"Ergastolo per il primario che mutilava i malati"

Categoria: Firme

accusati  di 4 omicidi e di aver infierito sui pazienti terminali

Enrico Lagattolla - Gio, 13/03/2014 - 07:40, Il Giornale

Milano - Lo ripete quattro volte, il pm Grazia Pradella. Lo ripete per ogni singolo caso di omicidio contestato all'imputato.

«Pier Paolo Brega Massone voleva effettuare l'intervento a qualsiasi costo, qualunque rischio comportasse per il paziente. I chirurghi hanno accettato il rischio che il paziente morisse». E rincara la dose, poco prima di commuoversi ricordando il padre, anche lui medico. Brega Massone, non ha esitato «per soldi» a eseguire interventi inutili «con mutilazioni» nemmeno di fronte a dei «malati terminali», dimostrando di non possedere «il senso dell'umana pietà». Così, al termine di una lunga e durissima requisitoria, la pubblica accusa formula la richiesta di condanna nel processo-bis contro l'ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita, arrestato nel 2008: ergastolo e due anni e mezzo di isolamento diurno per omicidio aggravato dalla crudeltà di quattro pazienti della casa di cura, operati per ottenere i rimborsi dal sistema sanitario nazionale, oltre a 45 casi di lesioni. E poco meglio è andata ai suoi vice: ergastolo con un anno di isolamento diurno per Fabio Presicci, e 18 anni per Marco Pansera. Pene tra un anno e due mesi e i due anni, infine, per l'équipe di anestisiti e infermiere.

Un requisitoria che ha ripercorso la storia clinica delle quattro persone morte alla Santa Rita: Antonio Schiavo, 85anni; Giuseppina Vailati, 82; Maria Luisa Scocchetti, 65; Gustavo Dalto, 89. Uccise, secondo la Procura, dalla spregiudicatezza del primario e dei suoi assistenti. Vittime di un'«aggressione chirurgica di sconsiderata pervicacia e totale assenza di una finalità terapeutica». «Ci troviamo di fronte a situazioni di eccezionale gravità - dice ancora Pradella - e altrettanto forte deve essere la risposta giudiziaria, perché sono reati che non hanno nulla di diverso da quelli comuni». A Brega, già condannato a 15 anni per 80 casi di lesioni e che si è sempre difeso sostenendo di avere operato secondo i dettami della comunità scientifica e secondo coscienza, il pm ribatte con severità: «La sua coscienza non è né la nostra di comuni cittadini, né quella dei medici comuni».

È un profilo criminale, quello tratteggiato dal pm. Brega Massone, ex giovane primario di successo sulla cresta dell'onda, insensibile alle sofferenze dei suoi pazienti, cieco di fronte al dolore familiari dei morti. «Nel corso di quasi un anno di intercettazioni - continua la requisitoria -, coi colleghi, con gli amici, con la moglie mai ho sentito da parte sua una parola di commiserazione per le persone ma solo un richiamo costante, quasi ossessivo alle proprie convinzioni di abilità come chirurgo, che giunge a farlo sentire vittima di un complotto e dell'invidia perché era diventato primario a 40 anni». Nel suo linguaggio al telefono, mostra «disprezzo» per i pazienti e la sua «è un'incessante attività per riempire le sale operatorie» in base all'«equazione tra pezzo anatomico di paziente e rimborso». E nemmeno nell'aula del tribunale in cui si è presentato da imputato, «da parte di Brega Massone non si è sentita nessuna reale parola di commiserazione per i pazienti».

E tutto questo per i soldi. I soldi dei rimborsi pubblici che piovevano sulla clinica a ogni intervento. Il conto la fa ancora una volta il pubblico ministero. «Brega Massone ha fatto fatturare tre milioni di euro alla Santa Rita e ne ha presi 300mila in percentuale, checché ne dica il suo commercialista». Ora starà ai legali dell'ex medico provare a smontare l'accusa. Evitando così il carcere a vita per il giovane medico che si autodefiniva «l'Arsenio Lupin della chirurgia».