"La corruzione è organica all'Italia"

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 Tiziana Paenti  L'ex magistrato parla della Tangentopoli infinita

"Sono cambiate le ragioni: allora non si rubava per arricchirsi". Titti la rossa, che nel '94 fu eletta per Forza Italia, ricorda: "Lasciai la magistratura  quando Mani pulite prese una deriva politica". E ancora: "Corrotto e corruttore non sono diversi. Tutti coinvolti, anche i rossi. - Incontriamo Tiziana Parenti nella sua casa di Trastevere. Carte, appunti, ritagli di giornali e libri si accumulano nelle stanze. «Titti la rossa» adesso fa l’avvocato. Si occupa di questioni toste. ’Ndrangheta, per capirsi. Ma nessuno può dimenticare il suo ruolo di primissimo piano nel pool di Mani Pulite. Lei era il magistrato che si occupava di «tangenti rosse». Lei, che dopo una militanza nel Pci pisano, ha poi fatto politica in Forza Italia e nello Sdi.

Avvocato Parenti, Tangentopoli è storia o cronaca?

 «Cronaca. Siamo ancora lì. Non ci si vuole rendere conto che la corruzione è organica al sistema-Italia. Vent’anni fa come oggi».

Un quadro non incoraggiante...

 «Lo so. Non a caso uso la parola ‘sistema’ perché indicativa di un modo di essere tipico della nostra società».

Però, nella tanto vituperata Prima Repubblica non si rubava...

 «Sì, l’ho già sentita. Non si rubava per arricchirsi, ma per la lotta politica. Ora, io non devo scrivere saggi di storia comparata. Né giustificare certe pratiche di ladrocinio dei beni pubblici. Però, volendo parlare di contesto posso dire che prima le ragioni della corruzione erano diverse. L’Italia aveva avuto a che fare con i mostri del Novecento: fascismo, nazismo, comunismo. Occorreva accompagnarla lungo l’accidentato viale della democrazia per garantire sistema, lavoro, assistenza sanitaria».

All’inizio di Mani Pulite vi rendeste conto che l’Italia avrebbe subito un clamoroso trauma?

 «A parte il fatto che bisogna vedere se davvero c’è stato questo cambiamento e se sia stato davvero così clamoroso. A parte il fatto che io arrivai dopo e per occuparmi di tangenti ‘rosse’. Detto ciò, tutto nasce dal Psi milanese e da Mario Chiesa in particolare. Una storia già scritta, mi sono sempre chiesta? Forse. Anche perché ci fu un allargamento che colpì altre forze politiche».

Alcuni dicono: non i «rossi».

 «Per quel tipo di indagini c’era un’oggettiva difficoltà. Diciamo che con partiti come Psi, Dc, Psdi, Pri era più facile. Avevano sistemi più rozzi. Invece, si dipinse il Pci come fuori dal sistema. E quindi impermeabile alla corruzione. Un falso. I comunisti agivano su un doppio binario: prendevano soldi dal blocco sovietico e, dagli anni Ottanta, cominciarono a comportarsi come gli altri».

Contesto internazionale: cade il Muro, i cosacchi non arriveranno più, il ceto politico italiano può anche morire: vero? falso?

 «Vero. In parte. Attenzione, però. Non è che nel 1989 cade il Muro e poco dopo la Prima Repubblica. Il processo era cominciato per lo meno quindici anni prima. Col Papa. Coi socialisti che aiutavano i patrioti polacchi».

Politici cattivi, imprenditori vittime.

 «Figuriamoci. Corrotto e corruttore non sono figure diversamente cattive. Spesso le seconde sono le peggiori e ci guadagnano di più. Occhio: il populismo è il vero nemico della politica».

Lei poi entrò in politica.

 «Sì. Però tentennai molto. Prima con Forza Italia, poi con i socialisti dello Sdi. Francamente, il punto era un altro. Volevo impegnarmi, certo. Ma, soprattutto, lasciare la magistratura. Furono anni per me di profondo disagio. Le indagini avevano preso una direzione politica che mi lasciò assai perplessa...».

. Francesco Ghidetti per  Quotidiano net 15.2.2012