La Cassazione decide su Mafia Capitale. Buzzi scrive al Foglio: "Vi spiego il festival degli errori dell'inchiesta"

Categoria: Giustizia

“Siamo stati tutti condannati a mezzo stampa, con evidenti violazioni dei diritti, senza che nessuno intervenga per fermare un massacro mediatico”. Domani arriva la Cassazione

di Redazione | 10 Aprile 2015 ore 11:30 Foglio

Salvatore Buzzi

Oggi la Cassazione si esprimerà rispetto ai ricorsi presentati contro la decisione del tribunale del Riesame di confermare la detenzione dei principali indagati nell’inchiesta romana portata avanti dalla procura di Roma e conosciuta come “Mafia Capitale”. Lo scorso 3 dicembre 2014 uno degli arrestati è stato Salvatore Buzzi, ex presidente della coop “29 giugno”, accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Buzzi ha respinto tutte le accuse. Questa la lettera in cui spiega le sue ragioni inviata qualche giorno fa alla redazione Foglio.

Egregio dottor Ferrara, sono Salvatore Buzzi, l’ex presidente della Coop 29 giugno, attualmente detenuto a Nuoro a seguito dell’inchiesta sulla c.d. “Mafia Capitale” e già da tempo avevo pensato di scriverle per i suoi interventi garantisti in merito alla mia vicenda.

Qualche giorno fa è passato il cappellano per dirmi che a “Radio anch’io” avevano fatto la solita trasmissione becera su questa inchiesta, presentando un libro scritto da due giornalisti (non mi ha saputo dire i nomi) sui quattro Re di Roma e mi ha anche detto che la trasmissione l’ha contattata per un commento e che lei s’è infuriato di intervenire essendo in disaccordo con l’impostazione. E’ una cosa che le fa onore.

Noi siamo stati tutti condannati a mezzo stampa, con evidentissime violazioni dei nostri diritti, senza che nessuno intervenisse per fermare un massacro mediatico senza precedenti. L’inchiesta è colma di errori, lacune e imprecisioni e del tutto priva di riscontri: siamo alle solite, prima ti arrestano poi cercano le prove.

ARTICOLI CORRELATI  Dichiarazioni e smentite. La Mafia Capitale di Preziosi  Giù le mani dal Pupone  Roma e la mafia cravattara. La differenza tra un Riina e un pugno di delinquenti spiegata da un magistrato con le palle

Hanno criminalizzato del tutto gratuitamente la cooperativa “29 giugno” ove al 2 dicembre lavoravano con grande soddisfazione 1.254 persone, una cooperativa di inserimento lavorativo, con oltre 300 tra detenuti ed ex detenuti impiegati, molti anche per gravi reati. Una cooperativa fiore all’occhiello, altamente patrimonializzata, ove tutti i soci avevano contratti integrativi e ristorno degli utili.

E tutto il gruppo dirigente, tutti ovviamente arrestati per mafia, che non si è mai appropriato di nulla, ma ha vissuto solo di stipendio; al contrario di quel che diceva Rino Formica, “convento ricco e frati poveri”. Sarebbe bastato ai pm fare una verifica patrimoniale. Il nostro gruppo cooperativo vale circa 20 milioni di euro. E della grande corruzione che ha fatto tremare il comune di Roma, se la si esamina compiutamente, non rimangono che poche cose che sarà mia cura chiarire al momento opportuno. Pensi, sono stato accusato di aver corrotto dirigenti di Ama per vincere una gara di un impianto da 16 milioni di euro e non hanno verificato che a tale gara ero unico concorrente!

Mi accusano di aver lucrato sui poveri nomadi quando in realtà ho realizzato in project financing, con il permesso del comune di Roma e della prefettura di Roma, un campo nomadi con 60 casette complete di servizi e depuratori a un costo di 2 milioni con pagamento in 24 mesi e con un tempo di realizzazione di 45 giorni con il coinvolgimento preventivo della comunità rom. Per fare un confronto, il campo nomadi La Barbuta, di poco più grande, è costato 9 milioni di euro e ci sono voluti 2 anni di lavoro! Qui mi accusano di aver turbato la gara e non hanno fatto riscontri, non c’è stata gara, ma project financing.

Mi accusano di lavorare sui servizi agli immigrati, ma siamo pagati come tutti gli altri enti gestori e mai abbiamo ricevuto penali o sanzioni da alcuno, anzi i nostri centri di accoglienza hanno sempre avuto ottime valutazioni dai committenti. Mi accusano di aver corrotto Luca Odevaine, ma quando ha collaborato con noi come consulente, non ricopriva alcun incarico ufficiale in nessuna amministrazione che potesse indirizzare i flussi migratori, se non quello di essere il rappresentante delle province italiane al tavolo di coordinamento del ministero dell’Interno. Un incarico onorifico e di nessun potere, ma ovviamente anche qui non c’è stato riscontro.

Carminati invece lo conosco da oltre 30 anni, l’ho rivisto casualmente nel 2012 e ha collaborato con la cooperativa, diventandone anche socio, per la ricerca di opportunità imprenditoriali del tutto legali: non c’è mai, dico mai, nessun episodio di violenza o di minaccia con alcuno. Noi della “29 giugno” conoscevamo soltanto Carminati e le altre persone arrestate, al di là di alcuni imprenditori che hanno collaborato del tutto legalmente con noi, non le conosciamo e anche questo è documentato.

Cosa dirle di più? Potrei scrivere un libro su questa inchiesta, un festival degli orrori, più che errori.

E per ritornare a Carminati, io l’ho frequentato che era una persona libera, con il passaporto, senza alcun problema; un ex detenuto che ha commesso tre rapine nel 1981 (preistoria) e il furto al caveau del Palazzo di giustizia nel 1999: solo questo c’è nel suo certificato penale che ho potuto vedere allegato agli atti. Lui è famoso per i casi nei quali è stato assolto in via definitiva (omicidio Pecorelli e Banda della Magliana) e sui quali c’è stata molta letteratura: prima il libro “Romanzo criminale”, poi il film, poi la serie tv e ora il nuovo libro, sempre di De Cataldo, con però l’aiuto di Bonini, “Suburra”, dal quale stanno facendo un film.

E poi gli articoli dell’Espresso e di Repubblica sui quattro Re di Roma, una cosa che non esiste nemmeno lontanamente ma che questa inchiesta sta rafforzando.

Potrei dire che chi beneficia di questa inchiesta sono sicuramente l’editore e il produttore del libro e ora il film “Suburra” e ovviamente gli autori.

Tutta la mia legittima attività politica di lobbying denigrata nell’ordinanza di arresto, con sapienti aggettivi dispregiativi sparsi qua e là (nell’ordinanza): noi viviamo in uno stato di diritto e non in uno stato etico e la politica dovrebbe difendersi da queste invasioni di campo della magistratura e non assistere silente, poiché indebolita e delegittimata. Ho chiesto ufficialmente al presidente della commissione Antimafia, onorevole Rosy Bindi, di essere ascoltato in audizione: ho chiesto di essere sentito in quanto ha già ascoltato il procuratore Giuseppe Pignatone e il sindaco Ignazio Marino, vediamo cosa deciderà.

Mi scuso per la grafia, spero si capisca tutto.

Salvatore Buzzi