Renzo Arbore: “Il comunismo è stato un bluff”

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Il noto showman per la prima volta svela il suo lato politico.

E poi racconta l’amore per Mariangela Melato, le liti con Gianni Boncompagni, gli scherzi con De Crescenzo, e le celebri “catalanate”

di Francesco Sala Il Giornale 11.9.2014

Cognome Arbore, nome Giovanni Lorenzo. Disc-jockey, autore, regista, sceneggiatore, attore, showman, clarinettista. In una parola: artista. La sua casa romana è una specie di Vittoriale Pop, traboccante di ninnoli, carillon che suonano, foto epiche con dediche, libri, vinili; è luminosa e colorata come lui. Abbiamo parlato di tutto: musica, improvvisazione, televisione, poesia, donne, arte e orto: “Come sono difficili le melanzane, vanno aiutate a crescere. I pomodori invece danno molte soddisfazioni”. Abbiamo mantenuto il “lei” istituzionale a fatica.

Chi è un artista?

Secondo me l’artista ha un tassello in più dello scienziato, che è già il massimo della scala. Il vero artista è un signore fuori ordinanza. Ha un vantaggio rispetto agli altri mestieri: non è razionale. L’artista sfugge alle regole. Fontana fa uno squarcio sulla tela ed è artista come Modugno che canta Lu pisci spada. E siccome siamo in un’epoca di rottamazione voglio dire: l’artista è longevo! Quando sento: “Questo lo rottamiamo, ha fatto il suo corso”, ebbene caro Renzi, Presidente del Consiglio, nel mondo artistico non esiste la rottamazione. Io ho imparato dagli artisti più vecchi di me: Roberto Murolo, Louis Armstrong, Totò, Charlie Parker, Ruggero Orlando. Erano tutti più vecchi di me e sono stati tutti miei maestri. Ancora oggi io guardo al passato. È un arricchimento spirituale, di sapienza, saggezza. In arte non esiste vecchiaia. Alcuni sono spenti e vabbè…

Il principale problema dell’artista è quello di essere accettato. Da figlio di un medico e di una casalinga, com’è nata a Foggia la sua passione per la musica?

Foggia è la città di Umberto Giordano. C’era una banda e tutto il pubblico, tutta la gente di Foggia era melomane. I negozi avevano l’altoparlante e si sentiva musica da tutte le parti. La città di Foggia nel’43 è stata severamente bombardata. Tutti i muratori che ricostruivano la città, cantavano. Io sentivo musica da tutte le parti. Mio padre era melomane, mia madre cantava le canzoni napoletane, mia sorella era soprano. Quando io ho sentito il Jazz ho capito che era molto più importante della canzonetta. Comprai una tromba, poi l’ho ceduta in cambio di un clarinetto. Frequentavo un circolo che si chiamava Tre Bis. Ti puoi immaginare il Tre Bis a Foggia! C’erano gli artisti della mia città. Io ho sempre pensato: “Voglio fare l’artista, non voglio essere un figlio di papà con l’Alfa Romeo”. Prima abbiamo fondato il Jazz College e poi la Taverna del Gufo, un Cabaret dove venivano scritturati Roberto Benigni, Massimo Troisi, Carlo Verdone, Enrico Montesano, Pippo Franco… io suonavo il clarinetto, facevo Dixieland.

È vero che è stato il primo a mettere i jeans a Foggia?

Sì. Io ero molto appassionato delle mode americane. Sono sempre stato filoamericano. Ero uno di quei ragazzini che chiedevano le gomme americane ai soldati alleati. Appena arrivati a Napoli, i jeans, li ho presi e portati a Foggia. Mio padre diceva: “Cosa sono questi, pantaloni da elettricista? Senza la piega!”

Suo padre non aveva tutti i torti. Lei canterà poi… Mannaggia a sti’ blue jeans!

Le lotte con i jeans stretti, molto più difficili da sfilare rispetto alle gonne per le ragazze.

Si ricorda il primo amore?

E certo. Non si scorda mai davvero. Mi ha fatto soffrire ed è giusto che sia così. Mi ha dato un carattere sentimentale, appassionato. Sono le emozioni che ti dà la vita. Guai a non avere avuto dolori. Sarei un pirla come molti credono che io sia… (ridiamo)

Nei testi delle canzoni napoletane ci sono molti amori non corrisposti. Un suo amore non corrisposto?

