I maestrini dell'ideologia ribaltano la realtà

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Che siano stati gettati dei lacrimogeni dalle finestre del ministero della Giustizia, il 14

novembre a Roma in via Arenula, per disperdere un corteo studentesco in cui si erano inseriti elementi di violenza organizzata, mi è sembrato a tutta prima grottesco, ridicolo, incredibile.

Che bisogno c’era? Le forze di polizia erano in strada, facevano il loro dovere e attuavano, certo non con le maniere gentili della pedagogia Montessori, ci mancherebbe, la repressione controllata di testuggini armate di caschi integrali e di scudi e di cubetti di porfido e altri am­mennicoli che muovevano al­la battaglia contro lo Stato. Poi - siccome alla perfidia umana non c’è limite - ho anche pensato che, se fosse avvenuto, chissenefrega: un’im­magine un po’ sconclusionata, blandamente censurabile, della reazione di polizia alla guerriglia urbana, ma niente di più.

Comunque i lanci dei lacri­mogeni dalla finestra, dati con grande strepito e scandalo per sicuri in ragione di un video che riprendeva le scie di fumo apparentemente discendenti, tempo dodici ore sono diventati anche nel linguaggio dei giornali di sinistra «presunti», e si è fatta largo l’idea che sono, i segni dei fumi, parabole di gas lacrimogeni sparati alti, che hanno colpito il palazzo dove lavora il ministro Severino e sono ricaduti in strada. Vedremo, inchieste e perizie sono in corso, ma ho l’impressione che sia stato uno spettacolino piuttosto demenziale di «controinformazione movimentista» (vogliamo chiamarla così?), perché non mi torna l’idea di un paio di poliziotti scemi che entrano nel ministero, corrono su per le scale, si affacciano e sparacchiano lacrimogeni dalle finestre o di poliziotti penitenziari che, chissà perché, spetardeggiano dai piani alti. Si poteva fare tutto in strada, entro le normali regole di ingaggio di una polizia che deve proteggere la sicurezza pubblica, che bisogno ci sarebbe stato di rendersi ridicoli? Gli studenti di Rimini che hanno contestato il ministro Cancellieri non hanno avuto tempo di pensare a queste ovvietà, hanno visto i video di YouTube e si sono incendiati di conseguenza, accettando l’interpretazione polverosa che li rassicurava, «polizia fascista»: siamo nelle mani dei cacciaballe?

Lo scrittore banal-monumentale Saviano vuole organizzare un corteo con i poliziotti e gli studenti fianco a fianco, ma si può pensare una scemenza più simpatica e sbrigliata di questa? Nella storia quando la polizia, l’esercito e la marina si mettono al fianco di folle insorte si fa la rivoluzione, non una parata di buone intenzioni. Pasolini a suo tempo se la prese con gli studenti figli di papà e si mise dalla parte dei proletari meridionali in divisa da poliziotto, c’era una logica poetica e metaforica. Ma che logica c’è, se non quella di un buffo fumetto sentimentale, nell’immaginare che funzionari in divisa dotati di manganello e gas lacrimogeni (servizio pubblico) debbano darsi la mano e procedere uniti con portatori di scudi o lanciatori di cubetti (faziosi, prepotenti) verso un domani che canta? Ma dove siamo arrivati nella via da sempre molto affollata che porta alla più completa stupidità? Si prevedono nuovi traguardi?

Sul giornale ipermovimentista che si chiama il manifesto un opinionista-antagonista ha scritto: non è vero che ci sono cortei buoni e elementi violenti che li fanno degenerare, la protesta ormai dilaga e si esercita con spontaneità anche in forme violente, viva la protesta contro il massacro sociale. Però in quello stesso giorno il cronista di quello stesso giornale ha scritto: il corteo aveva un assetto politico ordinato, a un certo punto sono arrivati quelli vestiti di nero con il casco integrale e gli scudi, hanno preso la testa della folla in marcia e hanno diretto la manifestazione verso lo scontro con la polizia. I lettori secondo voi a chi hanno creduto? Al cronista o all’interprete ideologico? Ma all’ideologo, ovvio. Nei fatti di piazza ognuno vede quello che vuole. Spesso, il suo pregiudizio. G. Ferrara, 18.11