Rottamazione in casa Inps. Ecco la missione del bocconiano

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Tito Boeri. Finisce il commissariamento, arriva un prof. (e di sinistra) che dovrà sfidare i sindacati.

Ritratto di un volto chic

di Marco Valerio Lo Prete | 27 Dicembre 2014 ore 06:30 Foglio

Roma. Struttura di cemento rivestita di marmo. La sede centrale dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, o Inps, nel quartiere Eur di Roma, fin dal 1938 rappresenta anche plasticamente la pretesa dello stato (allora quasi totalitario) di poter sovrintendere alla vita lavorativa e post lavorativa di milioni di cittadini-contribuenti. Settemilasettecento metri quadrati di uffici, con corridoi e colori interni che ricordano a volte quelli della Megaditta di fantozziana memoria. Per i quasi 30 mila dipendenti dell’ente previdenziale, disseminati in ogni provincia italiana, i compiti nel corso degli anni si sono evoluti, intendiamoci: basti dire che nel 2011, con la riforma Fornero, si è passati definitivamente dal sistema retributivo per calcolare e pagare le pensioni a quello contributivo. Una rivoluzione, culturale e non solo contabile. Tuttavia l’Inps rimane uno di quei templi del potere burocratico – nel senso tecnico del termine – a proposito del quale molti finora si erano chiesti: quando la Rottamazione di Matteo Renzi busserà alle sue porte, quali sembianze assumerà? Quelle di Tiziano Treu, ghignarono lo scorso autunno i più scettici del nuovo corso, pregustando l’annacquamento della verve renziana: classe 1939, Wikipedia definisce Treu come “politico italiano, più volte ministro della Repubblica”, un profilo non propriamente di rottura per il nuovo commissario straordinario dell’Inps scelto dal governo Renzi. Nel giudizio scettico, più dell’anagrafe, pesava la “special relationship” di Treu con i sindacati che all’Inps sono così influenti. Al punto che qualcuno giura che il presidente del Consiglio abbia avuto un primo ripensamento sulla sua nomina dopo aver visto un recente servizio delle “Iene” su una legge (ribattezzata “Legge Treu” dal nome dell’autore) che negli anni ha rimpinguato oltre misura le pensioni dei rappresentanti sindacali. Fatto sta che lo scorso 24 dicembre, secondo la ricostruzione del Foglio, a mezz’ora dall’inizio del Consiglio dei ministri, Treu si riteneva ancora legittimo candidato alla presidenza dell’Inps, addirittura aveva già sondato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per la possibile conferma dell’attuale direttore generale dell’Inps, Mauro Nori. Anche il successore di Treu fino a qualche ora prima stava pensando a tutt’altro, per esempio all’affitto di un appartamento a Londra per i prossimi mesi di anno sabbatico. Poi però il telefono di Tito Boeri ha squillato ed è arrivata la proposta di Renzi: vuoi essere il prossimo presidente dell’Inps? Risposta riservata: sì. Ieri poi i primi commenti pubblici dell’economista della Bocconi: “Sarà un impegno gravoso e una grande responsabilità”, ha detto Boeri all’Agi. “La nomina di una persona competente e di un outsider rispetto al mondo dell’Inps. Questo ha tutte le caratteristiche di uno di quei gesti ‘rottamatori’ che mi sarei aspettato pure più spesso da parte del premier”, dice al Foglio Luigi Zingales, economista dell’Università di Chicago. Riccardo Puglisi, docente all’Università di Pavia e ora vicino a Corrado Passera, su Twitter e sul Corriere della Sera non perde occasione per criticare l’operato di Renzi: “Sulla nomina di una persona così competente ed energica, però, c’è poco da obiettare – dice – C’è soltanto un piccolo ‘side effect’, come lo chiamano gli anglosassoni, che non mi va giù. In questo modo Renzi depotenzia un suo critico molto forte”.

Perché Boeri, economista bocconiano citato oltre 9.000 volte dai colleghi secondo il motore di ricerca accademico Google Scholar e con un H-Index pari a 47 (ha scritto cioè 47 paper scientifici che sono citati almeno 47 volte), non è certo in odor di Premio Nobel come potrebbe essere il collega di Harvard Alberto Alesina (70.000 e rotte citazioni, un H-index pari a 104). Però il suo ruolo di intellettuale pubblico di prim’ordine è indiscutibile. Ora è difficile che possa continuare a vergare i suoi puntuti editoriali su Repubblica, nei quali spesso non ha risparmiato critiche al governo.

