Zaia, Regionalizzare il debito pubblico

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Dividendolo a fette, ogni regione pagherà così la sua parte -  

Regionalizzare il debito pubblico: dividerlo a fette, in parti uguali, e ogni regione potrà pagare la sua parte». Questa la ricetta che il governatore del Veneto, Luca Zaia, lancia dalle colonne di ItaliaOggi contro il rischio che la congiuntura economica spacchi il paese. Sentito sulla crisi del suo partito, Zaia va a tutto campo.

Ai compagni di partito dice: «Non credo ai complotti. Nella Lega, chi ha sbagliato deve pagare». Al cancelliere Angela Merkel non la manda a dire: «Andrà presto a casa. E se Berlino continua così, non ci sarà un'Europa a una o a due velocità; bisognerà fare l'Eurozona senza Germania».

Domanda. Sui manifesti che ha stampato ha scritto: prima il Veneto. Prima il Veneto della Padania?

Risposta. Prima il Veneto significa interpretare fino in fondo la Costituzione. I costituenti erano federalisti autentici. Il problema è la gestione centralista che è venuta dopo. Noi amministratori siamo chiamati in primis a difendere le nostre comunità.

D. Lei, ormai, sembra smarcarsi dalla politica politicante. Ha scelto di ritagliarsi più il ruolo del bravo amministratore_

R. Ho sempre fatto l'amministratore fin dagli albori. Prima il Comune, poi la Provincia, quindi la Regione fino al ministero, per poi tornare in Regione. Io non credo che i cittadini apprezzino i governatori part time. Ho ereditato la Regione Veneto in piena crisi. Da quando sono stato eletto governatore ho scelto di non andare nei talk show. E, a dispetto delle cassandre, i risultati mi hanno dato ragione.

D. Lei, prima così presenzialista sui giornali_

R. Per scelta, non vado in tv da due anni se non per questioni che riguardano il Veneto. Un governatore serve ventiquattro ore su ventiquattro. Sono così convinto di questo che penso che il futuro della politica ci porterà alla separazione delle carriere: da un lato l'amministratore, dall'altro l'uomo di partito. Entrambi profili rispettabili. Ma anche non sommabili

D. È vero che esiste un progetto di autodeterminazione del Veneto, attraverso lo statuto che consente l'indizione di un referendum regionale, qualora cinque consigli comunali deliberino a favore dell'indipendenza?

R. Il tema dell'indipendenza è un tema che sottende i dettami costituzionali. Non ha supporto tecnico legale nella Costituzione. Il Veneto interpreta democraticamente questo tema, dicendo che su questioni rilevanti può audire i suoi cittadini.

D. Quindi il Veneto ha uno statuto incostituzionale?

R. No. Il nostro statuto è stato approvato dal governo Monti.

D. Ma il Veneto può fare un referendum sull'indipendenza?

R. No. Oggi la Costituzione non lascia varchi. Serve un supporto tecnico legale per poterlo fare.

D. A Jesolo nei giorni scorsi si è tenuta una convention dei movimenti secessionisti fuoriusciti dall'orbita Lega. Come guarda a queste anime?

R. Col massimo rispetto. Rappresentano la grande comunità veneta che va dai secessionisti, ai venetisti, ai federalisti convinti, passando per gli autonomisti. È un sentiment forte, che la maggior parte dei veneti ha, rispetto a un atteggiamento imbarazzante del centralismo romano. Se fossero uniti avrebbero la maggioranza assoluta in Veneto. Intercettano consensi a destra, a sinistra e nel centro. Vede, il Veneto ha un profilo identitario molto forte; non è un amarcord. Sette persone su dieci parlano e pensano in veneto, come avrebbe detto l'imperatore Adriano

D. Cita un imperatore romano?

R. Adriano era molto affine a noi veneti. Diceva: nei miei monumenti troverete solo scritte in latino, ma io ho sempre vissuto in greco. Anche lui ce l'aveva con Roma

D. La crisi economica spinge verso l'autodeterminazione?

R. Ci hanno indottrinato con rigore, equità e crescita. La verità è che abbiamo 1.928 miliardi di euro di debito pubblico, che, allo spread attuale, ci costano 75-80 miliardi di euro di interessi. C'è una sola soluzione per la crisi: bisogna fare in modo che, in questo paese, le uscite siano inferiori alle entrate. E il sistema è il taglio degli sprechi. Per tagliare gli sprechi è dogmatico fare ciò che altri hanno fatto in passato: trasformare il nostro stato in uno stato federale.

D. La vecchia cara ricetta?

R. Lo stesso presidente della Repubblica oggi dice che il federalismo non è più una scelta, ma una necessità. La Germania sarebbe quella che è oggi se non avesse adottato un sistema federale? Gli esperti di federalismo ci dicono che dare risposta ai territori col federalismo, genera un movimento centripeto; non fare il federalismo, genera un movimento centrifugo.

