Ormai ci sono 2 partiti: De Benedetti tifa per la crisi (e Renzi),
il Colle lavora per la stabilità
Di sicuro c’è che lunedì 9 settembre, nella giunta per le immunità al Senato riunita sul caso Berlusconi, non accadrà assolutamente nulla. È questa la sensazione dei membri che dovranno votare prima o poi per la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Il punto è «il poi», quando si arriverà a decidere - in quanto tempo soprattutto - e quali saranno le conseguenze del voto dei 23 membri a quel punto sul governo Letta. E in questo spazio temporale, prima della decisione finale, variabile dalle due alle tre settimane (si parla della fine di settembre ndr), potrebbe succedere di tutto...
Perché in fin dei conti la trattativa tra il cosiddetto «partito della crisi» e quello della «responsabilità» va avanti. E pesa tutta sulle spalle del centrosinistra. Con non poche sorprese. Ad esempio Luciano Violante, democratico, tra i protagonisti della trattativa, filo diretto con il Quirinale, alla Festa del Pd a Genova ha detto chiaro e tondo che il ricorso alla Corte di Strasburgo da parte dei legali di Silvio Berlusconi «non è ammissibile». È un segnale che se in questo fine settimana sembravano volare più le colombe, ora sono invece i falchi a farla da padrone (forse).
Una senatore democratico, a microfoni spenti, tratteggia così lo scenario. «Ormai si parla solo di Berlusconi. Il punto è che esistono due nuovi fronti politici in Italia al momento. Il primo, quello che vuole la crisi, conta fra i sostenitori la corazzata Repubblica di Carlo De Benedetti che vuole lanciare Renzi; chi vuole monetizzare il consenso in vista del congresso del Pd e i falchi del Popolo della Libertà. Dall’altra parte c’è invece Giorgio Napolitano insieme con Enrico Letta che spingono per tenere in vita il governo», esibendo di continuo il totem della stabilità per evitare ricadute drammatiche al paese. Il premier è stato chiaro a Cernobbio: «Non voglio galleggiare» In questo campo di battaglia, quindi, si giocano le possibilità di sopravvivenza politica del Cavaliere.
Non a caso c’è un motivo se in queste settimane gli esponenti del Pdl hanno continuato a chiedere al Partito Democratico di «approfondire la posizione di Silvio Berlusconi nella giunta per le immunità del Senato». È un concetto che Angelino Alfano, vicepremier, ha ribadito anche al Workshop Ambrosetti di Cernobbio, dopo aver trascorso la giornata insieme con il premier Letta. Del resto, approfondire significa prendere tempo, ma forse pure «demandare» la decisione sulla Legge Severino a organi «terzi», come per esempio la Corte Costituzionale.
Il «pallottoliere», al momento, è contro il leader del Pdl: 14 i senatori che si sono già detti favorevoli alla decadenza in base alle norme della legge Severino, mentre sarebbero 8 quelli pronti a dar battaglia. In ogni caso il pronunciamento non avverrà domani, quando sarà semplicemente «incardinato» il caso in Giunta.
Favorevoli alla decadenza di Berlusconi sono gli 8 senatori del Pd (Stefania Pezzopane, Isabella De Monte, Felice Casson, Giuseppe Cucca, Rosanna Filippin, Doris Lo Moro, Claudio Moscardelli, Giorgio Pagliari), i 4 di M5S (Maurizio Buccarella, Vito Crimi, Serenella Fucksia, Mario Giarrusso), nonchè Benedetto Della Vedova, di Scelta Civica, e Dario Stefano, di Sel, il presidente della Giunta.
A questi si oppongono quanti hanno già preannunciato di essere contro la decadenza del Cavaliere: ai sei parlamentari del Pdl (Giacomo Caliendo, Elisabetta Alberti Casellati, Andrea Augello, Nico D'Ascola, Carlo Giovanardi, Lucio Malan), vanno aggiunti la leghista Erika Stefani e Mario Ferrara, già di Forza Italia ed oggi capogruppo del Gal (Grandi autonomie e Libertà), gruppo che raccoglie i partiti minori del centrodestra
Domani ci sarà la relazione di Augello. Poi ogni membro prenderà la parola. Quindi si dovrà votare la relazione che potrebbe essere bocciata e quindi, di conseguenza, dovrà essere votato un altro relatore. Così dovrebbe passare la prima settimana, mentre nelle successive si dovrebbe alla fine arrivare al voto. Non si sa ancora in quanto tempo e come ci si arriverà. Nel momento in cui la decadenza dovesse essere approvata, entro 30 giorni sarà inviato tutto a palazzo Madama per il voto dell'aula.
La senatrice della Lega Nord Erika Stefani lo spiega così: «Dobbiamo leggere le carte, tra cui anche i pareri. Penso che da domani incominci un approfondimento molto importante dal punto di vista giuridico: tutti gli esponenti della giunta sono preparati». E poi aggiunge: «Non è detto che la giunta possa alla fine chiedere un parere alla Corte Costituzionale». Parole in controtendenza con quelle di Felice Casson, senatore del Pd, che in un’intervista alla Stampa, invece ha escluso possibili ritardi dovuti al ricorso di Strasburgo.
Ma il punto è il Partito Democratico. I membri del Pd sono certi e tranquilli di quello che vogliono fare, ma il «partito della responsabilità» continua a spingere per trovare il modo di non far precipitare le cose. E c'è chi alla fine ricorda che a Berlusconi «questa perdita di tempo» serve soprattutto per i ricorsi e per le pene accessorie che devono essere ricalcolate dal tribunale. Insomma, un gioco a incastri che potrebbe tirare per le lunghe, rendendo settembre il mese più caldo del governo Letta.
Alessandro Da Rold, Linkiesta, 8/9