Boeri è l’editorialista principe di Repubblica sulle questioni del lavoro e della previdenza. In sintonia naturale con la linea di Largo Fochetti, di recente ha tallonato Renzi (e soprattutto i suoi ministri, riservando discrete dosi di acredine a Poletti e Stefania Giannini per esempio), spezzando allo stesso tempo diverse lance a suo favore su temi di fondo: dalla flessibilità sui conti pubblici da conquistare in Europa a certe rigidità concertative delle parti sociali da superare in Italia. “Questa di Renzi è allo stesso tempo, indiscutibilmente, un’apertura a Carlo De Benedetti, editore di Repubblica”, dice al Foglio un esponente dell’esecutivo che chiede di restare anonimo. Boeri d’altronde, oltre che amico dell’Ingegnere, è anche direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti. “E’ una sorta di azionista, in continuità ideale con Alessando Galante Garrone, ma con maggiori capacità organizzative degli azionisti”, dice al Foglio Francesco Forte, economista ed editorialista, già erede di Luigi Einaudi all’Università di Torino. Forte, a riprova dell’abilità “organizzativa” e dell’“inventiva” di Boeri, cita “il caso originale de Lavoce.info”. Un sito web collettaneo di economisti, il primo nel suo genere, fondato un decennio fa proprio da Boeri e da un altro collega bocconiano, Francesco Giavazzi. Il sito è finanziato dai lettori, ospita articoli di soli accademici ed è il primo caso di riuscita popolarizzazione della “scienza triste”. I redattori contattati dal Foglio sono unanimi su due punti. Primo: finora è sempre stato Boeri a proporre argomenti e temi nuovi da trattare, spesso perfino a inviare email di sollecito ai possibili autori. Secondo punto: se lo statuto di Lavoce.info impone di non scrivere nel momento in cui si assumono cariche pubbliche, chi prenderà il posto dell’instancabile Boeri? Gli appassionati di retroscena citano Lavoce.info per un altro motivo ancora: sarebbero stati Tommaso Nannicini e Roberto Perotti, due consiglieri economici di Palazzo Chigi ed entrambi redattori di Lavoce.info, a portare il nome di Boeri sulla scrivania di Renzi.

Altra creatura di Tito Boeri – classe 1958, figlio del neurologo Renato Boeri e dell’architetto Maria Cristina Mariani Dameno, fratello dell’architetto “arancione” Stefano e del fondatore della rivista Focus Sandro, insomma pura borghesia milanese – è il Festival dell’Economia di Trento. Appuntamento trendy ma di sostanza, alla cui ultima edizione in primavera non sono voluti mancare i soliti Nobel, ma nemmeno il premier Renzi e il manager in pullover Sergio Marchionne. Basterà tutto ciò a superare il vaglio delle commissioni parlamentari che devono esprimere un parere non vincolante sul futuro presidente dell’Inps? Non bisognava aver gestito enti o società di pari dimensione? Giavazzi, che pure non nasconde di essere amico di “Tito” (assieme a Guido Tabellini è uno dei bocconiani più vicini a Boeri anche al di fuori degli orari di lavoro), sostiene che potrà essere l’uomo giusto per la “svolta” dell’Inps, soprattutto in una fase delicata come quella della finalizzazione della fusione con l’Inpdap (l’ex istituto per la previdenza dei dipendenti pubblici): “Tutti conoscono Tito per il suo ruolo di intellettuale pubblico, per le sue apparizioni nei talk-show. In pochi ricordano che è capacissimo di lavorare dietro le quinte con funzioni manageriali e operative. Ha appena terminato infatti un biennio di successo da pro rettore in Bocconi con delega alla ricerca”. Milioni di euro gestiti, credibilità internazionale conquistata, importanti razionalizzazioni a danno di baronati accademici portati a termine senza spargimenti di sangue, questo ricordano pure altri colleghi.

La rottamazione, per definizione, è una scommessa. Quella di Boeri lo è ancora di più. Lui stesso, per esempio, polemizzando con la nomina di Giorgio Alleva alla presidenza dell’Istat, disse che lì serviva un manager più che un ordinario di Statistica. Oggi in molti si chiedono se sarà in grado di realizzare almeno uno dei suoi pallini: recapitare ai lavoratori italiani una stima precisa della loro futura pensione, via posta, nella famosa “busta arancione”. Per Boeri è un fatto di civiltà, lo scrisse l’anno scorso assieme a Luigi Guiso; che non si sia ancora fatto è simbolo della “ignavia di stato”, scriveva, responsabili “i presidenti Inps e i ministri del Lavoro”. Ci riuscirà lui? Perfino Renzi lo attende al varco.