qualunque regolamento statale.

In che cosa stia il contrasto proprio delle due specie di uomini, liberali e socialisti, pur concordi sulla necessità dell’intervento dello Stato, non è agevole dire; ma, dovendo pur fare il tentativo, dico che l’uomo liberale vuole porre le norme, osservando le quali risparmiatori, proprietari, imprenditori, lavoratori possono liberamente operare laddove l’uomo socialista vuole sovratutto dare un indirizzo, una direttiva all’opera dei risparmiatori, proprietari, imprenditori e lavoratori anzidetti. Il liberale pone la cornice, traccia i limiti dell’operare economico; il socialista indica od ordina le maniere dell’operare.6/7

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