TRA RENZIANI ED EX DIESSINI SCOPPIA LA GUERRA

Categoria: Firme

DEL MATTONE – ASSEDIO ALLE 57 FONDAZIONI EX DS

(PIENE DI IMMOBILI), MA INTANTO SPOSETTI RISPONDE PICCHE - SE QUESTO È UN PARTITO –

4 OTT 2014 13:39

Il presidente Orfini e il tesoriere Bonifazi chiedono il patrimonio immobiliare ex Ds che fu conferito a una miriade di fondazioni sul territorio. La risposta di Sposetti: “Mi occupo dei neutroni, io? Non si occupino di cose che non sanno”. E a “Repubblica”, “il partito personale di Renzi non crea iscritti”… -

1.“Nel Pd il patrimonio è un caso. Assedio alle 57 fondazioni ex Ds”

Alessandro Trocino per “Il Corriere della Sera”

Il due di picche di Ugo Sposetti, condito dalla sua abituale ironia, se lo aspettavano. Nessuno credeva al beau geste , invocato da Matteo Orfini. Ma il braccio di ferro tra il tesoriere dei Ds e i dirigenti del Pd è solo all’inizio. Oggetto del contendere, il convitato di pietra (anzi, di mattoni) che siede al tavolo del partito fondato da Walter Veltroni: il patrimonio immobiliare dei Ds, che nel 2007 fu conferito a una miriade di 57 fondazioni sul territorio. E lì giace.

Un ordigno inesploso, che se non si troverà un accordo potrebbe deflagrare in un partito sull’orlo di una crisi di nervi. Anche perché il Pd ha sete di risorse. Lo stop al finanziamento e il crollo dei tesserati lo ha messo in ginocchio, nonostante i successi elettorali. E il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi ha fretta di recuperare questo patrimonio. Ma non ha nessuna intenzione di andare allo scontro e dimostra un incrollabile ottimismo: «La risposta di Sposetti è anche troppo scontata. Io so quanto è affezionato al passato Ugo, ma sono sicuro che lo è anche al futuro. E ci darà una mano».

La diplomazia di Bonifazi si scontra con la tenacia di Sposetti, che pare tetragono a ogni lusinga e a ogni invocazione: «Pensino ai lavoratori, innanzitutto. E non si occupino di cose che non sanno. Mi occupo dei neutroni io? Lascino perdere, che non sanno la differenza tra codice civile e codice della strada. Questi hanno cancellato tutto. Se non ci fosse stato Sposetti a registrare, per anni, il marchio della Festa dell’Unità e il dominio Internet, ora non avremmo neanche più quello. Ha visto quanti iscritti ci sono? Hanno abbassato a 20 euro la quota del tesseramento: una vergogna. Io sono iscritto, ma verso molti più soldi».

Ieri Repubblica ha raccontato la «fuga degli iscritti», per un partito «senza più base»: «Solo 100 mila tessere in un anno, persi 400 mila iscritti». Numeri ridimensionati dal vicesegretario Lorenzo Guerini: «Il tesseramento è iniziato solo il 25 aprile, l’obiettivo sono 300 mila tessere». Ma la crisi c’è, il Pd è cambiato. Pier Luigi Bersani è critico: «Un partito fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito». E D’Alema aggiunge: «Con l’avvento di Renzi, il partito viene visto come un peso e la democrazia non ne esce rafforzata».

Il tema si incrocia con le risorse. E qui si torna al patrimonio Ds. Orfini insiste: «Quando nacque il Pd, si volevano tagliare le radici, ma ora siamo in una fase diversa. C’è una riappacificazione con il nostro immaginario, vedi ritorno delle Feste dell’Unità. Siamo anche entrati nel Pse. Non c’è ragione perché il patrimonio dei Ds resti lì». Tra i motivi per cui si scelsero le fondazioni, nel 2007, c’era il retropensiero di un eventuale fallimento del Pd. Per questo si «privatizzò» il patrimonio: un tesoretto da tenere in sicurezza, anche dalle banche, visti i debiti. Tesoretto che può venire utile, in caso di scissione?

