Contatti segreti. Chi è l’arabo visto con un ministro
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israeliano in un hotel di Parigi? Chi vola da Tel Aviv ad Abu Dhabi?
di Daniele Raineri | 06 Gennaio 2015 ore 06:30
Roma. In queste settimane ci sono almeno due casi di contatti riservati di alto livello tra israeliani e arabi – due mondi che in teoria sono separati dopo la rottura completa delle relazioni diplomatiche a causa della questione palestinese. Due giorni fa i giornali israeliani hanno scritto che a dicembre il ministro degli Esteri di Gerusalemme, Avigdor Lieberman, ha incontrato un uomo di potere arabo non meglio specificato all’hotel Raphael di Parigi e parlano della presenza di un servizio d’ordine del Mossad, i servizi segreti, nella hall dell’albergo. Lieberman ha tenuto quell’incontro, aggiungono i giornali, all’insaputa del suo primo ministro, Benjamin Netanyahu, e questa notizia è resa ancora più controversa dalla corsa elettorale con scadenza a marzo. E’ stato escluso che l’israeliano abbia incontrato il politico palestinese Mohamed Dahlan, che vive in esilio nel Golfo e ora sta tentando una scalata ostile per diventare presidente dell’Autorità nazionale palestinese contro il leader attuale Abu Mazen.
In un discorso pronunciato a marzo Abu Mazen ha accusato Dahlan di essere fra gli assassini del leader dell’Olp Yasser Arafat e ha tagliato i salari dei circa cento uomini delle forze di sicurezza più vicini al rivale. Dahlan risponde definendolo “dittatore” e dice che quel discorso era “pieno di bugie, di stupidaggini e di ignoranza sulla realtà della Palestina”.
Secondo i media arabi Dahlan sta tessendo la trama politica del suo ritorno. Ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e ha cercato un’intesa con il gruppo palestinese Hamas che controlla la Striscia di Gaza, dove c’è stata anche una manifestazione di strada a suo favore. Dahlan godeva già di un ampio appoggio all’interno di Fatah – che è la stessa base di potere di Abu Mazen – e potrebbe essere una minaccia per l’anziano leader che nel frattempo s’è infilato in una campagna per portare i vertici israeliani alla sbarra alla Corte penale internazionale dell’Aja con esiti controproducenti (l’America potrebbe tagliargli i fondi).
C’è un secondo contatto molto discreto. Un jet privato vola tra Tel Aviv e Abu Dhabi (negli Emirati arabi uniti) anche due volte alla settimana, secondo l’analisi dei dati pubblici sui voli internazionali in medio oriente. La notizia è stata data a dicembre dal quotidiano israeliano Haaretz, che però non ha specificato la destinazione e ha scritto “uno stato del Golfo”. Il sito Middle East Eye ha ripreso la questione e ha chiesto al giornalista israeliano perché non scrive la rotta esatta, e quello ha risposto di non potere scendere in dettagli.
Il volo è operato dalla linea privata PrivatAir, con sede a Ginevra. Lascia l’aeroporto Ben Gurion con destinazione ufficiale Amman, in Giordania (uno dei pochi paesi arabi ad avere relazioni diplomatiche con Israele), ma non compare sulla lista ufficiale degli arrivi, perché fa una breve sosta e poi prosegue per l’aeroporto internazionale di Abu Dhabi, dove però non compare tra gli arrivi (o perlomeno non compare sulla lista ufficiale sul sito). L’aereo è stato comprato specificamente per questa tratta, considerato che ha cominciato a viaggiare due giorni dopo l’acquisto, e ha una capacità di 56 posti, di cui otto sono di prima classe con due tavolini. La rotta attraversa lo spazio aereo di Arabia Saudita, Bahrein e Qatar e non c’è modo che questi paesi non sappiano cosa sta succedendo.
Il sito Middle East Eye prova a spiegare la ragione del viaggio con un grande contratto da 800 milioni di dollari tra l’israeliana Agt International e Abu Dhabi per la fornitura di sistemi di sorveglianza sofisticati come sensori, telecamere di sorveglianza e barriere elettroniche. L’azienda si avvale della collaborazione di decine di ex appartenenti alle forze di sicurezza israeliane. A richiesta del sito, non ha voluto fare commenti sui quei voli.
Israele e i paesi arabi del Golfo da qualche anno si trovano su un fronte comune contro gli stessi nemici, l’Iran e l’estremismo tendenza Al Baghdadi, e questo clima emergenziale favorisce le intese, anche se discretissime.