Pagheremo caro, pagheremo tutto. Senza l’argine

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del Cav., zitto zitto Letta suona la carica delle tasse

Dopo l’aumento di un punto percentuale dell’Iva, ora appare pressoché certo che il contribuente dovrà pagare la seconda rata dell’Imu sulla prima casa. La riduzione delle spese viene invece rinviata in attesa che il super tecnico Sergio Cottarelli, fino a ieri responsabile Fisco del Fondo monetario internazionale, effettui una nuova spending review, dal momento che né questo né i precedenti governi sono riusciti nell’intento con efficacia. La politica governativa sembra tutta sbilanciata sulle imposte: saranno aumentate alcune accise come quella sui carburanti, utilizzando una proposta di Renato Brunetta, suggerita, in un ventaglio di soluzioni, per scongiurare l’aumento d’Iva. Morale: l’Iva è aumentata, le tasse restano. E per di più il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, propone un recupero parziale della prima rata dell’Imu sui “più abbienti”; una specie di patrimoniale.

Il governo, dunque, nel giro di pochi giorni, ha fatto il pieno di aumenti fiscali e appare propenso a farne altri. Venuta meno la pressione di Silvio Berlusconi per una svolta fondata sulla riduzione complessiva del carico fiscale e su una politica attiva per la crescita, ora l’esecutivo sta costruendo la legge di stabilità per il prossimo triennio mediante la soluzione tradizionale della Prima Repubblica: aumentare le tasse per finanziare le spese dello stato. Al di là delle ideologie, che sono scomparse, è la linea di minor resistenza, per un governo debole, privo di una propria politica di medio termine, che ha bisogno di accontentare tutti i gruppi di pressione. Come la Confindustria e la Cgil che pretendono la riduzione del cuneo fiscale e chiedono più tutele e benefici cercando di conservare i privilegi già ottenuti.

Letta, in buona sostanza, ha lasciato la politica fiscale alla mercé delle corporazioni, preoccupate degli interessi bottegai e non di quelli generali. Ma lo scopo della coalizione politica fra Pd, Pdl e centro guidata da Letta, con Angelino Alfano suo vice, doveva essere quello opposto: si trattava di riunire le forze per cambiare metodo e fare coraggiose riforme. Ora questi obiettivi sono venuti meno. La ragione sociale della ditta è cambiata, anche se formalmente ciò non sembra. Ciò dipende dal fatto che gli equilibri tra forze politiche che compongono la coalizione governativa sono mutati: il leader del Pdl, Berlusconi, primo fautore delle larghe intese, sta subendo l’impeachment e le sue idee innovatrici sono fuori dal gioco. La tesi per cui la vicenda giudiziaria del Cav. andrebbe tenuta separata dalle sorti e dalle scelte di governo, era pretestuosa. Berlusconi in realtà era un tappo che conteneva i tassatori. In definitiva il conto di questa politica miope lo pagheranno gli italiani. Il Foglio 5/10