Quello che i pol-corr non vi dicono sulla corruzione

Categoria: Giustizia

In un'intervista alla Stampa il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio ammette che "la corruzione le grandi opere del nostro paese non solo è possibile, ma quasi inevitabile". Il problema? La burocrazia

di Redazione | 17 Marzo 2015 ore 10:36 Foglio

"La corruzione le grandi opere del nostro paese non solo è possibile, ma quasi inevitabile. Solo un santo può resistere alla tentazione di farsi corrompere. Tutto per colpa di un sistema normativo totalmente inadeguato". Così, in un'intervista alla Stampa, il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, titolare dell'inchiesta sul Mose, commenta l'arresto di Ettore Incalza e l'inchiesta sulle Grandi opere aperta dalla Procura di Firenze. E a quanti chiedono le dimissioni sa ministro dei Trasporti di Maurizio Lupi, sfiorato dallo scandalo per le consulenze del figlio ingegnere risponde: "A parte che la responsabilità penale è soggettiva, io da vero garantista ritengo sacra la presunzione d'innocenza". Nessun conflitto di interessi quindi, "l'Italia è un paese culturalmente familistico, a differenza degli Usa e dei paesi anglosassoni dove il conflitto di interessi p più sentito. Ma è pieno di figli di politici o persone importanti che lavorano in modo onesto e integerrimo".

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Nordio individua la causa di questo nuovo scandalo nel sistema normativo vigente in Italia. "E' talmente contraddittorio, bizantino e complicato da concedere al politico o al dirigente di turno discrezionalità assoluta che sconfina nell'arbitrio", poiché "l'imprenditore che ambisce ad un appalto deve bussare, a causa della nostra farraginosa burocrazia, a 100 porte e sa che almeno una di queste si aprirà se oliata da una tangente". E' dunque la burocrazia che favorisce la corruzione: "Se ci fosse una sola porta, una sola legge, le tentazioni sarebbero minori. La determinazione più chiara della competenza semplificherebbe il sistema normativo".

Il procuratore aggiunto di Venezia critica anche la nuova legge anticorruzione, considerandola poco efficace, se non del tutto inutile: "Con il massimo rispetto per il presidente Grasso, sono convinto che la nuova legge non servirà a un bel niente". Secondo Nordio infatti "non è inasprendo le pene che si combatte la corruzione: quello che occorre è una rivoluzione culturale per snellire la macchina burocratica e prevedere meno controllori, meno passaggi. Le pene esistono già e sono anche alte, prevedono la reclusione fino a 15 anni o 20 se vi sono annessi altri reati. A parte il fatto che il carcere non fa più paura a nessuno, basti pensare a quanti ex terroristi o mafiosi sono già fuori, non serve aumentare il numero elle leggi. Tacito lo diceva già 2000 anni fa, 'Corruptissima repubblica plurimae legger', ossia in una repubblica molto corrotta, le leggi sono moltissime".