“Franchi tiratori? 202. E occhio alle procure”. Chiacchiere con Sposetti
di Claudio Cerasa | 27 Dicembre 2014 ore 06:30 Foglio
Roma. “Dico che ci divertiremo”. Quando? “Quando sarà”. Con il presidente? “Sì”. Ma i numeri ci sono, che problema c’è? “I numeri ci sono, l’accordo politico c’è, il presidente della Repubblica si può eleggere anche al primo giro, se si usa intelligenza, e proprio per questa ragione consiglierei al segretario di non commettere errori, o leggerezze, e di non costringerci a forzature”. Sennò? “Sennò si balla”. E chi verrà a ballare? “Uuu. Saremo in tanti. Se erano 101 un anno e mezzo fa, oggi io ne conto almeno 202”. Lo dice, immaginiamo, in maniera franca? “I franchi tiratori non esistono… Non esistono intesi come entità maligna. Se uno è tiratore ed è anche franco è lì per fare il bene del Parlamento. I franchi tiratori, come li chiamate voi, sono antibiotici della democrazia. Agiscono quando qualcuno sbaglia, come è successo un anno e mezzo fa con Prodi, quando si provò a eleggere un presidente della Repubblica con alcuni gruppi parlamentari, quelli del Pdl, fuori dall’Aula, ma sono certo che il nostro segretario adesso non sbaglierà”.
Solo una ciambella di salvataggio? Cosa non va nella Terza via renziana Ugo Sposetti ha 67 anni, è senatore del Pd, è il vecchio tesoriere dei Ds, è alla sua quarta legislatura, si considera un battitore libero, non è un renziano, non apprezza chi lo definisce il re dei gufi (“Ti credo che mi chiamano così: i gufi non esistono, stanno tutti con Renzi, e se uno non sta con lui diventa gufo…”), e ragionando con il Foglio sulla prima grande partita del 2015, la successione a Giorgio Napolitano, “un grande presidente, che ha unito l’Italia in un passaggio difficile, uno come lui non lo troveremo più”, dice che un’intesa ampia si potrà trovare, che gli agguati si potranno evitare e che però per capire quale sarà il destino del renzismo alla prova del Quirinale occorre seguire alcuni sassolini lasciati sul percorso dal presidente del Consiglio.
“Non so che capo dello stato immagina Renzi, e sinceramente non mi interessa, so però che cosa occorre non sbagliare per evitare che la partita possa diventare complicata. Il massimo coinvolgimento dei grandi elettori, come detto da Renzi, è importante, e sono d’accordo con lui, ma suggerirei di non forzare eccessivamente con la legge elettorale, di non utilizzare, ancora, la strategia del prendere o lasciare, e di discutere, con saggezza, con chi non la pensa come lui. Ne dico una: che senso ha una soglia di sbarramento per i piccoli partiti se i piccoli partiti sono resi ininfluenti dal premio di maggioranza?”. Ok. E se non ascolterà? “Tutti sanno che la pratica del Quirinale è intrecciata con la partita della legge elettorale. E quando l’Italicum verrà votato in Aula, a seconda di come si arriverà a questo passaggio, si capirà bene che margini di manovra avrà il presidente del Consiglio”. Che forzature vede? “Riporto solo due dati di fatto. Due tra le più importanti leggi discusse al Senato sono arrivate in Aula scavalcando le commissioni: la stabilità e la legge elettorale. E il fatto che ci sia un presidente del Senato che non difende il Senato mi sembra quantomeno di cattivo gusto”. Non starà mica dicendo che Grasso sogna di… “Non dico nulla, non parlo di nomi, vogliamo discutere di politica per favore?”. Discutiamo.
“E allora stiamo alla politica. Mi fa sorridere chi dice che questa legge elettorale sia un problema per Berlusconi. Rido davvero di cuore. Con i capilista bloccati, Berlusconi terrà in pugno Forza Italia. E quando si tornerà a votare, vedrete che Berlusconi si inventerà un listone unico, terrà tutti dentro e per il Pd, che in pratica non ha alleati, sarà un problema: già oggi la differenza tra centrodestra e centrosinistra è di quattro punti, non proprio un’enormità. Berlusconi però deve stare attento, anche per la storia del Quirinale. Salvini proverà a fotterlo, e se Forza Italia sbaglia mosse, e si mostra troppo ‘azzerbinata’, rischia di scomparire”. E’ preoccupato? “Non per Forza Italia, per un’altra ragione”. Prego. “Sono uno dei pochi parlamentari Pd che ha eletto tre presidenti della Repubblica e ricordo bene il clima che vi fu nel 1992, anni delle stragi di mafia, quando venne eletto un magistrato come Oscar Luigi Scalfaro”. Che vuole dire? “Scalfaro, che forse sarebbe stato eletto ugualmente, arrivò al Quirinale spinto anche da un’onda emotiva generata da un clima tensione che si era venuto a creare nel paese”. E che c’entra il 1992 con il 2015? “Oggi registro una pressione sulla politica forte, come allora, per far sì che al Quirinale possa arrivare una persona che rappresenti la parola legalità. Spero che questo attivismo delle procure sia casuale e che la tempistica non sia legata a qualche appuntamento particolare. Ma l’attivismo c’è. E quando l’attivismo deborda, o tracima, la politica deve stare attenta. Far eleggere alle procure il presidente della Repubblica non mi sembra una grande idea”.