Scappatella con viaggio? Separazione ok

Categoria: Firme

Portare in un viaggio di lavoro la persona con la quale si intrattiene

una relazioneextraconiugale è, per le modalità offensive del tradimento, una valida ragione per l'addebito della separazione. Ma non basta. Il giudice non può disporre il mantenimento solo sulla base del fatto che il coniuge avente diritto ha un lavoro precario, in questo caso una piccola impresa non ancora consolidata, e l'altro un'occupazione stabile. Sono questi i principi sanciti dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 18175 del 23 ottobre, ha da un lato respinto il ricorso di un ex marito sul fronte addebito della separazione e dell'altro lo ha accolto sull'assegno.

Dopo la doppia conforme depositata dal Tribunale e dalla Corte d'Appello di Palermo, lui ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che fosse insufficiente, per la pronuncia di addebito, la testimonianza di un collega che lo aveva visto durante un viaggio di lavoro con quella che sarebbe stata poi la sua nuova compagna. Secondo gli Ermellini le modalità «sfacciate» del tradimento sono sufficiente, da sole, a provare il nesso causale con la crisi coniugale.

Sul punto in sentenza si legge che «la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 cod. civ. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale».

Non può tuttavia sottacersi che la violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, particolarmente se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave di tale obbligo, che, «determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, causa della separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale».

Per quanto attiene al profilo concernente il mantenimento la prima sezione civile ha bocciato la decisione della Corte d'Appello di Palermo che aveva fondato il diritto all'assegno solo sul presupposto che lei aveva una piccola impresa non consolidata e lui un posto stabile. Di Debora Alberici, Italia Oggi 21/11