Al Pd comincia a piacere il Porcellum

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Ad aver fretta è Pier Ferdinando Casini. Gli altri, se a parole si dicono prontissimi,

stanno ben attenti a non finire. Ovviamente, Pdl e Pd si scambiano vigorose apostrofi, con reciproche accuse di rallentamenti, impicci, retropensieri, cambiamenti. E così la riforma elettorale non spunta mai.C'è chi si domanda se veramente ci si arriverà. Per mesi, sostenitore silente ma convinto del mantenimento dello status quo era Silvio Berlusconi, persuaso che il Porcellum gli giovasse. Da quando il Pdl è precipitato a livelli tali da non poter ambire di essere il primo partito e ha visto dissolversi ogni possibile alleanza, un pensierino sul permanere del sistema vigente l'ha fatto il Pd. Anzi, più di un pensierino, posto che le condizioni politiche attuali consentirebbero ai democratici di riportare la maggioranza assoluta senza dover imbarcare una dozzina di coalizzati rissosi, costosi, intolleranti, quale fu l'Unione nel 2006. Quindi, a pensare che Pier Luigi Bersani sotto sotto non sarebbe insoddisfatto che nulla mutasse, non ci si sbaglierebbe.Però, c'è una pressione di pubblica opinione che non tollera il sistema vigente di liste bloccate e candidature plurime. C'è un presidente della Repubblica che scalpita, con interventi irrituali che infastidiscono il Pd. Ergo, bisognerà proprio cambiare. Il fatto è che si fatica a individuare una mediazione. Le preferenze, per esempio, sono detestate dai vecchi forzisti, ma amate dagli ex aennini, combattute da mezzo Pd, ma tollerate o appoggiate da un terzo dei democratici. Certo, agosto incombe. Lo stesso Cav, tuttavia, preferisce sornionamente lasciar scivolare le discussioni senza chiuderle, perché infastidito dell'eccessivo blaterare di urne anticipate dominante da alcuni giorni. Mario Monti, formalmente estraneo alla vicenda, sta a sua volta attento per costruire il proprio futuro: o ancora a palazzo Chigi o sul Colle.

di Marco Bertoncini  Italia Oggi 27.7.2012