Ci sono stati amori non corrisposti con donne non famose. I testi delle canzoni napoletane poi, sono i testi più belli del mondo, più poetici del mondo. Soltanto in Messico ci sono testi altrettanto poetici. Le canzoni spagnole che conosciamo, non sono né spagnole, né cubane, sono messicane! Paloma, La storia di un amor, ecc… quando parlo con dei veri appassionati di canzoni napoletane, mi commuovo e mi delizio. Non si trovano giovani artisti che amano ancora la vera canzone napoletana. Chi canta oggi le canzoni napoletane antiche, d’autore anzi? Chi? Tra i giovani? Il discorso potrebbe riguardare l’intera canzone italiana. Io amo molto Francesco De Gregori, un vero poeta di ricordi, di emozioni. Oggi le canzoni le usano i giornalisti. Mi tocca leggere Scalfari che titola: Fatti più in là! Gaber, Endrigo, testi meravigliosi che andrebbero studiati a scuola.

È cambiata Napoli? Io sono romanticamente ancorato a De Filippo, ma c’è ancora la Napoli di Eduardo?

Napoli è cambiata, ma c’è ancora la Napoli che dici tu. Di Napoli si parla solo in senso negativo. C’è la borghesia napoletana che purtroppo è silente. La borghesia napoletana è ancora un’ottima borghesia: educata, elegante, frequenta i teatri, però prende le distanze dalla Napoli eduardiana, non ne parla. C’è stata una generazione -ne ho parlato con Raffaele La Capria – di grandi borghesi: Rosi, Patroni Griffi… un’altra generazione che si è opposta alla Napoli laurina, pittoresca, ecco che ha dominato una cultura egemone della controreazione. Egemonia, a Napoli specialmente, egemonia culturale dei comunisti!

Ancora dicono: “Non ci piace o’ presepe!”

Sì. Qualcuno ha pure detto che Eduardo era piccolo borghese, ma ti rendi conto? La Napoli per loro, per essere verace, deve essere quella della merda, della povertà, della periferia e della suburra. C’è, ma c’è anche Salvatore Di Giacomo! Ecco di Di Giacomo, questi qui, non ne vogliono sentir parlare.

Parliamo di donne se non le dispiace. Lei ha affinato negli anni, una tecnica di seduzione?

A parte gli amori grandi, di cui non voglio parlare perché mi commuovo, ho avuto dei grandi intervalli. Naturalmente venivo corteggiato da aspiranti modelle. Quando non c’era colloquio tra me e una bellissima ragazza fotomodella friulana, il mio amico Luciano De Crescenzo risolveva parlando lui e sfiniva quella poveretta friulana che non si interessava alle sue avventure di guerra. Io mi rendevo conto della noia di dovermi sciroppare i suoi racconti o i miei di repertorio.

De Crescenzo ha dichiarato: “Il sesso? Fatica tanta, piacere breve, la posizione è ridicola”.

(risata contagiosa) È vero. La posizione è ridicola. Con De Crescenzo abbiamo parlato molto di sesso…

La nostra testata si chiama OFF. Un racconto Off a riguardo?

Lo sai come ci siamo conosciuti con Luciano De Crescenzo? Avevamo una fidanzatina in comune. Una furbacchiona che manteneva i contatti tra me che stavo a Sorrento, e lui che stava a Napoli. Il bello è che non lo sapevamo! Lo scoprimmo dopo e diventammo amici! Cosa vuoi, con l’età si diventa più esigenti. Se c’è un incoraggiamento da parte loro, va bene… il feeling intellettuale però è importantissimo. La fotomodella friulana non va al cinema, a teatro, non legge, sport niente, musica o politica neanche a parlarne. Arrampicarsi per cercare una conversazione minima è triste. Con la fotomodella poi non c’è neanche la gastronomia. Non mangiano la parmigiana di melanzane… Io le friulane le adoro, intendiamoci, la mia bambinaia era friulana. La mia prima canzone era in friulano, ma la fotomodella no, perfavore!

La canzone Io faccio o’show a chi era dedicata?

A una ragazza con cui ho avuto un breve ma succoso amore. E veramente l’ho scritta in dieci minuti… con questa ragazza, della quale ero innamorato, andai a una festa di amici, e come succedeva sempre, usciva fuori una chitarra e si cantava e beveva. Questa ragazza a fine serata fa una sfuriata al mio migliore amico, mi rimprovera di aver fatto o’ show!

