Bollette luce e gas, come scegliere tra pubblico e privato

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Il mercato libero favorisce aziende e grandi consumi.

Le tariffe garantite dall'Authority consentono agli utenti benefici economici fino al 5%

Le bollette di luce e gas:  ecco cosa conviene di più

Sulla carta, i vantaggi del mercato non si discutono. Più concorrenza significa maggiore efficienza, prezzi competitivi e, soprattutto libertà di scelta per il consumatore. Non tutte le ciambelle, però, vengono col buco. E in Italia quando si parla di liberalizzazioni il fenomeno si verifica con una certa frequenza.

È il caso dell’energia elettrica, dove i benefici dell’abolizione dei monopoli stentano ancora a decollare. Eppure, di anni ne sono passati. Per il gas i clienti italiani hanno la possibilità di scegliere liberamente il proprio fornitore addirittura dal primo gennaio 2003. Qualche anno dopo, nel 2007, la stessa possibilità è stata offerta anche per l’energia elettrica.

Attualmente nel settore del gas su un totale di 21 milioni di clienti oltre 17 milioni sono rimasti nel mercato tutelato con le tariffe stabilite dal regolatore (di cui 16,3 milioni di utenti domestici), mentre 3,8 milioni hanno scelto il mercato libero (di cui 3 milioni di utenti domestici). Nell’elettricità, invece, su 36,6 milioni di clienti 27,8 milioni sono ancora allacciati al servizio di maggior tutela (di cui 23,1 milioni di utenti domestici), mentre 8,6 milioni sono passati alle tariffe libere (di cui 5,7 milioni di utenti domestici).

Malgrado gli anni e la pioggia di proposte commerciali che ha sommerso i consumatori, però, i risultati sul fronte dei prezzi ancora non sono così evidenti. Anzi. Lo sono così poco che nel luglio dello scorso anno l’Autorità per l’energia e il gas ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva sul mercato libero e sulle condizioni di vendita al dettaglio allo scopo di «verificare l’effettiva esistenza di un più alto livello di prezzi nel mercato libero e di identificarne le cause sottostanti». I risultati dei controlli ancora non sono noti, ma stando alle ultime rilevazioni diffuse dall’authority il problema sembra tutt’altro che risolto.

I numeri snocciolati dal presidente Guido Bortoni in occasione della relazione annuale presentata lo scorso giugno parlano chiaro. Sulla base di dati ancora provvisori raccolti dall’Autorità, nel 2012 il prezzo medio per l’approvvigionamento di energia elettrica è risultato di 113,06 euro per MWh. Ebbene, quello del servizio di maggior tutela si è invece attestato sui 107,93 euro. Come è possibile? L’authority ipotizza che alla base del fenomeno ci sia principalmente una scarsa consapevolezza dei consumatori. Ma è pronta anche ad ammettere che il confronto potrebbe non essere sempre così semplice e scientifico. «Vale la pena rilevare», si legge nella relazione annuale, «che le offerte sul mercato libero sono articolate e comprendono spesso servizi accessori (per esempio, polizze assicurative o strumenti per l’efficienza energetica) e/o sono caratterizzate da strutture di prezzo, come quelle a prezzo fisso, che comportano meccanismi di aggiornamento dei prezzi relativi all’approvigionamento diversi da quello della maggior tutela, che avviene con cadenza trimestrale».

Resta il fatto che il prezzo medio calcolato sulle stesse componenti è indubitabilmente più alto. Pur tenendo conto di tutti i possibili discostamenti dovuti alla difficoltà della rilevazioni, che potrebbero modificare un po’ i risultati, la sostanza sembra chiara: complessivamente sul mercato delle forniture di energia elettrica la scelta del mercato libero non ha portato vantaggi significativi sulle bollette dei consumatori.

Anche sul gas la musica cambia poco. La media sembrerebbe, questa volta, dar ragione alla concorrenza. I clienti del servizio tutelato, infatti, nel 2012 hanno pagato in media 57,68 centesimi a metro cubo. Mentre quelli che hanno scelto il mercato libero si sarebbero limitati a sborsare 40,69 centesimi. Non solo. Il differenziale (17 centesimi) è addirittura aumentato, di circa 1,5 centesimi, rispetto allo scarto registrato dall’autorità l’anno precedente. Il problema, come si legge nella relazione annuale, è che «il differenziale risente della ripartizione dei volumi di vendita all’interno di ciascuno dei due mercati tra le diverse classi di consumo». E nel gas la tipologia di cliente si fa sentire molto sul prezzo finale. Le aziende che sono, ad esempio, allacciate direttamente alla rete di trasporto non pagano le componenti di distribuzione e stoccaggio. Ma anche gli altri grandi consumatori usufruiscono comunque di un sistema di prezzi più flessibile che segue l’andamento dei mercati internazionali e di riduzioni dei costi fissi unitari previsti per gli elevati volumi che possono consentire forme sensibili di risparmio. Il risultato è che all’interno di quel costo medio che sembra favorire il mercato libero ci sono realtà ben diverse. Per essere chiari, se al di sopra dei 50mila metri cubi di consumo all’anno la concorrenza batte sempre le tariffe regolate, al di sotto di tale soglia (la maggior parte degli utenti domestici è al di sotto dei 5mila metri cubi) il rapporto si ribalta. Per i clienti che consumano meno di 5mila metri cubi il prezzo del servizio di tutela è di 60,09 centesimi, mentre quello del mercato è di 61,80. E per chi consuma tra 5mila e 50mila metri cubi l’anno le cifre sono rispettivamente 48,21 e 51,57. Chi con il mercato ci perde sempre, e sarebbe curioso sapere perché, sono i condomini, che in tutte le classi di consumo pagano tariffe più basse con il servizio di tutela.

di Sandro Iacometti, Libero 25/7