La prima selezione sarà affidata alla polizia. È forse più affidabile dei magistrati?

Categoria: Giustizia

Intercettazioni: peggio di prima. La seconda selezione è dei Pm. Perché non del giudice?

 di Domenico Cacopardo 4.01.2018 www.italiaoggi.it

«Finalmente!», dirà Anna Falchi, le cui telefonate personali con Ricucci finirono sui giornali. «Finalmente!», diranno tutte le altre vittime di una macchina inumana e illegale che ha portato sui giornali frasi e discorsi che nulla avevano a che fare con reati o con ipotesi di reato. Frasi e discorsi che servivano soltanto ad arricchire («ad colorandum») le costruzioni accusatorie di pubblici ministeri ignari dei diritti costituzionali di accusati e di terzi. Invece no. Gli organi rappresentativi dell'avvocatura criticano il provvedimento. Anche l'Anm per bocca del suo presidente, Eugenio Albamonte non condivide (in parte). Parliamo delle nuove norme in materia di intercettazioni, approvate dall'ultimo consiglio dei ministri del 2017 e presentate da Andrea Orlando, l'abatino (secondo la «lectio» di Gianni Brera) che dirige il ministero della giustizia, come una profonda innovazione che eviterà, dal momento in cui entrerà in vigore, qualsiasi abuso nell'utilizzo delle intercettazioni.

Bugia. Negli anni scorsi, s'è tentato di modernizzare il processo penale adottando le modalità in essere nel resto del mondo occidentale. Si sarebbe dovuti passare da un rito inquisitorio a un rito accusatorio. In poche parole: pubblico ministero e difesa sullo stesso piano e un giudice (terzo) che stabilisce i torti e le ragioni. La realtà, tuttavia, s'è incaricata di smentire quelle buone intenzioni di cui è lastricato l'inferno. L'assoluta preponderanza dei pubblici ministeri s'è, infatti, consolidata anche per il supporto oggettivo loro conferito da un'organizzazione unitaria del sistema giudiziario italiano: in altre parole dalla mancata separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti.

Così va l'Italia: per vedere un qualche progresso in materia dobbiamo aspettare che l'integrazione europea ci costringa a adeguarci agli standard comunitari e, quindi, alle regole organizzative prevalenti. Intanto, occorre rimuovere l'illusione che il coro conformista dei media ha alimentato. In qualche misura, sulle intercettazioni si è compiuto un grave passo indietro. Con la nuova normativa, una prima scrematura tra intercettazioni utili all'inchiesta e inutili deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria. Il che non è di certo assicurazione di riservatezza, anche se, paradosso italiano, la polizia giudiziaria preoccupa meno di quanto non possano preoccupare alcuni pubblici ministeri.

Il materiale così selezionato passa quindi nelle mani del pubblico ministero titolare del processo. E questi fa un'ulteriore selezione, rendendo (di fatto) pubbliche e fruibili le intercettazioni che giudicherà utili all'inchiesta e accantonando le altre. Questo significa che un pubblico ministero privo di remore, renderà pubbliche e fruibili solo le intercettazioni utili all'accusa, eliminando dalla scena quelle utili alla difesa. Non credete che si tratti di uno scenario «limite». È uno scenario molto più plausibile di quanto non si possa ritenere.

Era evidente che la selezione dovesse essere compiuta da un giudice (terzo per definizione, abbastanza terzo nella pratica). In mancanza, nulla di sostanziale è cambiato. Direte: «Ma Albamonte protesta». Vi rispondo: «Se non protestasse, presterebbe acquiescenza alle posizioni dell'avvocatura, compromettendo la funzione corporativa della sua associazione».

Amen.

di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it