Il meccanismo delle fondazioni è paradossale. Non tutti i Ds sono entrati nel Pd: alcune sono gestite da dirigenti vicini a Sel e Rifondazione. Nelle fondazioni, inoltre, vale il metodo della cooptazione: i presidenti possono cedere il posto e nominare chi vogliono. Con il risultato di cambi al vertice con dirigenti che non hanno nessun legame né con il Pd né con la sinistra (in Toscana una sede è entrata nell’orbita 5 Stelle). Progressivamente, la galassia rischia di allontanarsi dal sistema solare del Pd.

E i debiti (pare si aggirino intorno a 150 milioni di euro)? Orfini apre: «Il Pd potrebbe farsene carico». Bonifazi è molto più cauto, se non contrario. Non è escluso che si provi a fare una compensazione tra patrimonio sul territorio (c’è chi parla di un miliardo) e debiti romani. L’ex tesoriere Antonio Misiani è scettico: «È una vicenda che non si può affrontare con superficialità. La prima cosa da fare è che si siedano a un tavolo. Ma vedo difficile compensare il macigno dei debiti con il patrimonio».

 2. “Non resta più niente, i militanti se ne vanno”

Giovanna Casadio per “la Repubblica”

«Il PdR, il Pd di Renzi? Il partito personale non crea iscritti». Ugo Sposetti, il compagno tesoriere dei Ds, senatore dem, fa un’analisi spietata.

Sposetti, pochi iscritti dem, di chi è la colpa?

«Lo chieda agli attuali dirigenti. A me fa pure male saperlo, mi dà sofferenza. Ma la responsabilità è evidentemente di chi dirige. E comunque il Pd non è più un partito».

Lei è della “vecchia guardia”.

«Vecchia guardia saranno loro! È un modo spregiativo usare toni come questo, ovvio che scompaiono i militanti. Un partito è un’altra cosa. Un partito senza iscritti, senza risorse, senza rispetto della vita democratica interna, cos’è?».

Cos’è?

«Non lo so, ma di certo non è più un partito».

Servono ancora i partiti?

«I partiti sono stati scuola, comunità, famiglia. Poi nella Prima Repubblica è successo quel che è successo, ma dovrebbe esserci il senso di comunità».

Quindi cosa resta?

«Non resta più niente se, ad esempio, uno esprime dissenso come hanno fatto alcuni dirigenti nell’ultima Direzione del Pd sull’articolo 18, e chi dovrebbe tenere insieme tutti, fa attacchi abbastanza volgari. Ecco quindi che un partito non diventa più una comunità: è un’altra cosa. È come se in una famiglia uno non potesse esprimere più un pensiero che ... pah, gli arriva uno schiaffone».

La minoranza, di cui lei fa parte, nell’ultima direzione è stata asfaltata?

«Asfaltata?! Ma chi ha fatto marcia indietro sull’articolo 18 è il presidente del Consiglio. Tutti al Senato aspettiamo l’emendamento al governo che corregge il governo, cioè quell’emendamento che recepisce le modifiche della Direzione. Siamo in trepidante attesa».

Lei vuole bene al Pd?

«Guardi, hanno cambiato il nome alle feste dell’Unità sette anni fa, e io dissi: “È un errore. vi pare che si cambia il marchio alla Nutella?”. Non fui ascoltato. Ora il brand Festa dell’Unità è stato riscoperto. Allora si è posto il problema del logo. Ma se non ci fosse stato un idiota che risponde al nome di Ugo Sposetti, che ha registrato e pagato per sette anni il dominio Festa dell’Unità, non si sarebbe potuto usare. Il Pd sta in 1.800 circoli di proprietà del famigerato Pci-Pds-Ds, e non paga né Tarsu né Imu né condominio. Sono sedi che vengono dal lavoro e dalla fatica di centinaia di militanti comunisti. Non mi sembra che a dirigere il Pd oggi ci siano grandi manager che possano gestire questo patrimonio. Quindi le cose restano come sono».