RIVOLTA IN FORZA ITALIA CONTRO L’INTERVISTA

ANTI-NAZARENO DI RENATINO BRUNETTA - E’ PARTITA UNA RACCOLTA DI FIRME TRA SENATORI E DEPUTATI SU UN DOCUMENTO ‘RENZUSCONI’ REDATTO E INVIATO RISERVATAMENTE DA PAOLO ROMANI

Brunetta: “Se salta il patto del Nazareno si va a votare con il proporzionale. Allora sì che avremmo un Parlamento costituente. Con buona pace di Renzi” - Scatta la conta interna, in vista del voto del Quirinale, di chi sta con Berlusconi pro-Nazareno e chi no, come Brunetta…

1. DAGOREPORT 17 GEN 2015 18:26

Rivolta in Forza Italia contro l’intervista di Renatino Brunetta al Corriere (vedi articolo a seguire). E’ partita una raccolta di firme tra Senatori e Deputati su un documento pro-Nazareno redatto e inviato riservatamente da Paolo Romani. Scatta la conta interna, in vista del voto del Quirinale, di chi sta con Berlusconi pro-Nazareno e chi no, come Brunetta.

2. SE IL PREMIER FORZA SARÀ GUERRA E BASTA EX COMUNISTI AL QUIRINALE»

Aldo Cazzullo per Corriere della Sera

Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, chi votereste per il Quirinale?

«Certo non un fantoccio. Un uomo che abbia un vastissimo consenso, una levatura personale e una pratica istituzionale tali da non farsi ingabbiare dalla struttura del Quirinale, e un’attitudine antica all’amore per la libertà. Quindi, non un ex comunista».

Ancora con la solfa dei comunisti?

«Ciascuno appartiene alla sua storia. Scalfaro rivelò la sua natura di magistrato bacchettone, per cui il peccato equivale al reato, e trasformò l’idiosincrasia verso lo stile di vita di Berlusconi in odio antropologico. Ciampi è stato alla fine un azionista nazionalista di sinistra. Napolitano, vecchio bolscevico, cui rendo onore per la coerenza, ha obbedito al fondamento ideologico appreso da Togliatti: l’abitudine a intendere la moralità in funzione del potere dei “suoi”».

Guardi che l’avete rieletto pure voi.

«In condizioni di emergenza. E abbiamo sbagliato. Come sbagliò Berlusconi a dimettersi, sempre in condizioni di emergenza. All’estero i capi di Stato eletti possono essere azzoppati; da noi il capo dello Stato può solo azzoppare. Con la scuola comunista abbiamo dato. Occorre cambiare diocesi».

Quindi niente Bersani, Fassino, Veltroni?

«In passato abbiamo avuto presidenti eccellenti come Cossiga e Leone, ottimi come Pertini e Saragat, grandi come Einaudi. Tutti venivano da posizioni istituzionali altissime. Nessuno, tranne Saragat, è stato leader o segretario di partito».

Questo esclude anche Prodi?

«Appunto».

Mattarella?

«Il presidente della Repubblica dev’essere una personalità di grande spessore, di alta esperienza internazionale, di provata capacità di governo. Oggettivamente, con tutto il rispetto che si merita, Mattarella non ha queste caratteristiche».

Padoan?

«Non vogliamo un tecnico passato da poco alla politica. Stimo Padoan, è mio amico. Un anno fa lo sostenni come presidente dell’Istat. Il Quirinale è un’altra cosa».

Perché non una donna?

«Sarebbe volgare farne una questione di genere».

Per la Finocchiaro e la Pinotti vale la pregiudiziale anticomunista?

«Veda lei».

E per la Severino?

«Vale il discorso sui tecnici».

Grasso?

«Non votiamo un avvocato, vuole che votiamo un magistrato?».

Amato?

«Non voglio fare nomi, non ne abbiamo ancora discusso. Dico la mia personalissima opinione: Giuliano Amato è il più competente, il più esperto, il più conosciuto all’estero. Ed è di cultura liberal socialista».

Non teme di bruciarlo?

«Basta! Basta con questo luogo comune insopportabile, usato e abusato, da furbetti, per cui se si parla di qualcuno lo si brucia. Discutiamone apertamente, alla luce del sole, fuori dalle segrete stanze».

Amato è considerato uomo dell’establishment. E molti italiani non gli perdonano la Finanziaria del ’92. Lei crede che Renzi, così attento al consenso, sia disposto a puntare su di lui?

