L’ANTICA DEMOCRISTIANERIA PIDDINA –

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FUORI GIOCO GLI EX-PCI  LA TRUPPA LETTIANA STRIZZA

L’OCCHIO A RENZI: OK MATTEO SEGRETARIO, MA SOLO SE SOSTIENE IL GOVERNO –

Nel Pd crescono i timori di una crisi e non si dà per scontato nemmeno il “bis” di Letta – Se il governo cadesse per mano del Pdl, ci sarebbero interessi coincidenti ad andare al voto subito (il congresso Pd verrebbe rinviato) – Gli ex Ds si compatterebbero sulla candidatura a premier di Renzi (e si terrebbero il partito)… - -

Carlo Bertini per "La Stampa", 6/9

Sarà pur vero che «alla base dell'accelerazione di Dario su Renzi c'è la volontà di avvertire il Pdl di stare attenti a rincorrere troppo le urne», come va predicando alla Camera il fedelissimo di Franceschini, Antonello Giacomelli. Fatto sta che a questa accelerazione certo non corrisponde un analogo rompete le righe del premier, che non intende strappare la tela costruita negli anni con Bersani e co.

E se nel Pd gira voce che Letta è preoccupato, ma non impaurito dalle minacce perché al Senato si sta già lavorando ad una maggioranza per un suo «bis», forse non è un caso che i suoi uomini siano prudenti sul congresso, che non deve diventare un'altra mina per la stabilità: «Certo non potremmo sostenere Cuperlo, da cui ci separa una distanza in termini di contenuti», ammettono.

Ma la linea di Letta sarà quella di non schierarsi per provare a restare «un fattore di coesione del Pd» senza sposare «battaglie divisive e laceranti». Casomai, una delle condizioni per un eventuale sostegno della truppa lettiana al rottamatore sarà il suo grado di difesa del governo, segno che il premier ancora confida che andrà avanti. «Perché è chiaro che se Renzi impostasse la sua battaglia congressuale contro l'esecutivo, non potremmo appoggiarlo...», spiega Marco Meloni, che del pensiero di Letta è uno dei più fedeli interpreti. Ragionamenti, svolti in privato nelle riunioni tra i lettiani, che non devono certo suonare come una novità alle orecchie del sindaco di Firenze. Il quale è consapevole che se si dovesse arrivare invece alle urne in fretta e furia potrebbe trovarsi Enrico come rivale alle primarie per la premiership. Ma non intende dare la sensazione di voler accelerare i tempi, anche per non dare alibi ai suoi detrattori per rinviare il congresso. E quindi quella battuta di Renzi, «il governo non cade e ora va bene così» può essere un ramoscello d'Ulivo al premier e un avviso ai naviganti.

Tanto più che di nuovo nel partito si litiga sulle modalità del congresso. Un assaggio si è avuto ieri in segreteria, riunita sui nodi del governo e del partito: quando il braccio destro di Renzi, Luca Lotti, ha fatto capire ad Epifani che non c'è nessun accordo, come qualcuno pensava, per far votare i nuovi segretari regionali in separata sede e in tempi diversi dalle primarie nazionali.

Dietro i tecnicismi c'è un nodo tutto politico, il tentativo di non consegnare tutto il partito al rottamatore. «Perché se uno di noi si presenta in una tornata scollegata dai gazebo nazionali e nel suo territorio è popolare, magari potrà ancora contare sul sostegno di tutte le correnti, perfino dei renziani. Se invece si presenta collegato a Cuperlo lo voteranno solo gli amici e perderebbe», spiega uno dei segretari uscenti di area ex Ds.

Quindi a un Bersani che assicura che fosse per lui il congresso lo farebbe anche domani, fanno sponda i suoi uomini, che in tandem con gli altri ex diessini si preparano a incrociare le spade con i renziani: per arrivare ad un accordo utile entro il 20 settembre quando l'assemblea nazionale dovrà convocare le assise. E a un Bersani che ancora non si schiera fanno sponda i suoi giovani leoni Zoggia, Fassina e Stumpo, che puntano su Cuperlo. Mentre è significativo che un leone d'altri tempi come Antonio Bassolino, ex diessino, dica che «Renzi ha una marcia in più per far vincere il Pd».

Ma nel partito, dove i timori di una crisi crescono di ora in ora, si discetta sulle variabili, senza dare per scontato che vi sarà un fronte compatto a favore di un «bis» di Letta.

Se il governo cadesse per mano del Pdl, ci sarebbero infatti molti interessi coincidenti per andare al voto subito, primo dei quali che il congresso verrebbe di fatto rinviato. «Non c'è dubbio - ammette un ex Ds - che a noi converrebbe sostenere compatti Renzi alle urne a patto che lasci perdere il partito».