D. Qualcosa di più rapido e concreto?

R. Lancio una proposta: premesso che il debito pubblico non lo abbiamo fatto noi veneti, visto che abbiamo un residuo fiscale attivo verso Roma, chiediamo a gran forza che si abbia il coraggio di regionalizzare il debito pubblico. E, parimenti, che si dia ad ogni regione competenze e autonomia. Questo significherebbe riportare l'Italia sotto i riflettori a livello internazionale. E lo spread andrebbe a zero. A tassazione invariata, il Veneto riuscirebbe ad aggredire tutta la sua parte di debito pubblico in poco più di trent'anni, mantenendo inalterati i servizi che già oggi eroga. Ciò significa che avremmo una pianificazione simile a quella di una famiglia che programma il pagamento di un mutuo in 30 anni.

D. E le regioni più povere?

R. Si può prevedere un profilo di sussidiarietà e solidarietà per chi non ce la fa, però non saranno più legittimati dal sistema federalista situazioni come quella della Sicilia che ha circa 26 mila forestali, contro i circa cinquemila di tutto il resto d'Italia

D. L'eretico Flavio Tosi, amico-rivale, è diventato segretario della Liga Veneta

R. Ha raccolto una grande sfida: traghettare il partito e ricucire le sue ferite. Ci sono state spaccature e tensioni. Se mette in pratica le sue dichiarazioni ce la fa. Bisogna ricompattare il partito

D. Lei è più bossiano o maroniano?

R. Chiederlo al governatore del Veneto significa fargli rinunciare alla sua identità, visto che Bossi e Maroni sono entrambi lombardi.

D. Va bene, ma lei da che parte sta?

R. È poco corretto dividerci in bossiani e maroniani. Io non mi sento di appartenere a nessuna delle due categorie, pur sostenendo che Maroni possa essere un valido segretario. Dividerci è una semplificazione del problema; tutti sanno che da entrambe le parti, i sostenitori dell'uno e dell'altro si mescolano. Prova ne sia che il consenso di Maroni rappresenta la quasi totalità dei militanti.

D. Ma lei, ce l'ha una corrente?

R. La mia

D. In quanti siete?

R. Da solo, ovvio

D. Come legge l'attuale transizione del suo partito?

R. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Non ho mai creduto ai complotti. La magistratura fa il suo lavoro. E se ha trovato il substrato su cui lavorare è perché qualcuno in Lega ha sbagliato. E qualora si verificheranno le responsabilità, chi ha sbagliato dovrà pagare.

D. Colpevolista o innocentista?

R. Ne l'uno, ne l'altro. Mantengo il pragmatismo. Anche perché la politica mi ha fatto vedere in questi anni persone che hanno fatto le acrobazie, passando dal giustizialismo al garantismo in modo ingiustificato, per altro dimostrando che la legge nei partiti non è uguale per tutti_

D. Le future alleanze?

R. Noi leghisti dobbiamo imparare a non passare le nostre giornate ad attaccare Berlusconi, la sinistra, ecc. Dobbiamo concentrarci sulle nostre azioni politiche e non su quelle degli altri, coscienti del fatto che abbiamo responsabilità. In Veneto, ho fatto i miei percorsi da solo. Mi hanno votato per una coalizione che io difenderò fin quando non ci sarà qualcuno che disattenderà gli impegni presi con i cittadini. Quindi non mi presterò mai a fare o a disfare amministrazioni per giochi della politica o di segreterie di partito

D. Condivide l'impostazione del segretario lombardo della Lega, Matteo Salvini: solo liste civiche?

R. Tutto è possibile, ma prima di pensare alle alleanze future bisogna mettersi la cenere in testa e lavorare. Anche perché non possiamo poi tutti i giorni cambiare idea. Dobbiamo decidere quando è il momento di decidere.

D. La Merkel apre all'ipotesi di un'Europa a due velocità. Lei cosa ne pensa?

R. Merkel ha il 22% dei consensi, presto andrà a casa. Ha accarezzato l'idea di avere una super Germania, dimenticando che noi siamo il suo mercato. È folle quello che sta facendo. Se non torna a più miti consigli, i primi ad avere guai saranno proprio i tedeschi. La sua posizione di ostruzionismo sulla gestione del debito pubblico attraverso gli Euro-bond e il blocco di una Bce in stile Federal Reserve potrebbero aprire a una terza ipotesi: non l'Europa a una o a due velocità, ma un'Eurozona senza la Germania. E, poi, vedremo chi riderà.

D. Il vecchio progetto di una Euroregione che sommi Veneto, Friuli Venezia Giulia, Carinzia, Slovenia e Trentino Alto Adige rimane sul tavolo?

R. Va avanti. È previsto dalla Costituzione. Le intese transfrontaliere daranno vita a macroregioni

Italia Oggi – 8.6.2012 - di Luigi Chiarello