Nuovi scenari dopo La sconfitta di Obama

Categoria: Firme

Medio Oriente e Europa

1.MAURIZIO MOLINARI La Stampa, 05/11/2014

CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME

La sconfitta dei democratici di Barack Obama nelle elezioni di Midterm innesca un’accelerazione su più fronti in Medio Oriente. La prima mossa arriva da Ramallah, dove il presidente palestinese Abu Mazen anticipa a fine mese la presentazione all’Onu della risoluzione sul ritiro israeliano dai Territori entro in 2016. A Gerusalemme invece il premier Israeliano Benjamin Netanyahu si prepara ad una raffica di telefonate di auguri per i nuovi leader repubblicani del Congresso, nella convinzione che potranno aiutarlo a rompere l’assedio dell’amministrazione Obama.

Sul fronte militare, il Califfo di Isis, Abu Bakr al-Baghdadi, accresce la pressione militare su Aleppo e Baghdad mentre Riad, Amman e Il Cairo premono sul Pentagono per ottenere un’offensiva di primavera contro i jihadisti. E poi c’è Teheran, dove si respira ottimismo sulla possibilità di raggiungere un’intesa sul nucleare entro la scadenza del 24 novembre, scommettendo sulla volontà di Obama di cogliere un risultato storico in Medio Oriente. La previsione dei servizi di sicurezza israeliani è che la “stabilità dell’instabilità durerà per poco” perché tutti i protagonisti regionali puntano a trarre vantaggio in fretta dall’indebolimento di Obama.

Usa-Ue, quell’accordo sul commercio più facile con i repubblicani

Il risultato di midterm potrebbe avere ripercussioni sul “Tiip”. Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera Ue e coordinatore del dibattito sui dossier “esterni”, ammette di «sperare che si chiuda nel mandato di Obama».

2- MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES La Stampa

Dopo il voto di mezzo mandato americano gli occhi puntati sul Ttip, che si pronuncia Ti-Tip, ed è l’acronimo che porta al Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti che l’Ue sta negoziando con gli stati Uniti, patto contestato e amato quasi con eguale passione dagli europei.

Sulla carta è certamente una fonte di ricchezza economica e forza politica per il nostro continente, anche se in effetti non è privo di rischi, se non altro perché Washington ha una sola e chiara linea quando si siede al tavolo e noi, se va bene, ne abbiamo ventotto. L’esigenza del compromesso minimo di cui Bruxelles non può fare a meno può indebolire il risultato in casa Ue.

Il confronto è aperto da un anno mezzo, non senza difficoltà, soprattutto sull’agricoltura e la finanza. «Un’impasse politico in America renderebbe tutto più difficile», ammette una fonte europea. Obama sostiene l’intesa, ha capito il potenziale di una liberalizzazione degli scambi fra due partner importanti che generano assieme oltre il 40 per cento del Pil mondiale, con un interscambio commerciale e finanziario stimato in 2,2 miliardi di dollari al giorno.

La fronda democratica nei confronti dell’intesa è tuttavia evidente, temono gli effetti sul mondo del lavoro, sull’occupazione, sul “made in Usa”. Il paradosso della sconfitta del presidente in carica è che il risultato repubblicano potrebbe finire per aiutare la Casa Bianca. Il mondo industriale e le imprese che sostengono il partito dell’Elefantino vuole l’intesa. In gennaio i democratici hanno passato una legge che rende più difficili gli accordi internazionali. Ora qualcosa potrebbe cambiare.

La realtà è che bisogna fare in fretta ed è naturale che Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera Ue e coordinatore del dibattito sui dossier “esterni”, ammetta di «sperare che si chiuda nel mandato di Obama». Dopo, in effetti, la situazione potrebbe diventare più aleatoria. Meglio subito, dunque. «A patto che sia un buon accordo e non un’intesa tutti i costi - ha detto l’ex ministro della sua intervista con il progetto Europa di cui fa parte anche la Stampa -. E che si tenga presente che, a differenza di quanto si legge in giro, l’intesa non c’è ancora perché siamo nel mezzo del negoziato». Promette trasparenza, la nuova Lady Pesc, e un patto equo. «Siamo partner strategici nel rispetto delle proprie identità - dice -. Il Ttip deve riflettere questa realtà». Obama sarebbe probabilmente pronto a sottoscrivere.