«È deviante pensare che questa partita sia solo in mano a Renzi. È come al poker: nessun punto ti dà la garanzia di vincere. Renzi si sbaglia di grosso, se pensa di essere l’unico intelligente circondato da sciocchi. Ci sono ragioni politiche e anche giuridiche per cui occorre un consenso vastissimo».

Cosa intende per ragioni giuridiche?

«Tra i grandi elettori ce ne sono 148 mai convalidati, eletti con un premio di maggioranza che la Consulta ha dichiarato incostituzionale. Di questi, 130 sono del Pd. Legati a una clausola della legge elettorale scattata per lo 0,37% dei voti: un margine esiguo e dubbio. Inoltre, la riforma costituzionale voluta dal governo tende a innalzare il quorum: nella versione arrivata alla Camera, la maggioranza necessaria è di due terzi fino al nono scrutinio, non al quarto come oggi. Un presidente eletto per pochi voti, o per un caso, per un impulso emotivo dell’ultimo momento, sarebbe fragilissimo. Un’anatra zoppa “ab ovo”. Non è nell’interesse di nessuno».

Perché lei vuole bloccare le riforme di Renzi?

«Mi meraviglio della domanda. Io collaboro alle riforme. E basta con le sue battute. Chiamarmi re dei fannulloni invece di discutere nel merito dei miei argomenti è segno di una pigrizia mentale e di un’indolenza morale indegne di un leader democratico. Renzi non ha la minima idea di cosa voglia dire avere contro Brunetta».

Lo dice per scherzo, vero?

«Un po’ scherzo, ma non tanto. Io sto usando solo il 5% del mio potenziale combattivo, politico e intellettuale per oppormi a Renzi. Ma la mia pazienza non è infinita. Eviti forzature infantili. Il gruppo di Forza Italia, con qualche legittima eccezione, è compatto sulla mia linea: non c’è tempo, e non è neanche giusto approvare alla Camera la riforma costituzionale prima dell’elezione del presidente. Non possiamo scegliere il capo dello Stato ingaglioffiti da un calendario assurdo, per far passare norme destinate a entrare in vigore nel 2018. E perché? Per una bambinesca prova di forza di Renzi? Suvvia, siamo seri».

Prima il Quirinale, poi le riforme?

«Sì. Proporrò al presidente Berlusconi di costituire un comitato di lavoro per le consultazioni con le altre forze parlamentari, a cominciare dall’Ncd di Alfano, per discutere del successore di Napolitano. Se invece Renzi forzerà la mano sul calendario, la scelta avverrebbe in un clima di tensione drammatica. Si andrebbe “ai materassi”, come si dice nel Padrino . Sa cosa significa?».

No.

«Guerra totale. Nessuno dorme a casa sua, ma si cerca una sistemazione provvisoria. Su un materasso appunto».

È vero che con Verdini siete quasi venuti alle mani?

«No. Il dialogo con Verdini è intenso e caldo, com’è nella nostra natura. Il patto del Nazareno, come qualsiasi altro, ha senso se è un patto tra uguali, non leonino. Altrimenti è una sottomissione. E io non mi sottometterò mai a nessuno. Tanto meno a Renzi».

Ma se salta il patto del Nazareno si va a votare.

«Meglio così. Si voterebbe con il Consultellum, quindi con il proporzionale. Allora sì che avremmo un Parlamento costituente. Con buona pace di Renzi».

3. IL DOCUMENTO DI PAOLO ROMANI

Il 18 gennaio 2014, un anno fa, il Presidente Silvio Berlusconi, confermando la Sua straordinaria generosità e il suo Amore per il nostro Paese, si è recato nella sede del Partito Democratico, quel partito che inopinatamente due mesi prima era stato protagonista della Sua vergognosa esclusione dal Parlamento della Repubblica, e ha posto le basi per l’apertura di una nuova fase politica, dimostrando di avere a cuore prima di tutto le sorti dell’Italia e la prospettiva, da sempre al centro della Sua azione, dell’ammodernamento delle Istituzioni.

Ad un anno da quell’evento, i sottoscrittori di questo documento, ribadiscono la piena fiducia nel Presidente Berlusconi e la lungimiranza di quella scelta che ha riportato Forza Italia al centro della vita politica e dimostrato la Sua essenzialità per qualsiasi prospettiva di reale cambiamento del nostro Paese e ne ha chiarito, agli occhi dell’opinione pubblica, la natura di movimento riformista e responsabile.

