Il mistero di Vendola, dei soldi della bonifica

Categoria: Firme

e del freno tirato sull’Ilva

La regione ha “informatizzato” le procure quando poteva risanare il quartiere più inquinato di Taranto. Aia e altre scelte

La notizia è stata pubblicata sull’Espresso in edicola, un settimanale di solito non critico nei confronti del presidente della regione Puglia, Nichi Vendola. Il titolo non è molto esplicito (“Ilva, la bonifica dispersa - Ben 50 milioni pronti per risanare il quartiere più esposto. Mai spesi. E dirottati in altre opere, incluso il restauro degli organi delle chiese”), il nucleo è infatti a riga sessantanove dell’articolo firmato da Camilla Conti: “Con una delibera del 2 ottobre 2007 l’intervento del progetto di risanamento del quartiere (Tamburi, ndr) viene annullato e le risorse dirottate su programmi già approvati. Quali? Dai piani strategici delle università ai distretti tecnologici, dalle attività culturali a interventi per la difesa del suolo passando anche per l’ultilizzo di almeno 500 mila euro per ‘la manutenzione e la conservazione degli organi antichi’ delle chiese. Altri 2,5 milioni vengono infine stanziati per ‘estendere alle procure pugliesi il prototipo del supporto informatico sperimentale’”. La decisione è stata presa dal governatore pugliese, Nichi Vendola, capo di Sinistra ecologia e libertà, con una delibera. Si parla di 49,4 milioni stanziati dal Cipe nel 2002 che non sono mai stati spesi dal comune di Taranto per errori nell’assegnazione dell’appalto di bonifica a Tamburi, quartiere adiacente all’Ilva; l’acciaieria più grande d’Europa posta sotto sequestro un anno fa dalla procura di Taranto con l’inchiesta “Ambiente svenduto” che si chiuderà ufficialmente a settembre (ieri, decaduti i termini di custodia cautelare, sono stati scarcerati i proprietari storici, Emilio e Nicola Riva).

Il “quartiere dei veleni” per un’ordinanza comunale è precluso al gioco in strada dei bambini: girano nell’aria polveri di berillio e antimonio (metalli considerati tossici; che siano cancerosi è da dimostrare). Siccome il comune ha traccheggiato, i soldi per la bonifica rischiavano di andare persi. E’ allora intervenuto Vendola nel 2007, nel frattempo eletto presidente di regione, spalmandoli su vari progetti. Tutti diversi dal risanamento di Tamburi cui erano stati destinati dal precedente governatore Raffaele Fitto nel 2003. Il 3 per cento di quei 49 milioni è finito ai tribunali ingolfati.

L’informatizzazione consiste nel trasferire dalla carta ai file i fascicoli dei pm e delle sentenze per rendere più snella da gestire una giustizia (penale) pachidermica. Finora sono state “portate a termine”, dicono dall’agenzia regionale che se ne occupa, InnovaPuglia, le digitalizzazioni dei tribunali di Lecce e di Bari (nel tribunale barese il governatore Vendola aveva dovuto affrontare, uscendone assolto, l’accusa di concorso in peculato, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico; accuse da lui sempre respinte). Mancano da svecchiare le procure di Taranto, Foggia, Trani e Brindisi, per cui si stanno definendo in questi giorni gli stanziamenti necessari, dicono sempre da InnovaPuglia.

Resta comunque una questione di priorità da parte di Vendola: prima le procure (e altro) o prima “i percorsi di risanamento del quartiere Tamburi” da lui più volte invocati? Vendola ora mantiene un atteggiamento ostruzionista (così lo descrivono anche dei colleghi) verso le azioni volte a modernizzare lo stabilimento dell’Ilva, sia quelle previste dal governo sia quelle prospettate dalla gestione commissariale di Enrico Bondi, persona che Vendola ha definito “Giano bifronte” per essere stato ad di Ilva e poi suo commissario su nomina governativa; difficile dire chi è il “bifronte” dopo le rivelazioni dell’Espresso. Vendola chiede, ad esempio, che venga reintegrata la figura di un garante per l’applicazione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) da affiancare al commissario Bondi. Il garante c’era. Era Vitaliano Esposito, un ex togato in pensione che nella sua esperienza all’Ilva si era limitato a comunicare le statistiche delle agenzie Arpa e Ispra agli inquirenti e ai cittadini, come ha detto in un’audizione alla commissione Industria del Senato. Il costo del suo lavoro di “informatore” è di 200 mila euro. E sulla restaurazione di questa “figura di garanzia” e “inedita” (parole di Vendola) si discuterà in Senato lunedì quando dovrà essere licenziato il decreto Ilva destinato alla scadenza il 3 agosto. Per motivi di urgenza – se decade il decreto, lo stesso accade alla figura del commissario – la maggioranza ha ritirato gli emendamenti al testo approvato l’11 luglio dalla Camera. E’ probabile che Sel, Movimento 5 stelle e Lega invece presentino i loro che – senza chance d’approvazione – rischiano di rallentare l’iter. Verrà poi presentato un ordine del giorno dalla maggioranza per impegnare il governo a “rafforzare la figura del commissario”.

Intanto a Taranto procede il risanamento dell’Ilva dove sono state attuate 8 prescrizioni dell’Aia (assorbimento fumi, sistemi di aereazione, monitoraggio, eccetera) mentre altre 10 sono attualmente in corso. Lunedì dei tecnici Ilva voleranno in Corea del sud per studiare come lì si sono coperti i parchi minerari da dove si diffondono solitamente le polveri di metallo. Il risanamento del primo impianto siderurgico d’Europa, come chiesto anche dai giudici tarantini, è in corso d’opera. Adesso solo il Parlamento può frenarlo. Di nuovo.

Redazione de il Foglio, 27/7