Libero commercio o pianificazione?

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C'è in Italia un "furto di informazione" sulla crisi economica, come denuncia

un appello di intellettuali (tra cui Luciano Gallino e Guido Rossi) e come ha scritto Carlo Freccero sul Fatto Quotidiano? Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, risponde di no, ma il tema del "pensiero unico" sulla crisi lo stuzzica.

 D. Ferrara, hanno ragione Gallino e Freccero, c'è un "furto di informazione" sulla crisi?

Un conto è invocare il pluralismo delle fonti, ma l'appello alle autorità per un intervento di ripristino di una linea informativa ha qualcosa di orwelliano. Da Pci degli anni Cinquanta.

L'appello di Gallino e Rossi denuncia una resa intellettuale alle ragioni del mercato.

Ma non tengono conto del fatto che la Thatcher ha creato l'azionariato popolare, che Reagan ha inventato i fondi pensione. Che la gestione del risparmio e degli investimenti è diventata un carattere fondamentale dei mercati mondiali. Per loro esistono le forze del grande capitale finanziario in agguato. Non capiscono che nella composizione della finanza mondiale coesistono molte cose diverse, certo, le grandi banche e le multinazionali, ma anche il risparmio di società che si sono liberate dalla costrizione, scoprendo le libertà.

 D. Siamo diventati tutti liberisti?

Il liberismo non è una connotazione ideologica, è la condizione effettiva del mondo contemporaneo.Il libero commercio ha trionfato sulla pianificazione, lo dice il principio di realtà. Loro sono fermi alla lotta di classe, sbagliano a pensare che sia dirimente.

 D. Gallino ha scritto un best-seller sul fatto che la lotta di classe c'è ancora.

Non è che è stato eliminato il concetto, è stata eliminata la cosa in sé. Molti dei firmatari dell'appello ripropongono uno schema marxista-leninista (leninista lo metto solo per polemica), come fa Maurizio Landini con la Fiom. Ma non hanno un'esperienza di vero comunismo alle spalle. Fossero stati comunisti, leggerebbero Giuseppe Di Vittorio. Gli operai si sono sempre considerati parte del capitalismo. Per la cultura classista vera, il capitalismo è un rapporto sociale di produzione. Siamo tutti nella stessa barca.

D. Ma è d'accordo che c'è una certa uniformità nelle analisi sulla crisi economica?

Su questo, Gallino e gli altri dicono una cosa vera: è ridondante, ossessivo, l'appello valoriale sempre allo stesso quadro di idee. Anche noi al Foglio, dopo aver detto mille volte "viva Draghi, viva la Banca centrale europea, viva la finanza internazionale", sentiamo il bisogno di sentire Guido Viale o Riccardo Realfonzo. La scomparsa delle idee e delle culture di opposizione sociale non è un bene per nessuno.

 D. Come si spiega che un po' tutti i giornali, dal Sole 24 Ore a Repubblica, abbiano le stesse analisi e gli stessi editoriali?

Se i figli di un dirigente comunista storico come Alfredo Reichlin hanno le idee che hanno, uno in sociologia politica, Pietro, e una in economia, Lucrezia, è perché tutte le persone che studiano veramente i problemi poi alla fine oggi si riconducono a una stessa cultura. Nessuno crede più alla possibilità di cambiare le cose in uno schema di pianificazione. Cito Reichlin in modo provocatorio, ma potrei indicare anche Giulio Napolitano, il giurista figlio del Capo dello Stato. La trasmissione generazionale è così: le persone si muovono dentro le coordinate del loro tempo.

D. Quindi il "pensiero unico" esiste.

Sono d'accordo con i firmatari dell'appello, quando dicono ‘attenzione che così il pensiero diventa unico'. Ma mi pare che poi non ci sia una prospettiva o un costrutto reale nelle tesi di un Gallino o un Viale. Se mi propongono un impauperimento progressivo del sistema internazionale, allora preferisco gli articoli dell'Economist che mi ricordano come la globalizzazione ha permesso a milioni di persone di mangiare qualcosa di più di una ciotola di riso. Anche se poi mi guardo intorno e noto che ci sono più automobili che mosche...

 D. Non subirà mica il fascino delle teorie sulla decrescita?

Io mi sono fatto l'orto. Un po' tutti sentiamo che una pedagogia civile implica escogitare valori a chilometro zero. Ma non bisogna che diventino idoli. Sono d'accordo che non serve il Tav per trasportare le uova tra Italia e Francia, ed è più semplice che ognuno mangi le proprie. Ma non per questo mi auguro il crollo delle multinazionali dell'agroalimentare che danno lavoro a tanta gente e producono ricchezza.

D. Si prova a cambiare il mondo con comportamenti individuali, ma non ci sono più teorie per provarci.

Sono d'accordo. Ma il problema non è che le grandi idee alternative vengono nascoste dai giornali, come sostiene Gallino. Semplicemente non esistono più. Mattia Feltri per Il Fatto 31.7.2012