Perché media e analisti tedeschi ora

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si felicitano per la “ripresina” italiana

Gli osservatori di Berlino d’accordo con il governo Letta: la svolta del pil c’è. Tra studi economici e risvolti elettorali

La recessione è finita. Dopo l’annuncio ottimistico del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e dopo che ieri il Senato ha approvato il decreto del Fare contenente misure sviluppiste che adesso torneranno alla Camera per l’approvazione finale, anche in Germania si moltiplicano le voci che spargono ottimismo sul futuro della nostra economia. E’ in particolare il quotidiano conservatore Welt, nell’edizione di martedì scorso, a riprendere quei segnali positivi che lasciano ipotizzare che l’Italia si stia per lasciare la crisi alle spalle. In un primo articolo (“L’Italia sogna di nuovo la crescita economica”), il corrispondente da Milano, Tobias Bayer, parte proprio dagli annunci governativi dei giorni scorsi per descrivere la ripresa che starebbe per materializzarsi: “Dopo mesi passati a chiacchierare di spread, gli italiani tornano a parlare di crescita”, scrive Bayer, mettendo poi in fila i dati confortanti che dovrebbero indurci a sperare. Da aprile a giugno il pil italiano, secondo l’Istat, è calato per l’ottavo trimestre consecutivo. “Ma con un calo di solo lo 0,2 per cento, il dato non è così grave come ci si sarebbe potuti aspettare”. Inizialmente si parlava infatti di un meno 0,4 per cento. Tanto più che “la produzione industriale è cresciuta a giugno dello 0,3 per cento per il secondo mese consecutivo e l’indice dei direttori d’acquisto dopo quattordici mesi ha incominciato a risalire”.

Anche alcuni economisti tedeschi sembrano convinti che l’Italia stia abbandonando le secche della recessione. “Il peggio dovrebbe essere passato”, dice sempre alla Welt Christian Schulz, economista della Berenberg Bank: “Nel terzo e quarto trimestre l’Italia dovrebbe tornare a crescere, trainata in particolare dall’export”. Senza contare che i consumi starebbero pian piano ripartendo (viene citato il recente sondaggio Confesercenti/Swg sulla fiducia dei consumatori) e i crediti in sofferenza nella pancia delle banche sembrerebbero diminuire (la fonte sono le recenti dichiarazioni di Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit). La conferma di tutto ciò verrebbe poi dall’andamento dello spread, in discesa nelle ultime settimane.

Perfino la sempre critica Commerzbank, in una nota di luglio, sosteneva che “l’economia in alcuni paesi della periferia si è effettivamente stabilizzata”. Ai media tedeschi, in particolare quelli più vicini al modo di ragionare della cancelliera, le notizie di una presunta ripresa italiana o, comunque, di una fine della caduta verticale dell’economia, fanno comodo. A poche settimane dalle elezioni di settembre, raccontare come l’Italia veda finalmente la luce in fondo al tunnel è una maniera come un’altra per ribadire che la ricetta merkeliana di rigore e riforme è giusta ed efficace e che da essa non si può prescindere.

Un editoriale di Thomas Exner, apparso sempre sulla Welt martedì, prende infatti spunto dalla fine della recessione italiana per lodare l’austerity voluta dalla cancelliera: “Proprio nel momento in cui in Europa nessuno sembrava più credere al successo del mix tra sforzi di risparmio e riforme strutturali voluto dalla Germania, ecco farsi largo i primi frutti di questo doloroso processo”. Una frase secca, che pare una risposta alle critiche provenienti dai tecnici del Fondo monetario internazionale, che, in un report pubblicato due giorni fa, accusavano la Repubblica federale di aver esagerato con l’austerità, anche a casa propria, invitando il (prossimo) governo tedesco a rilanciare con maggiore impegno la domanda interna. Che il merito della stabilizzazione nella periferia del Continente sia da addebitare alle scelte fatte dalla Germania in politica europea lo crede anche Jürgen Matthes, economista dell’Institut der deutschen Wirtschaft (Iw) di Colonia, che al Foglio dice: “Siamo convinti che la strategia che si compone di riforme strutturali e di un moderato ma coerente consolidamento fiscale sia giusta. Non è quindi sorprendente se i frutti di una tale fatica non si vedono subito. La ricerca accademica e l’esperienza di altri paesi mostrano che i successi arrivano solo nel medio termine. Siamo fiduciosi che il medio termine stia ora lentamente arrivando”. Prima delle elezioni italiane dello scorso febbraio, l’istituto, finanziato dalla confederazione delle imprese metalmeccaniche, aveva pubblicato un breve studio le cui conclusioni erano queste: “Le riforme varate dal governo Monti non hanno ancora sortito effetti vista la crisi congiunturale, ma nel medio periodo la fiducia dovrebbe tornare e con essa anche la crescita”.

I dubbi sulla stabilizzazione comunque rimangono, visto che, come riportato dalla stessa Welt, sono ancora molti gli indicatori che inducono gli osservatori internazionali alla sfiducia. Due in particolare destano preoccupazione nei tedeschi: il caos politico che potrebbe essere causato dalla condanna definitiva di Silvio Berlusconi, definito “fattore di instabilità”, l’elevata disoccupazione giovanile e la situazione dei conti pubblici. Come calcolato tempo fa dal centro studi di Commerzbank, nel 2013 l’Italia non riuscirà probabilmente a rispettare il limite del deficit al 3 per cento in rapporto al pil. Per quanto riguarda l’anno prossimo dipenderà, osservano i tedeschi, dalle misure della manovra finanziaria d’autunno, ossia se si troveranno le risorse per abolire l’Imu sulla prima casa e rinviare l’aumento dell’Iva.

© - FOGLIO QUOTIDIANOdi Giovanni Boggero.8/8