La mattina dopo chiamo Claudio Mattone e gli racconto tutto. Lui mi fa :” Vediamoci subito!” A casa mia in dieci minuti è uscita Io faccio o’ show! È autentica.

Come ha vissuto Renzo Arbore gli anni della contestazione del Sessantotto?

Dolorosamente. Avevo amici sessantottini. Io non condividevo. Ero stato a Berlino Est. Avevo visto la differenza. Le chiacchiere sul comunismo non mi convincevano per niente. Il comunismo è stato un bluff! Raccontavano palle! Gli artisti che arrivavano in Russia, in Unione Sovietica, raccontavano di repressione, censura. Io sono sempre partito dalla libertà. Sopra il mio letto c’è un ritratto di Abramo Lincoln. Confesso di essere a-comunista. Poi nel’68 ho sofferto molto per le morti di poliziotti e magistrati. Quando ho fatto Speciale per voi c’erano tutti i ragazzi divisi in categorie ideologiche di sinistra: i Sanbabilini…ecc, in tribù.

È una domanda che ho fatto anche a Boncompagni: come vedevano i dirigenti Rai le vostre improvvisazioni?

Bisognava dare il copione. Ad Alto gradimento lo abbiamo eliminato! Siamo riusciti a dire: “Noi il copione non lo possiamo fare!”. I funzionari non volevano, ma noi facevamo le cassette che poi mandavamo alla Siae.

È nata prima Domenica in o L’Altra domenica?

Ecco bravo. È nata prima L’Altra domenica. Domenica In è nata per contrastare il successo nostro. Hanno visto che c’era una trasmissione che intratteneva il pubblico, dalle due di pomeriggio alle otto, nella prima edizione io e Barendson con Sport e Spettacolo. Abbiamo litigato col Tg2 che si mangiava le nostre cose e abbiamo fatto la trasmissione dalle due alle cinque e mezza.

Come riconosce i suoi fan?

Dai capelli! Io per esempio, ti ho individuato subito, persino musicalmente. Vabbè tu sei un caso raro, perché a quarant’anni ami il Jazz, ma la tua generazione è dance music.

Io sono vintage.

E ho capito, sei anomalo. Ma quello di Bandiera Gialla ha settanta anni! Sono i D’Agostino quelli che si sono formati con Bandiera Gialla e che erano giovani. Tra i sostenitori avevo Renato Zero, la Bertè. Poi ci sono quelli di Alto Gradimento, quelli di DOC come te, quelli di Indietro tutta, vengono tutti ai miei concerti.

E i detrattori li hai individuati?

Alcuni intellettuali che ritengono che io sia frivolo come i programmi che ho fatto.

C’è un gruppetto di snob che mi identificano soprattutto con Quelli della notte e Indietro tutta che sono le trasmissioni di maggiore evasione. Non mi considerano. Qualcuno pensa che il mio amore per la canzone napoletana sia suggerito da un fatto commerciale, ma si astengono dal parlare in pubblico male di me, perché io sono “beniamino” e quindi ci rimettono. La mia era una missione.

Un altro episodio OFF della tua vita che ti commuove?

Ho scelto la canzone di Louis Armstrong per il Festival di Sanremo: Mi va di cantare. E quando Ravera mi portò nel suo camerino e disse: “Questo è il ragazzo che ha scelto la tua canzone”, Armstrong mi ha messo la mano sul cuore. Io ancora oggi non ne posso parlare… (Renzo prende un fazzoletto)

Poi Totò. Sono stato una giornata intera sotto la sua casa, il giorno che Totò è morto. Ero con la mia Cinquecento, ho fatto il giro del palazzo, del quartiere, ma non ho avuto il coraggio di vederlo, di salire. Il mio cruccio di tutta una vita: non ho avuto il coraggio di salire per dare l’ultimo saluto a Totò.

E Ruggero Orlando?

Con Ruggero eravamo amici. Ha fatto una scena nel mio Pap’occhio. Io ero timido, dovevo parlare alla radio e lui era il mio idolo di giornalismo televisivo. Con Ruggero ho superato la timidezza. All’epoca della contestazione, noi avevamo la passione per l’America e ci parlavamo all’orecchio: “Ruggé, ma tu hai capito questi che stanno dicendo?”

Federico Fellini?

