Smorza Italia. Se Bondi si sia fatto sfuggire, o no,

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il pensiero remoto del Cav. renziano

Breve viaggio nel partito berlusconiano seppellito da un’improvvida letterina di Bondi. “Mettiamo che abbia ragione”

Dice Paolo Romani: “Mettiamo che Bondi abbia ragione. Mettiamo che davvero Berlusconi voglia prenderci tutti a calci nel sedere, tutti noi che siamo dentro Forza Italia, per sostituirci con dei piccoli cloni di Renzi”. Mettiamo. “Ecco. La premessa è che Berlusconi prima o poi si scoccerebbe pure dei cloni di Renzi, perché lui è fatto così. Ma comunque sia, ammesso che sia vero quello che dice Sandro, la domanda è una sola: ma le pare che uno va a scriverlo in un letterina alla Stampa alla vigilia delle elezioni?”. E insomma Sandro Bondi, ex coordinatore del Pdl ed ex ministro di Silvio Berlusconi, scrive una lettera pubblica per dire che “Forza Italia ha fallito e bisogna sostenere Matteo Renzi”, e nel partito del Cavaliere si alternano riflessi d’ironia a repentini rabbuiamenti, sorrisi a sospiri, smorfie ad ammiccamenti. Alessandra Mussolini vorrebbe il mite Bondi subito fuori dal partito, ma un solo terribile sospetto vaga nello sguardo di tutti, una medesima ubbia solitaria tortura il cuore di ciascun vassallo del Castello: ma non è che Bondi dice ciò che il Cavaliere pensa? E d’altra parte, lo sanno tutti, è dai tempi delle primarie del Pd che Berlusconi tifa per Renzi. “Altro che”, sorride Fabrizio Cicchitto, con l’aria di chi la sa lunga, lui che ha vissuto a corte e dunque conosce a memoria quell’intreccio esuberante di commedia che è la vita nei partiti guidati dal Cavaliere. “Se Berlusconi è raffreddato, Bondi tossisce. Se Berlusconi gli dice sali al quinto piano e buttati dalla finestra, lui sale al sesto. La verità è che Berlusconi odia i partiti. E odia soprattutto il suo. Per questo vuole sempre cambiarlo. Un giorno ci disse che Forza Italia s’era… ‘desacralizzata’. Allora ci fece fare il Pdl. Poi però si accorse che questo Pdl era persino peggio. E così è tornato a FI. Adesso si guarda intorno e vede che le facce sono sempre quelle. Sempre le stesse. E sbuffa. Si annoia. Forse li trova persino vecchi, anche se sono più giovani di lui. Dunque sogna di renzizzare, a tappe forzate”.

Insomma il Cavaliere sogna di renzizzarsi un po’, e le visioni in cinemascope che il suo cervello accumula di notte le distribuisce a piene mani durante il giorno come i confetti di nozze. “Così poi Bondi agisce con la spontaneità dell’ariete, una spontaneità che a volte lo trascina in situazioni impensabili”, sorride Osvaldo Napoli. “La verità di Bondi è che lui, in qualche modo, è rimasto comunista”, mormora Augusto Minzolini, con quel disagio che gli uomini non toccati dalla passione provano per i colpiti. “Anzi è leninista”, dice. “Per lui c’è solo il leader, solo Berlusconi, e tutti gli altri sono stracciaculi”. E Bondi, per il Cavaliere, è qualcosa di meno e di più d’un amico: una specie d’infedelissimo doppio. Perché, se per un verso Bondi ricalca certi scoppi d’umore e improvvise catatonie del Cavaliere, non c’è per il resto società che strida più della loro, fra lui, il Berlusconi ribaldo, e l’altro, sentimentoso, ligio al vizio solitario del poetare e trasognare. Così alla fine, Romani quasi ammette, con la bonaria ironia di chi vede chiaramente un problema per altri oscuro: “Diciamo che Sandro ha illuminato una piccola sfaccettatura nell’intero caleidoscopio delle verità del Cavaliere. Ma si sforza d’inseguire una possibilità romanzesca”. E Minzolini: “Va bene Renzi. Ma dobbiamo essere la locomotiva, non il rimorchio”.

E dunque nei corridoi di Forza Italia dicono che Bondi esagera, perché è uno di quegli spiriti sentimentali che rimpiangono il passato e vorrebbero fermare l’attimo fuggente. Insomma quel che Bondi dice lo pensa il Cavaliere, ma i cortigiani, allarmati dal renzismo che spira ad Arcore, si difendono spiegando che può capitare – persino a Berlusconi – di desiderare inconsciamente il peggio, per noia, per stanchezza, o per quel piacere acre che portano sempre le novità, anche se cattive. Chissà. “Berlusconi è solo, gli stanno mettendo un bavaglio giudiziario. E Renzi non è nostro amico”, ruggisce Daniela Santanchè. Gli adolescenti, i geni e gli incompresi sono “soli”, perché hanno ben altro a cui pensare che non al cortile di casa. Gli eroi dei poeti sono soli, costretti ad accamparsi sulle nuvole pur di sfuggire a predatori e molesti sodali. E in politica solitudine significa, comunque e sempre, mettersi controvento. Chi perde è solo. Non chi vince. A meno che – ma è dubitabile – la Pitonessa Santanchè non volesse parlare della solitudine di Francesco Giuseppe, l’imperatore che capiva e inseguiva con la mente i grandi cambiamenti epocali, la fine degli imperi e la nascita delle nazioni, e si fingeva pure sordo per non rispondere alle miserie dei suoi cortigiani.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Salvatore Merlo   –   @SalvatoreMerlo, 24 aprile 2014 - ore 06:59