Tale scelta ha consentito di avviare il cantiere per dare una risposta ad una duplice emergenza: la prima derivante dalla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che, mutilando di parti essenziali la normativa preesistente, ha prodotto una legge elettorale incompiuta ed inefficace, e per di più meramente proporzionale, rendendo ineludibile l’approvazione di un nuovo testo; la seconda – che si trascina da oltre trenta anni nel dibattito politico – riguarda invece l’ammodernamento del sistema istituzionale, la riduzione dei costi della politica e la semplificazione del procedimento legislativo, una esigenza quest’ultima, resa più cogente dalla modifica del Titolo V, imposta con una riforma costituzionale dalla sinistra nel 2001 a colpi di maggioranza e che ha pregiudicato per dieci anni gli investimenti nel nostro Paese, e dal referendum ideologico che nel 2006 annullò la prima vera organica riforma della Costituzione voluta dal centro-destra e approvata dal Parlamento.

L’ammodernamento delle Istituzioni è da sempre nel dna di Forza Italia che nel suo primo programma elettorale del 1994 prospettava il superamento del bicameralismo paritario e del Senato elettivo; parimenti l’introduzione di una legge elettorale che assicuri la riduzione della frammentazione politica e la governabilità, è la logica conseguenza della ‘scelta di campo’ bipolare che Silvio Berlusconi ha chiesto agli Italiani, conseguendo milioni di voti.

Consapevoli dell’attuale composizione del Parlamento italiano, riteniamo che, nella situazione data, la scelta di un anno fa, abbia contribuito ad innestare nel disegno di legge costituzionale i principi cardine della già citata riforma del 2005 (superamento del bicameralismo perfetto, semplificazione del processo legislativo, modifica del Titolo V, riduzione dei Parlamentari e dei costi della politica) e ad impedire soluzioni normative che, inseguendo slogan populisti (come il Senato dei Sindaci…), senza il decisivo contributo di Silvio Berlusconi e dei deputati e senatori di Forza Italia, avrebbero potuto costruire un assetto tutto a danno di una parte politica. Con ciò Forza Italia si è inserita nella migliore tradizione del riformismo italiano, che non è la pretesa, attualmente purtroppo impossibile, di far convergere sulle proprie posizioni forze politiche diverse e distanti, ma la continua ricerca delle possibili mediazioni nell’interesse del Paese.

L’evoluzione dello scenario politico, alla vigilia di importanti scadenze, conferma la centralità di Forza Italia: tutto ciò non può a nostro avviso entrare in un dibattito sul rinnovamento della forma partito e sulle prospettive future di ricostruzione del centro-destra, che più logicamente potrebbe invece svilupparsi una volta chiarite le regole del gioco e l’assetto costituzionale del Paese.

Tutti noi inoltre siamo consapevoli che questo Governo ha dimostrato, con le sue demagogiche promesse e con spot elettorali di facile presa, di non essere in grado di agganciare  la ripresa già avviata nei paesi più avanzati e ha condannato di fatto l’Italia a restare al palo, senza prospettare reali soluzioni che solo una proposta politico-economica realmente liberale, rappresentativa di quella maggioranza moderata e riformista, potrebbe oggi dare al Paese.

Per tali motivi la differenza di opinioni non può spingersi a danneggiare il nostro movimento politico ed il presidente Berlusconi avvalorando un presunto sostegno di Forza Italia a questo governo, sostegno che né nei numeri né in migliaia di votazioni è mai esistito, o l’esistenza di fantomatici e oscuri ‘interessi’.

La scelta di contribuire al percorso di riforme è ancora più limpida perché non condizionata dal mantenimento di posizioni di potere, di governo o di sottogoverno e ciò acclara la natura di Statista del Presidente Berlusconi che, nonostante l’onta subita da assurde condanne e da una ininterrotta serie di azioni volte ad alterare sistematicamente l’assetto democratico come sancito dalle elezioni, ha contribuito con responsabilità alla definizione del percorso delle riforme.

Tutto ciò ci conforta nella rinnovata fiducia nel Presidente Silvio Berlusconi alla vigilia di una importante scadenza istituzionale: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica non dovrà e non potrà infatti prescindere da Forza Italia, giacché anche i nostri elettori  ci chiedono, prima di ogni altra cosa, di impedire il reiterarsi di scelte tutte a danno della parte moderata del Paese, magari richiamando in servizio permanente attivo i campioni della sinistra antiberlusconiana.

E la nostra responsabilità ci convince anche della nostra differenza: cresciuti in politica grazie alla generosa discesa in campo di Silvio Berlusconi, non possiamo permetterci, per il bene dell’Italia che amiamo, di sostituire vent’anni di antiberlusconismo a prescindere, con un vuoto e sterile massimalismo di facciata.

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