I dati sui redditi e l'autolesionismo del Belpaese

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A conferma della vecchia regola secondo cui solo le brutte notizie sono notizie,

i grandi giornali italiani hanno sparato in prima pagina, nei giorni scorsi, i dati sui salari di Eurostat, che davano l'impressione che le retribuzioni italiane fossero non solo basse, che è vero, ma addirittura inferiori a quelle spagnole e greche. Non è vero, tutti sanno che non è vero, e per la verità Eurostat aveva avvertito che i dati pubblicati per l'Italia erano addirittura del 2006 e quindi non comparabili con quelli degli altri paesi, ma di questo non si è tento conto. Anche la titolare del mistero del lavoro, che dovrebbe sapere di che cosa parla, aveva citato quei dati taroccati per sostenere le sue tesi sulla riforma del mercato del lavoro. Il governo ha dovuto emettere un comunicato ufficiale per ribadire quello che tutti sanno, cioè che i salari italiani sono superiori a quelli spagnoli e nettamente più alti di quelli greci. Questa rettifica, però, è finita in un trafiletto nelle pagine interne degli stessi giornali che avevano enfatizzato la notizia errata due giorni prima. Forse non si tratta semplicemente della ricerca di notizie eclatanti, anche quando sono infondate, ma di una conseguenza del clima penitenziale e autolesionista che affligge il nostro paese, non si capisce nemmeno bene perché. Su questo terreno è rilevante il ruolo dei media, che invece spesso preferiscono lo scandalismo impressionistico. Basta guardare per qualche minuto un talk show qualsiasi tra quelli che affollano i palinsesti televisivi (forse perché costano poco) per entrare in depressione. Le città vengono descritte come scenario di devastazioni, ogni nevicata è una catastrofe inaudita, la disoccupazione, che è un fenomeno grave ma per la verità inferiore alla media europea, è invece considerata inarrestabile e così via. Non è ragionevole nascondere o edulcorare i dati negativi della situazione, ma non lo è neppure il contrario. Se non si ha una visione equilibrata, se ci si dimentica che l'industria italiana è tuttora la seconda d'Europa, che l'Italia è un paese ricco, in cui la percentuale di proprietari della propria abitazione, per esempio, è la più alta del continente e in cui il debito privato è inferiore a quello tedesco, vengono a mancare i punti di partenza su cui si può ragionare per costruire una via d'uscita dalla crisi e dalla recessione. Forse è proprio questo che spaventa, il dover intervenire sulle cause strutturali delle debolezze e sulle vischiosità sociali per trovare quella via d'uscita. Meglio lamentare una situazione irrimediabile, esasperare la dimensione delle difficoltà, per concludere che tutto è inutile e che tanto vale lasciare tutto come prima. di Sergio Soave   ItaliaOggi 29.2.2012

Per parte nostra non abbiamo ancora compreso come in 3 mesi si sia potuto superare una crisi definita micidiale e da bancarotta: i dati che ci sono stati dati sono proprio veri o servivano ad altri scopi? Opact