A lui era piaciuto moltissimo Pap’occhio. Per il secondo film abbiamo litigato. Poi abbiamo fatto pace. Mi ha scritto una lettera bellissima. La fantasia di Fellini!

Nei suoi programmi il telespettatore è invitato a casa sua, alla sua festa, partecipando attivamente alle vostre goliardate. Non c’è separazione fra lo schermo e la vita reale. Sembra di stare con voi.

La parola goliardia va riletta. C’è la buona e la cattiva. In Quelli della notte era Jazz, totalmente improvvisata. Aveva la liturgia del jazz. Tema, tonalità, Pazzaglia: trombone, una jam session.

Un ricordo di Massimo Catalano e le sue massime?

Ecco Massimo era un jazzista. Tutte le domeniche veniva a suonare a casa mia e si divertiva a giocare. Lui suonava con i Flippers, Vianello, Siamo i Vatussi…Spiritoso, carino, educato. Pensa che dal primo bacio fino alla fine dei suoi giorni, è stato sempre con la moglie. Sempre insieme. Un tuffo al cuore quando lo rivedo in televisione. La “catalanata” l’ho suggerita io. Le ovvietà che si dicono nelle interviste su qualsiasi cosa, elette a sistema. E così nacque la “catalanata”.

Indietro Tutta. Io ero pazzo di Miss Nord. Ma chi era la più bella?

Difficile. Erano davvero tutte belle. Noi volevamo ragazze della porta accanto. Naturalmente Maria Grazia Cucinotta giovanissima, bellissima e serissima, era una delle più belle perché era l’emblema: la ragazza che avresti voluto sposare.

L’invenzione del Cacao Meravigliao! Mi ricordo un cartello da Castroni (nota caffetteria romana, n.d.r): “Non vendiamo il Cacao Meravigliao!”

Tutti torturavano Castroni. Quella fu un’intuizione. Indietro tutta è stata la satira contro la televisione anni Ottanta/Novanta. Il pericolo era: “La televisione la fate voi, da dove chiama?”. Lo sponsor che è il dominus attraverso la pubblicità. Lo sponsor decideva addirittura le ragazze di Fantastico di Celentano! Metteva bocca sulla qualità dello spettacolo. Allora il Cacao Meravigliao…

Uno poi s’è messo a produrlo…

Abbiamo vinto la causa contro un libanese che aveva depositato il marchio. Noi l’avevamo inventato ma non lo depositammo.

Non le chiederò di Mariangela Melato…

La ferita è aperta e sanguinante. Prima o poi parlerò di lei. Mariangela è stata la più grande. Ha fatto sì il cinema, ma ha fatto tutto il Teatro! Le altre grandi attrici non lo hanno fatto. Basta mettere in fila i titoli.

È ancora Radicale?

Sono stato Radicale. Parto da Il Mondo di Mario Pannunzio, Ennio Flaiano, Nicolò Carandini. Mi leggevo tutti i giornali di partito cercando un’identità: La Tribuna, La Voce Repubblicana, Mondo Nuovo, La Discussione. I socialdemocratici mi erano simpatici. Ma io resto kennediano!

Dove ti piace passare le vacanze, se le fai?

Da bambino andavo a Riccione, dalla nonna bolognese. Poi a Pescara, Francavilla, sul Gargano… adesso mi piace la bellezza di Ischia. Saranno i bagni caldi, i nove comuni, la cucina napoletana… Ischia!

Convivi con i selfie dei tuoi ammiratori?

Mammamia! Una volta un fan di Caserta Sud voleva una foto con me alla toilette. “Come scusi, al bagno?” “Devo dire a mia moglie che ho fatto pipì con Renzo Arbore!”. Il pompiere di servizio a teatro che ti abbraccia mentre stai per entrare in scena e vuole farsi il selfie! Io però non posso rifiutarmi.

Ultima domanda: lo stesso giochino che ho fatto con Gianni Boncompagni. Arbore presidente assoluto della Tv. Che farebbe?

Io non sono come Boncompagni. Gianni dice il peggio della tv ma c’è un piccolo particolare: non la vede. Io la vedo. Ha bisogno di creatività. Non c’è creatività. Noi che siamo il Paese del gusto, della fantasia, abbiamo delegato a format olandesi.

Con chi ti piace scherzare, improvvisare oggi?

Con Gegé Telesforo. È un jazzista. Abbiamo un repertorio formidabile. Con Gegé non riesco a fare una telefonata normale. Proviamo a chiamarlo?