I mattoncini dell’insulto. Sembra il Cav., andreottiano,

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 isterico. Ce n’è per Renzi e gli amici

di Redazione | 06 Novembre 2014 ore 06:30 FQ

Racconta il pettegolezzo brussellese il Corriere di ieri: “Quando entra al Consiglio Ue si abbottona sempre la giacca stretta, e si guarda intorno soddisfatto. Chi faceva così? Ma Silvio, no?…”. Il parallelismo dell’insulto – perché il paragone con il Cav. a questo vale – allunga la sua ombra dal provincialismo della stampa italiana al provincialismo della banda dei burocrati. Monta un brutto clima attorno a Matteo Renzi che, al di là delle legittime tensioni con i sindacati, l’Europa, la minoranza interna, si alimenta con sempre maggiore precisione sui giornali e nei famosi “social”. All’amico Oscar Farinetti, per il solo fatto di essere amico, è stato impedito di parlare a Genova, “la polizia temeva per la mia incolumità, c’è un clima avvelenato”, ha detto alla Stampa. La costruzione del nemico procede inesorabile secondo schemi consueti e fa passi da gigante, dopo il camussiano e molto anni 70 “Renzi espressione dei poteri forti”, un altro tuffo nel passato l’ha offerto Gustavo Zagrebelsky, aggiungendosi alla nutrita schiera dei professoroni che vogliono bastonare il premier.

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 Lo ha fatto con un’intervista alla Stampa a margine di un convegno sulla figura di Norberto Bobbio (peraltro ha erroneamente indicato come il bersaglio di un’invettiva craxiana contro “gli intellettuali dei miei stivali” che invece prendeva di mira altri). Secondo Zagrebelsky il difetto principale di Matteo Renzi sarebbe una sorta di “decisionismo andreottiano”, un “decisionismo non tragico, diciamo in salsa mediterranea”. Se non è vero, se non altro è ben trovato. Allo statista democristiano è sempre stata imputata la tendenza opposta, mediare e tirare a campare. Ma una mascariatura di andreottismo mancava ancora, a Renzi, ed eccola costruita a futura memoria degli odiatori. Sfugge però all’ineffabile Zagrebelsky che essere paragonato a Giulio Andreotti, per un giovane dirigente politico, non è esattamente un insulto. Basta togliersi dall’ottica aristocratica e giustizialista che annebbia la vista a Zagrebelsky, e Renzi può prendere l’insulto come un complimento. Apparentemente meno contundente il ragionamento di Ezio Mauro nel suo lungo editoriale di ieri, nel quale però, a un certo punto, si legge che “in politica non tutto è istantaneo e non tutto è istintivo, se non vuole diventare tutto isterico, e alla fine instabile”. I mattoncini dell’odio si accumulano.