Schwazer : «Sapevo che mi avrebbero scoperto»

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LONDRA - «Volevo di più». «Volevo essere più forte, andare più veloce». «Non voglio

andare in prigione». Il giorno dopo la notizia della sua positività all'Epo che ha sconvolto l'atletica italiana, il marciatore Alex Schwazer parla sulla Gazzetta dello Sport. E racconta la sua verità, che (si immagina) ribadirà mercoledì a mezzogiorno in una conferenza stampa all'hotel Four Points di Bolzano. Anche se non tutto torna. Per esempio quando alla precisa domanda di Pierangelo Molinaro sulla rinuncia alla 20 km di marcia comunicata il 28 luglio, Schwazer risponde che non se la sentiva di partire per Londra «con questa spada di Damocle sopra la testa». Ma il controllo della Wada è avvenuto il 30 luglio.CONTRADDIZIONI - Non è l'unica risposta a lasciare perplessi. Schwazer spiega di avere iniziato ad assumere eritropoietina a metà luglio e di essersela iniettata da solo. Aggiunge anche di essersela procurata su Internet, ma è una rivelazione che contraddice quanto affermato poco prima. Alla domanda su eventuali aiuti ricevuti nella sua attività illegale, Schwazer - dopo un momento di silenzio - risponde: «Non voglio andare in prigione». Ma perché ha questa preoccupazione? Ha per caso a vedere con un traffico illegale di prodotti dopanti, visto che a quanto pare da tempo l'Agenzia mondiale antidoping teneva Schwazer nel mirino? Ci sarà tempo per scoprirlo. Il Tribunale nazionale antidoping ha immediatamente accolto la richiesta della procura antidoping del Coni e ha sospeso con effetto immediato Alex Schwazer.

«ERO PULITISSIMO» - A giudicare da quanto si legge sul quotidiano sportivo, Schwazer è psicologicamente devastato, come era logico supporre. Il controllo del 30 luglio lo ha mandato nel panico: «Da quel momento ho smesso di dormire, mi è crollato il mondo addosso, sapevo che l'avrebbero scoperta». E poi le lacrime, in chiusura d'intervista. Dopo un giuramento: fino a quella maledetta metà di luglio, Schwazer dice di essere stato pulito, anzi «pulitissimo». Ma chi avrà ancora la forza di crederci?IL PADRE - Forse il padre, Josef. Davanti alla casa di famiglia a Calice, una piccola frazione di Racines, in cui il figlio Alex si è rifugiato, è lui a parlare ai giornalisti: «È stata al 100% la prima volta che ha fatto uso di queste sostanze». Ma non c'è tono accusatorio nei confronti del campione olimpionico di Pechino 2008, anzi: «Le responsabilità sono mie, perché se si vede un figlio, che durante tutto l'anno è stato male, si deve capire e si deve cercare di parlargli». Parole che rivelano la condizione psicologica difficile di un atleta che dopo il trionfo cinese aveva passato diversi momenti di difficoltà, che però nel 2012 sembravano alle spalle. «LIBERATO» - Sembravano, appunto. «L'ultima volta che è partito da qui - racconta ancora Josef Schwazer - era distrutto. Forse l'ha fatto per non deludere gli altri». Il padre di Alex si sforza di guardare avanti: «Per fortuna ha fatto solo questo. Si è liberato. Così non poteva andare avanti. Spero che adesso possa condurre una vita normale». Secondo Josef Schwazer, suo figlio «psicologicamente non reggeva più. Si era chiuso in se stesso. Si allenava da solo. Spero di poter rimediare agli errori che ho fatto con lui. Per Alex - ha aggiunto - oggi non è il giorno più brutto, il peggiore è quello che verrà. Ripeto, la colpa è mia. Nei momenti difficili serve un padre che riesca a stare vicino ad un figlio. Per questo chiedo perdono ad Alex. Tireremo avanti».CAROLINA - Un pensiero anche per la fidanzata Carolina Kostner: «Alex era schiacciato da un peso che non riusciva più a sopportare. Ma ha una fidanzata speciale che gli sta accanto. Grazie a Carolina, grazie a Michele (Didoni, il suo allenatore, ndr)», le ultime, tristi parole di Josef Schwazer.

 

7 agosto 2012 | 16:44 – Corriere della Sera