La timidezza dipende dal cervelletto

Categoria: Firme

Arrossire davanti agli altri senza avere la forze di superare

il disagio. Incapacità di comunicare davvero i propri sentimenti. Difficoltà a stringere rapporti con l’altro sesso. La timidezza è una peculiarità caratteriale di tante persone a questo mondo, ma a spiegarne le cause non vi è soltanto un atteggiamento del nostro modo di essere, quanto piuttosto una dipendenza ‘organica’ situata nel sistema cerebrale, o meglio in una parte specifica di esso, il cervelletto: ad affermarlo è una ricerca condotta dall’I.R.C.C.S Fondazione S.Lucia e L’Università La Sapienza di Roma, e pubblicata sulla rivista Human Brain Mapping.

Secondo i risultati di questo studio, essere timidi o al contrario estroversi dipende dalle dimensioni del cervelletto, che variano da persona a persona: in passato la scienza aveva già dimostrato come il cervelletto avesse un ruolo nel controllare le funzioni motorie e cognitive, ma adesso è stato compiuto un passo ulteriore in quella direzione, ovvero il suo possibile ruolo nella personalità di un individuo. Questa ricerca italiana è giunta a tali risultati sul ruolo del cervelletto attraverso una raccolta di dati riguardanti un campione di soggetti sani, ottenuti per mezzo di una combinazione di tecniche di neuro-immagine strutturale e misure della personalità, con l’ausilio della ‘Scala di Temperamento e Carattere’ di Cloninger, uno scienziato divenuto famoso come padre del modello bio-psico-sociale della personalità.

Secondo questo modello, temperamento e carattere avrebbero origini diverse: mentre il primo è geneticamente determinato, il secondo subisce l’influenza del contesto ambientale ed educativo. Tuttavia la ricerca italiana ha mostrato come i soggetti con un volume del cervelletto maggiore sono più audaci, spinti alla ricerca e all’esplorazione, dunque più estroversi, mentre al contrario i soggetti con un cervelletto di dimensioni minori sono più timidi e riservati, cauti nell’esplorazione, pieni di inibizioni e timori. Se ne deduce che la natura dell’essere influisce non soltanto nel temperamento, ma anche nel carattere, come scrivono i ricercatori nel loro studio: ‘Nell’investigare da un punto di vista strutturale le regioni cerebrali più probabilmente associate con gli stili di personalità, una questione preliminare risulta essere quella di determinare come le strutture, specificatamente in termini di volume, possano essere collegate alle funzioni‘. La conclusione che ne derivano gli scienziati è che un soggetto caratterizzato da un insistito comportamento di ricerca del nuovo in tutte le sue forme, richiede al suo cervelletto un tale sforzo che potrebbe portare ad allargarne il volume. Al contrario, un soggetto caratterizzato da un comportamento ansioso nei confronti di tutto ciò che non conosce, richiede al suo cervelletto poco impegno che potrebbe portare a ridurne il volume. Opact, 15.9.2012